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Nulla la clausola che deroga alle norme, inderogabili, sulle competenze dell'assemblea

Tribunale di Roma: è nulla la clausola che conferisce al venditore facoltà contrastanti con norme inderogabili riguardanti il potere dell'assemblea.
Avv. Valentina A. Papanice 

Le clausole impugnate

Il Tribunale di Roma con la sentenza n. 1755 del 25 gennaio 2018, decidendo in ordine alla pretesa nullità di alcune clausole regolamentari approvate all'unanimità, ha in sintesi, salvato quelle che derogavano ai criteri di riparto ex art. 1123 c.c., mentre ha dichiarato la nullità di quelle che derogavano alle norme in materia di modifica e rettifica del regolamento e delle tabelle millesimali.

I fatti di causa

Succedeva che le (nuove) acquirenti di due unità immobiliari convenivano in giudizio gli altri condomini, il condominio e la società costruttrice chiedendo che fosse dichiarata la nullità di alcune clausole del regolamento condominiale, regolamento trascritto presso i registri immobiliari.

Le due clausole impugnate riguardavano, la prima, i criteri di ripartizione delle spese dell'impianto centralizzato di riscaldamento e produzione di acqua calda, la seconda riservava alla costruttrice e venditrice "alcune facoltà di modifica e rettifica dello stesso regolamento e delle tabelle millesimali ".

Chiedevano altresì che fossero dichiarate nulle anche le clausole contenuti nei propri atti di acquisto che riservavano alla venditrice il potere di modifica, in tempo successivo, del regolamento, nonché il risarcimento del danno.

Chiedevano inoltre che fosse dichaiarata nulla o annullata la delibera con cui erano stati approvati il bilancio consuntivo e quello preventivo.

Il riparto delle spese di riscaldamento con un criterio diverso da quello legale è legittimo

La prima clausola impugnata dispone che le spese per la manutenzione ordinaria dell'impianto centralizzato di riscaldamento e produzione acqua calda sanitaria ed il 30% delle spese annuali di esercizio dell'impianto "sono ripartite tra gli appartamenti secondo la tabella D 1", mentre la parte restante delle spese annuali di esercizio è ripartito in base ai consumi rilevati dai misuratori.

Per quanto riguarda le spese di "manutenzione straordinaria, rifacimento o adeguamento della centrale termica, dell'impianto di pannelli solari e delle relative installazioni, sino ai gruppi di contabilizzazione, questi compresi," la clausola dispone che devono essere ripartite tra tutti gli appartamenti in ragione dei millesimi di cui alla tabella D1.

Secondo le attrici la clausola è illegittima: di fatto il 70% delle spese grava solo su alcuni condòmini (non essendo stati vendute o affittate tutte le unità immobiliari); inoltre, la clausola sarebbe vessatoria perché contraria a quanto disposto dall'art. 33, co. 1, D.L. n. 206 del 2005 (c.d.

Codice del Consumo) "in quanto arreca un ingiusto vantaggio in favore della costruttrice venditrice, esonerandola dal versare le quote di sua spettanza in relazione agli appartamenti rimasti invenduti".

Il Tribunale respinge la richiesta con la motivazione che - a parte che, quanto al riscaldamento centralizzato, il riparto in parte in misura fissa e in parte in relazione ai consumi è favorito dalla legge (segnatamente dal D.Lgs. 102/2016) - anche ad ammettersi una divergenza tra il sistema di riparto in essere ed i criteri legali, essendo stato il primo approvato all'unanimità dai condomini all'acquisto dei propri immobili, è valido: è infatti costante l'orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui la norma di cui all'art. 1123, co.1 c.c. che prevede che in ambito condominiale le spese per la conservazione dei beni e quelle per i servizi comuni siano ripartite in proporzione al valore della proprietà di ciascuno, consente espressamente la deroga per convenzione al detto criterio.

