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Modifiche all'impianto di riscaldamento centralizzato. Chi acquista dopo la delibera può far valere la violazione del regolamento.

Il nuovo condòmino può far annullare lo stop al riscaldamento centralizzato se paga di più.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

"In sede di condominio, chi è diventato condomino soltanto dopo il passaggio dal riscaldamento centralizzato agli impianti autonomi può far annullare la delibera adottata dall'assemblea laddove contraria al regolamento.

E ciò perché non si può ritenere che l'acquirente, in questo modo, deve accettare le modifiche agli impianti e debba vedersi preclusa l'azione di nullità quando allega un interesse ad accertare l'invalidità della decisione: il fatto che gli impianti autonomi consumano e inquinano di più integra un valido interesse ad agire". Questo è il principio di diritto espresso dalla Cassazione Civile con la pronuncia n.12235 del 14 giugno 2016 in merito alla nullità alla delibera che vietava il riscaldamento centralizzato.

I fatti di causa

U. na società immobiliare con citazione impugnava innanzi al Tribunale di Milano la delibera assembleare del Condominio con la quale era stato autorizzato il distacco (del condominio) dall'impianto centralizzato di riscaldamento di acqua calda.

In particolare, l'attrice precisava che con la delibera in esame, si era deciso di procedere al distacco con l'invito ai condomini di munirsi dell'impianto autonomo; peraltro, lo stesso regolamento di condominio, disciplinava che non si poteva rinunciare ai servizi comuni nonché il divieto di distacco.

Inoltre, veniva ribadito che la realizzazione degli impianti autonomi (ventuno camini), potevano causare un maggiore inquinamento atmosferico in quanto non dotati di impianti di depurazione dei fumi.

Per le ragioni esposte, la società attrice precisava che la delibera era da considerarsi nulla e pertanto chiedeva la condanna del condominio al riallaccio del servizio centralizzato (atteso anche il grave danno per l'ambiente e la salute).

Costituendosi in giudizio, il condominio contestava in toto le pretese della società attrice; in particolare, eccepiva che l'impianto di riscaldamento andava sostituito perché logoro e obsoleto e che i costi per la sua conservazione erano ingenti e insostenibili.

In primo grado, il Tribunale adito dichiarava la nullità della delibera impugnata con condanna del condominio al riallaccio del servizio termico.

In grado di Appello, veniva riformata la sentenza, in quanto, a parere della Corte territoriale, la società attrice era carente di legittimazione ad impugnare (diventata condomina tre anni dopo l'approvazione della delibera). Avverso tale pronuncia, veniva proposto ricorso per cassazione.

Il regolamento di condominio e il regolamento contrattuale. L'art. 1138, primo comma, c.c. recita: "quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione".

Quindi, la funzione di tale regolamento è quella di disciplinare l'uso delle cose comuni, prevedere i criteri di ripartizione delle spese (al regolamento infatti devono essere allegate le tabelle millesimali), fissare le norme a tutela del decoro dell'edificio nonché quelle inerenti l'amministrazione della cosa comune.

Quanto al procedimento di formazione del regolamento nei complessi immobiliari con più di dieci partecipanti (ma non è infrequente anche i quelli più piccoli) solitamente è il costruttore che al momento della vendita delle singole unità immobiliari inserisce nell'atto di compravendita il regolamento di condominio.

Questo regolamento è detto contrattuale (o negoziale) in quanto accettato e sottoscritto da tutti i condomini; tuttavia, può accadere che il costruttore non lo inserisca nei contratti e che debbano essere i condomini in sede assembleare a votarlo per dotarsene.

In queste circostanze, ogni condomino potrà prendere l'iniziativa per la formazione e/o la revisione del regolamento esistente (art. 1138, secondo comma, c.c.).

In tal caso parliamo del regolamento di natura assembleare che per essere valido dovrà riportare il voto della maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi.

Vuoi distaccarti dal riscaldamento centralizzato? Ecco le regole che devi seguire

La differenza e gli effetti dei regolamenti. La differenza fra i tre tipi di regolamento non è solo nominale ma può estendersi al contenuto: così, mentre il regolamento assembleare può contenere norme, a volte, esclusivamente, a dare attuazione al contenuto dell'art. 1138, primo comma, c.c., quello contrattuale - essendo per l'appunto un accordo negoziale tra tutti i partecipanti al condominio - potrà limitare i diritti di ogni condomino sulla proprietà esclusiva.

Premesso ciò, quanto al rispetto delle norme, giova ricordare che in presenza di un regolamento assembleare, esso sarà obbligatorio per tutti i condomini nonché per i loro aventi causa (in sostanza gli acquirenti dell'appartamento) e gli eredi; mentre, per il regolamento c.d. contrattuale, in questo caso, trattandosi di un vero e proprio contratto esso avrà effetto solo tra le parti (art. 1372 c.c.) Difatti, per opporre il regolamento al neo condomino, quindi, è necessario che ricorrano, alternativamente, due circostanze: a) o il regolamento deve essere allegato o quanto meno richiamato ed espressamente accettato nell'atto d'acquisto dell'unità immobiliare; b) oppure al momento della vendita della prima unità immobiliare (cioè quando nasce il condominio) lo stesso deve essere trascritto nei pubblici registri immobiliari.

Il ragionamento della Corte di Cassazione. Secondo la corte, non rileva il fatto che la società fosse diventata condomina tre anni dopo l'approvazione della delibera, atteso che la precedente dante causa era contraria all'adozione della previsione regolamentare di natura contrattuale (regolamento negoziale).

Quindi, atteso che la delibera aveva inciso nella sfera giuridica della precedente dante causa, a parere dei giudici, anche il successore a titolo particolare (acquirente) aveva titolo e interesse a impugnare la delibera adottata in epoca anteriore al suo acquisto.

Difatti, la nuova condomina, al momento dell'acquisto era del tutto ignara del distacco, sicché l'interesse ad impugnare emergeva in maniera chiara dal tenore della propria azione per la nullità della delibera.

Sul punto, i giudici di Piazza Cavour hanno avuto modo di precisare che agire per il ripristino del vecchio impianto non è atto emulativo se il singolo proprietario ne ha interesse: l'interesse economico ed ecologico bastano a conferire la legittimazione ad hoc.

E' possibile ripristinare l'impianto di riscaldamento centralizzato?

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia in commento ha accolto parzialmente le domande della società ricorrente; per l'effetto, ha cassato con rinvio ad altro giudice che dovrà stabilire se si deve tornare o meno all'impianto centralizzato.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione sentenze n.12235 del 14 giugno 2016
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