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Utilizzo esclusivo del condotto di scarico: niente usucapione se il possesso è clandestino

Ecco perchè il condomino che possiede in via esclusiva il condotto di scarico comune non può usucapirne la proprietà.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo, Avv. Alessandro Gallucci 

Il condomino che possiede in via esclusiva il condotto di scarico comune all'insaputa degli altri condomini non può usucapirne la proprietà.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 11903 depositata il 9 giugno 2015.

I supremi giudici, in linea con i propri precedenti in materia, ricordano che per la decorrenza del possesso utile ai fini dell'usucapione è necessario un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi, per un verso, l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, per altro verso, denoti inequivocabilmente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva.

Ove sussista un ragionevole dubbio sul significato dell'atto materiale, il termine per usucapire non può cominciare a decorrere, ove agli altri partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formali, la volontà di possedere in via esclusiva.

L'usucapione, come noto, è un meccanismo di acquisto della proprietà fondato sul possesso del bene altrui protratto nel tempo (di regola, 20 anni), accompagnato dalla volontà del possessore di servirsi del bene in via esclusiva, come se ne fosse il proprietario.

Il possesso utile per l'usucapione deve presentare due caratteristiche: 1) deve trattarsi di possesso continuato per tutto il tempo necessario ad usucapire, senza interruzioni; 2) deve trattarsi di possesso non vizioso, cioè non acquisito con violenza o clandestinità, perché solo in presenza di un possesso pacifico e pubblico il legittimo proprietario avrà la possibilità di rivendicare il proprio diritto.

La vicenda oggetto della sentenza in commento ruota proprio intorno all'elemento della clandestinità. Un condomino agiva nei confronti dei proprietari di due appartamenti compresi nello stabile per ottenere il rilascio della porzione di condotto di scarico dei rifiuti occupato dai convenuti. Questi si opponevano alla domanda eccependo l'usucapione della proprietà del condotto in questione.

La domanda attrice veniva accolta sia in primo grado che in appello, con condanna al rispristino dello stato dei luoghi a proprie spese. Per i giudici di merito, infatti, il possesso rivendicato dai convenuti non è idoneo a far scattare l'usucapione,proprio perché perpetrato in maniera clandestina, cioè senza palesare la volontà di possedere in via esclusiva il bene comune agli altri condomini che, perciò, non hanno potuto reagire all'illegittimo impossessamento.

Il condotto di scarico è di proprietà comune. La Cassazione ha confermato la decisione di merito, sottolineando anzitutto che il condotto deve presumersi di proprietà comune ai sensi dell'art. 1117 c.c., n. 3, in quanto rientrante nei "canali di scarico" richiamati nella norma anzidetta.

Manca la prova della non clandestinità. Valutate le circostanze del caso concreto, i giudici di legittimità hanno ritenuto che il possesso del condotto di scarico non è stato pubblico, bensì clandestino, in quanto "l'intenzione di possedere in via esclusiva la porzione del condotto di scarico limitrofa al proprio appartamento ed in esso inglobata non si è palesata in forme inequivoche agli altri condomini".

I convenuti,peraltro,non hanno fornito prove per dimostrare il contrario; anzi, il carattere pubblico del possesso risulta smentito proprio dalle caratteristiche costruttive dell'edificio, che non consentivano una normale ispezione del condotto, mentre gli sportelli di accesso posti su tutti i ballatoi erano stati bloccati per motivi pratici e di sicurezza, sicché non vi era possibilità di un agevole controllo.

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In tema di condominio negli edifici, è astrattamente possibile che un condomino usucapisca un bene comune, ma per farlo deve possedere in modo esclusivo e pacifico e non clandestino la parte di edificio in comproprietà.

L'impossibilità di accedere alla parte di edificio, rispetto alla quale si eccepisce l'intervenuta usucapione, rappresenta una sorta di clandestinità nel possesso che non consente di considerare maturato l'acquisto del diritto.

In questo contesto la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11903 resa il 9 giugno 2015, ha ritenuto che non può essere considerata compiuta l'usucapione di una parte colonna di scarico dei rifiuti che alcuni condòmini avevano occupato a proprio esclusivo vantaggio.

Il caso. Il condominio Alfa faceva causa ai condòmini Tizio e Caio; motivo? Entrambi, con separate condotte, si erano appropriati di una parte della colonna di scarico dei rifiuti, che si sviluppava dal piano terreno all'ultimo avendo dei bocchettoni di accesso su ogni ballatoio delle scale. Obiettivo dell'azione giudiziale era la riduzione in pristino dello stato dei luoghi.

Insomma quei condòmini dovevano restituire alla sua naturale funzione lo spazio comune del quale s'erano appropriati.

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I comproprietari chiamati in causa si difendevano eccependo l'usucapione della parte di colonna di scarico dei rifiuti annessa alle loro unità immobiliari.

Tanto in primo, quanto in secondo grado, le ragioni dei condòmini e quindi la richiesta di usucapione sono state respinte. Da qui il ricorso in Cassazione: ricorso sfortunato, aggiungiamo noi.

Usucapione

L'usucapione rappresenta un modo di acquisto a titolo originario della proprietà e/o dei diritti reali di godimento (eccezion fatta per le servitù non apparenti), in ragione del possesso continuato, pacifico e non clandestino per un determinato periodo di tempo, che varia da dieci a vent'anni a seconda della tipologia del bene posseduto e delle modalità di acquisizione del possesso (cfr. in tal senso, Katia Mascia, L'usucapione.

La casistica giurisprudenziale di acquisto della proprietà di beni mobili e immobili e di altri diritti reali attraverso il decorso del tempo, Halley editrice, 2007).

L'acquisto per usucapione, chi decide e come

La posizione del condomino che pretende di aver usucapito un bene è leggermente differente da quella di una persona che ha la stessa pretesa su un bene completamente altrui: tale differenza, è intuibile, risiede nel fatto che il bene è già oggetto di compossesso, dato il regime condominiale cui è sottoposto.

Per usucapire un bene comune, quindi, è necessario porre in essere degli atti chiaramente indicativi della volontà di mutare il titolo del suo possesso da comune ad esclusivo.

La Cassazione, nella sentenza in esame ha ricordato che "è idoneo soltanto un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi, per un verso, l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, per altro verso, denoti inequivocamente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva" (Cass. 9 giugno 2015 n. 11903).

Classico l'esempio del condomino che appone un lucchetto ad un ripostiglio comune (Diritto d'uso della cosa comune come evitare che possa essere usucapito un bene condominiale?) iniziando ad utilizzarlo come fosse solamente suo.

Possesso esclusivo non clandestino

Non basta che il condomino possegga il bene comune come se fosse solamente suo, perché per maturare l'usucapione è necessario che ciò avvenga alla luce del sole, cioè in modo tale che tutti gli interessati possano avvedersi di ciò che sta accadendo.

Nel caso di specie, dice la Corte di Cassazione, l'acquisizione di una parte della colonna di scarico dei rifiuti non era considerabile non clandestina, perché i bocchettoni che consentivano l'apertura e l'ispezione di questa parte comune erano bloccati per ragioni di sicurezza.

Come dire: niente possibilità di "mettere la testa" li dentro uguale a impossibilità di considerare non clandestino l'uso di quella parte comune e quindi di far decorrere i termini per l'usucapione.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, sez. II Civile, 19 febbraio - 9 giugno 2015, n. 11903
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