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Il condominio non può vietare la zanzariera rimovibile, apposta sul balcone di proprietà esclusiva

Montaggi e tende dello stesso colore degli altri presenti in facciata non pregiudicano l'estetica complessiva.
Dott.ssa Marta Jerovante - Consulente Giuridico 

Nelle calde giornate estive si riaffaccia il solito, fastidioso problema: una presenza più massiccia ed invadente di insetti, in particolar modo di zanzare. Per difendere le nostre case da ospiti tutt'altro che graditi, frequente è il ricorso a barriere naturali ed innocue, apposte su tutte le aperture: le zanzariere, ormai presenti nei modelli più disparati, con sistemi di apertura sempre più sofisticati e strutture leggere e poco impattanti.

Tuttavia, quando si parla di un contesto condominiale, anche l'installazione di una zanzariera deve rispondere a precise caratteristiche, al fine di non pregiudicare l'estetica dell'edificio e non creare fenomeni disarmonici del prospetto.

A tale scopo, nei regolamenti condominiali si introducono anche previsioni ad hoc, che contengono un espresso divieto di apposizione di tali strutture, oppure che vietano modifiche sostanziali anche di parti di proprietà esclusiva - quali le finestre - e che possano renderle molto diverse dalle altre.

Innovazioni in condominio, decoro architettonico e limiti regolamentari La controversia da cui trae le mosse la pronuncia in commento pone appunto la questione, decisamente frequente in ambito condominiale, della legittimità degli interventi compiuti dai singoli comproprietari sulle parti comuni (e non).

Peraltro, solo laddove l'intervento implichi una modificazione materiale che alteri o muti la destinazione originaria della cosa comune, e sia destinato al miglior godimento, all'uso più comodo e al maggior rendimento del bene medesimo, saremo in presenza di un'innovazione, con applicabilità della relativa disciplina codicistica e/o convenzionale, e operatività dei connessi vincoli/divieti.

Diversamente, si configurerà una mera modifica della cosa comune, oppure un intervento di manutenzione, ordinaria o straordinaria, nel caso in cui ricorra l'ulteriore elemento della "necessità" dell'opera, con conseguente riconducibilità degli interventi sullo stabile condominiale ad un quadro normativo e regolamentare parzialmente differente.

Inferriate e caldaia in facciata. Non serve il consenso dell'assemblea condominiale

In materia di innovazioni, norma di riferimento in materia resta l'art. 1120 c.c., ai sensi del quale «i condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni» (comma 1).

Il comma 4 della medesima disposizione definisce ulteriormente l'ambito degli interventi innovativi, vietando espressamente le innovazioni che:

  • possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato
  • ne alterino il decoro architettonico
  • rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.

Per quello che qui più specificamente rileva - e tenendo peraltro presente che l'elaborazione giurisprudenziale è intervenuta in maniera significativa a riempire di un significato giuridicamente rilevante le nozioni ed espressioni normative -, si rammenta che il decoro architettonico dell'edificio viene inteso come il risultato dell'insieme delle linee e dei motivi ornamentalii quali, in definitiva, costituiscono la nota dominante della costruzione e imprimono alle sue varie parti una determinata fisionomia e un particolare pregio estetico.

Peraltro la tutela del decoro architettonico non viene limitata alle abitazioni eleganti e signorili, poiché essa viene apprestata dal legislatore per tutti gli edifici condominiali, in considerazione della concorrenza di due distinte circostanze concrete:

  • un'alterazione delle linee e delle strutture fondamentali dell'edificio, nonché di sue singole parti o di suoi singoli elementi dotati di sostanziale autonomia (tra le tante, Cass. civ., 30 agosto 2004, n. 17398; Cass. civ., 4 aprile 2008, n. 8830);
  • una consequenziale diminuzione del valore dell'intero edificio e, quindi, anche di ciascuna delle unità immobiliari che lo compongono ( Cass. civ., 25 gennaio 2010, n. 1286 ).

Il giudice, per parte sua, deve:

  • per un verso, adottare, caso per caso, criteri di maggiore o minore rigore in considerazione delle caratteristiche del singolo edificio e/o della parte di esso interessata, accertando anche se esso avesse originariamente ed in qual misura un'unitarietà di linee e di stile, suscettibile di significativa alterazione in rapporto all'innovazione dedotta in giudizio, nonché se su di essa avessero o meno già inciso, menomandola, precedenti innovazioni;
  • per altro verso, accertare che l'alterazione sia appariscente, di non trascurabile entità e tale da provocare un pregiudizio estetico dell'insieme suscettibile d'un'apprezzabile valutazione economica, mentre può affermare senza necessità di siffatta indagine detta alterazione solo ove abbia riscontrato un danno estetico di rilevanza tale, per entità e/o natura, che quello economico possa ritenervisi insito ( Cass. civ., 27 ottobre 2003, n. 16098);
  • inoltre, l'accertamento giudiziale di una lesione del decoro architettonico «si risolve in un apprezzamento discrezionale istituzionalmente demandato al giudice di merito e, come tale, se congruamente motivato, [è] incensurabile in Cassazione» (Cass. civ., 7 febbraio 1998, n. 1297).