Peraltro, osserva il Tribunale, in linea con tale indirizzo, il fatto che il venditore non paghi le spese e che tale circostanza si riverberi sui pochi condòmini è una conseguenza di fatto non derivante direttamente dalla clausola, ma dalla mancata vendita degli immobili.

Inoltre, osserva il Tribunale che la Corte di legittimità ha affermato che la deroga convenzionale ai criteri legali di riparto è valida anche ove preveda l'esenzione totale o parziale per alcuni condomini dall'obbligo di partecipare alle spese in relazione agli appartamenti invenduti (cita Cass. n. 16321 del 2016; Cass. n. 5975 del 2004; Cass. n. 714 del 1998).

Viene dunque esclusa la natura vessatoria della clausola, sia con riferimento all'art. 1341 c.c., che con il D.Lgs. n. 2016 del 2005, apparendo la norma regolamentare conforme alle disposizioni di legge in materia di condominio.

La deroga alle norme inderogabili sulle competenze dell'assemblea (in favore del venditore) è nulla

Diverso l'esito della contestazione riguardante la seconda clausola, quella che riconosce al venditore la facoltà di depositare atti modificativi e/o esplicativi e/o di rettifica del regolamento e delle tabelle millesimali, assicurando comunque espressamente che tale facoltà non potrà "ledere i diritti acquisiti dai singoli condomini".

In tale secondo caso, il Tribunale conclude che la clausola è nulla in quanto "in relazione al regolamento condominiale, la facoltà di modifica spetta esclusivamente ai condomini e non è delegabile ad altro soggetto".

Ebbene, ricorda il Tribunale, la giurisprudenza ha da tempo distinto nell'ambito delle disposizioni contenute nel regolamento contrattuale, tra quelle che limitano diritti dei singoli sulle proprietà comuni o esclusive o che estendono i diritti di alcuni rispetto agli altri e quelle che invece disciplinano l'uso delle cose comuni, per le quali è sufficiente la maggioranza dell'assemblea, come indicata dall'art. 1136, co.2, c.c. (menziona Cass. n. 17694 del 2007; Cass. n. 5626 del 2002).

In proposito, ricorda sempre il Tribunale, l'art. 1138, co.2 c.c. dispone che le norme del regolamento non possono in alcun modo derogare alle disposizioni dell'art. 1136.

Ne consegue con chiarezza, secondo il Tribunale, che la clausola, contrastando con le dette disposizioni - e conferendo dunque al costruttore-venditore un potere riservato dalla legge all'assemblea - debba essere considerata nulla, anche se approvata all'unanimità.

Nulla anche la deroga alle competenze sulle modifiche delle tabelle millesimali

Stesso discorso vale per la parte in cui la norma regolamentare impugnata conferisce al venditore il potere di modifica delle tabelle millesimali: anche questa infatti è dichiarata nulla dal Tribunale in quanto contrasta con un'altra norma, quella contenuta nell'art. 69 disp. att. e trans. (che prescrive l'unanimità per la rettifica e la modifica delle tabelle millesimali ovvero la maggioranza nei casi di errore ovvero di incremento o diminuzione di superfici delle unità immobiliari), norma inderogabile ad opera del regolamento ai sensi dell'art. 72 disp. att. e trans.

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Nullità per indeterminatezza della procura

Peraltro la clausola è viziata, prosegue il Tribunale, anche sotto un alttro aspetto: la procura non àncora la facoltà di modifica riconosciuta al venditore ad alcun criterio determinato, ed è dunque viziata per ineterminatezza (con ciò la sentenza richiama Cass. n. 8606/2014).

In conclusione, la declaratoria di nullità, come richiesto dalle attrici, viene estesa anche ai rispettivi atti di acquisto.

La domanda di risarcimento dei danni va invece respinta, in difetto di allegazione e prova del danno, mentre viene accolta l'impugnazione della delibera di approvazione del bilancio consuntivo e di quello preventivo, essendo stati approvati senza il rispetto delle maggioranze di legge.

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