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No alla convalida di sfratto (e sì alla mediazione) se l'inquilino contesta la legittimazione ad agire del locatore

Niente convalida di sfratto se l'inquilino contesta la carenza di legittimazione attiva dell'intimante e solleva la questione relativa alla titolarità del rapporto di locazione.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro di Lecce 

Niente convalida di sfratto se l'inquilino contesta la carenza di legittimazione attiva dell'intimante e solleva la questione relativa alla titolarità del rapporto di locazione. Davanti a tali contestazioni, il giudice deve rigettare la domanda di convalida e disporre il mutamento del rito, con l'introduzione del giudizio a cognizione piena per definire la controversia, preceduto, a pena di improcedibilità, dal tentativo obbligatorio di mediazione.

Questa la decisione del Tribunale di Latina, che con ordinanza del 22.12.2016, ha rigettato la domanda di convalida di sfratto e rilascio dell'immobile, ritenendo necessario procedere con il giudizio ordinario per l'accertamento dei fatti contestati.

Nel caso di specie, l'inquilina, intimata di sfratto, ha eccepito la carenza di legittimazione ad agire dell'intimante, rilevando che il contratto di locazione era stato sottoscritto da un'altra persona, in qualità di parte locatrice.L'intimante, al contrario, affermava di essere legittimato ad agire in virtù della cessione del contratto di locazione a suo favore da parte dell'originario locatore.

Ma l'inquilina contestava anche tale affermazione, sostenendo di non aver mai dato il proprio consenso alla cessione del contratto.

Sono state dunque sollevate due questione rilevanti ai fini della definizione della procedura di sfratto: la prima, relativa alla titolarità del rapporto contrattuale; l'altra, relativa alla asserita cessione del contratto, di cui peraltro non è stata fornita la prova del consenso da parte del contraente ceduto.

Con lo sfratto l'inquilino non è liberato se oltre ai canoni, non paga gli interessi e le spese processuali.

Si tratta, secondo il Tribunale, di questioni che meritano un'adeguata istruttoria, incompatibili dunque con la sommarietà della prima fase del procedimento di convalida di sfratto.

Non è dunque possibile definire subito il giudizio, in via sommaria, con la convalida dello sfratto.

Al contrario, è necessario procedere con il mutamento del rito ex art. 667 c.p.c., passando alla seconda fase del giudizio (a cognizione piena, nelle forme del rito locatizio), nella quale le parti potranno esercitare tutte le facoltà connesse alla rispettive posizioni.

Mancano, in altri termini, i presupposti per l'emissione dell'ordinanza di convalida dello sfratto, ai sensi dell'art. 665 c.p.c.

Alla luce di tali considerazioni, il giudice ha rigettato la domanda di convalida e disposto il mutamento del rito, assegnano alle parti, oltre al termine per la costituzione in giudizio, anche il termine di quindici giorni, decorrenti dalla comunicazione dell'ordinanza in commento, per l'introduzione della procedura di mediazione.

Come noto, infatti, la locazione rientra tra le materie per le quali il tentativo di mediazione è obbligatorio (art. 1-bis, d.lgs. n. 28/2010).Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di locazione è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione. Il mancato esperimento determina l'improcedibilità della domanda.

In altri termini, non si può adire il giudice se prima non si tenta di risolvere la controversia in via stragiudiziale, dinanzi ad un organo di mediazione.

Nullo lo sfratto se manca il contratto scritto di affitto.

Tale tentativo può essere evitato quando si procede con il procedimento speciale di convalida di sfratto. L'art. 1-bis, comma 4, dello stesso d.lgs. n. 28/2010 prevede espressamente che l'obbligo di mediazione a pena di improcedibilità non si applica nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 c.p.c.

Quindi, nel caso – come quello in esame – in cui il giudice non convalida lo sfratto e dispone il passaggio al giudizio ordinario a cognizione piena, il tentativo di mediazione diventa condizione indispensabile per la procedibilità della domanda.Detto in altri termini, l'avvio della seconda fase del procedimento,a cognizione piena, deve essere preceduto obbligatoriamente da un tentativo, anche negativo, di mediazione.

Sentenza
Scarica Tribunale di Latina ordinanza del 22.12.2016
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