In tale contesto, si segnala inoltre come sia tutt'altro che raro che le clausole di un regolamento condominiale disciplinino la fattispecie delle innovazioni - con particolare riferimento al caso delle innovazioni gravose o voluttuarie, di cui all'art. 1121 c.c.; anzi, è ben possibile che le norme di un regolamento di origine contrattuale garantiscano una tutela più intensa e pongano, in luogo del divieto di lesione del decoro architettonico, uno ben più rigoroso, quale quello di mutazione.

A tal proposito, si afferma infatti che « in materia di condominio di edifici, l'autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che pongano limitazioni, nell'interesse comune, ai diritti dei condomini, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà, senza che rilevi che l'esercizio del diritto individuale su di esse si rifletta o meno sulle strutture o sulle parti comuni.

Ne discende che legittimamente le norme di un regolamento di condominio - aventi natura contrattuale, in quanto predisposte dall'unico originario proprietario dell'edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini - possono derogare od integrare la disciplina legale ed in particolare possono dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall'art. 1120 cod. civ., estendendo il divieto di immutazione sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva (Cass., 6 ottobre 1999, n. 11121; ma anche Cass., 29 aprile 2005, n. 8883; Cass., 14 dicembre 2007, n. 26468» (Cass., sez. II, 24 gennaio 2013, n. 1748). Si rammenta peraltro che la deroga ad una tale previsione - per la sua natura "contrattuale" - è possibile solo in presenza di una delibera unanime di tutti i condomini: pertanto una decisione assunta con la semplice maggioranza sarebbe inidonea a incidere tanto sui diritti dei singoli quanto sui rispettivi diritti e doveri contrattualmente assunti.

=> Inferriate e caldaia in facciata. Non serve il consenso dell'assemblea condominiale

Il caso Il quadro normativo e giurisprudenziale appena descritto è quello entro cui si inserisce la fattispecie de qua: un Condominio ha convenuto in giudizio una condomina per ottenerne la condanna alla rimozione delle zanzariere che la medesima aveva apposto in corrispondenza del proprio terrazzino: detta installazione è stata giudicata lesiva dello stile architettonico dell'edificio.

La convenuta, costituitasi, ha allegato il regolamento condominiale - privo di uno specifico divieto in materia di apposizione di zanzariere, analoghe a quella contestata, nelle parti private e sulla facciata condominiale; e del materiale fotografico, comprovante che la zanzariera in questione è stata collocata sul balcone di proprietà della convenuta medesima, e consiste in una struttura rimuovibile, con montanti bianchi, ossia dello stesso colore delle ringhiere dei balconi siti sulla facciata, e ricoperta da tende da sole, sempre del medesimo colore degli altri tendaggi collocati sugli stessi balconi.

La decisione Alla lucedella ricostruzione fattuale e degli elementicome sopra accertati e dimostrati, il Tribunale ha ritenuto infondata la domanda attorea: ribadendo in primo luogo che, in presenza di norme convenzionali che pongano un divieto più stringente e rigoroso di quello rinveniente dall'art. 1120 c.c. in materia di decoro architettonico, le opere e le installazioni che violino detto divieto vanno considerate illegittime, ha escluso la sussistenza, nel caso di specie, di «una tale più restrittiva regolamentazione […] con specifico riferimento a proprietà private quali il balcone in esame».

Inoltre, ha richiamato i riferiti principi giurisprudenziali, secondo cui si configura una lesione del decoro architettonico in presenza di un'alterazione delle linee e delle strutture fondamentali dell'edificio - nonché di sue singole parti o di suoi singoli elementi dotati di sostanziale autonomia -, quando tale alterazione sia appariscente, di non trascurabile entità e suscettibile d'un'apprezzabile valutazione economica; e che spetterà al giudice, accertare, caso per caso, l'eventuale pregiudizio, adottando criteri di maggiore o minore rigore in considerazione delle caratteristiche del singolo edificio e/o della parte di esso interessata e tenendo eventualmente conto di precedenti innovazioni che abbiano già minato l'armonia dell'insieme.

Dando quindi applicazione al citato indirizzo, il Tribunale ha conclusivamente negato che l'opera contestata nel caso in questione sia configurabile quale alterazione idonea a pregiudicare, con impatto anche economico, l'estetica complessiva, proprio in ragione delle caratteristiche intrinseche - rimuovibilità della struttura - ed estrinseche - montaggi e tende - della zanzariera, ed in relazione al generale stato dei luoghi condominiali, come risultante degli atti prodotti in giudizio, non diversamente confutati.

Roma: guerra alle zanzare tigre ma a spese dei condomini.

Sentenza
Scarica Tribunale di Milano, sez. XIII civ., 17 marzo 2017
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