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Lo status di convivenza delle coppie e l'inserimento nel registro anagrafe condominiale

L'inserimento dei conviventi all'interno dell'anagrafe condominiale.
Avv. Michele Orefice - Foro di Catanzaro 

È noto che l'amministratore di condominio, ai sensi dell'art. 1130 comma 6 c.c., ha l'obbligo di curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale, contenente i dati, non soltanto dei condòmini, ma anche dei titolari di altri diritti reali e dei diritti personali di godimento sulle proprietà esclusive.

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Il campo di applicazione della norma in questione riguarda soltanto i titolari di un diritto reale o personale di godimento, che devono fornire all'amministratore i dati necessari da includere nell'anagrafica condominiale, a nulla rilevando il fatto che gli stessi titolari dei diritti possono ospitare qualsiasi persona all'interno dei propri immobili, senza incorrere in alcun obbligo relativo al c.d.registro di anagrafe.

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Per quanto riguarda la compilazione di tale registro, al fine di non incorrere nell'ipotesi di grave irregolarità di cui all'art. 1129, comma 11, n. 7, c.c., l'amministratore deve tenere in debita considerazione, sia i titolari dei tipici diritti di proprietà, di usufrutto e di superficie, che sono comunemente indicati nelle visure catastali, sia i titolari dei diritti reali di abitazione e di uso attinenti agli immobili presenti in condominio.

Senonché a riguardo merita attenzione lo status di convivenza delle coppie, che decidono di coabitare stabilmente in condominio, dichiarando la propria residenza comune in un'abitazione locata o in proprietà di uno dei due conviventi.

In presenza di tali situazioni, alla stregua di quanto stabilito dall'art. 1130 comma 6 c.c., ci si domanda se i rapporti di convivenza siano rilevanti ai fini dell'obbligo di compilazione del registro di anagrafe condominiale da parte dell'amministratore di condominio.

Il quesito suscita non poche perplessità negli addetti ai lavori e merita di essere approfondito.

Iniziamo col dire che l'amministratore ha l'obbligo di individuare i dati dei proprietari o dei loro aventi diritto per stabilire, ai sensi dell'art. 66 disp. att. c.c., quali siano i soggetti da convocare nell'assemblea condominiale, in quanto gli stessi aventi diritto, ex art. 1136, comma 6, c.c., devono essere convocati alla riunione di condominio, pena l'annullabilità della relativa delibera.

Inoltre la tenuta e l'aggiornamento del registro di anagrafe condominiale consente all'amministratore di identificare i soggetti obbligati al pagamento delle quote condominiali, permettendogli di conoscere quei dati necessari a realizzare le attività finalizzate alla disciplina delle cose comuni, al rispetto del regolamento di condominio ed ai rapporti con i pubblici uffici.

Sotto tale profilo l'attività dell'amministratore risente, inevitabilmente, della recente legge n. 76/2016, c.d. Cirinnà, che regolamenta nuove forme di convivenza di coppia, come le "unioni civili", istituite tra due persone maggiorenni dello stesso sesso.

In pratica la finalità che si prefigge il legislatore è quella di assimilare lo status giuridico di una c.d. "unione civile" alla posizione conferita dal matrimonio.

Nello specifico i conviventi, al momento della richiesta di costituzione dell'unione civile, possono scegliere tra comunione o separazione dei beni, con gli stessi effetti legali dettati per il matrimonio, e laddove gli stessi conviventi non effettuino la scelta, il regime patrimoniale "ordinario" sarà costituito dalla comunione dei beni.

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Nel caso di comunione di beni dei conviventi legati da atto costitutivo di unione civile, l'amministratore di condominio dovrà considerarli alla stessa stregua dei coniugi comproprietari uniti in matrimonio, annoverando i loro dati all'interno del registro di anagrafe condominiale e convocandoli entrambi alle assemblee condominiali, alle quali soltanto uno dei due potrà partecipare, con diritto di voto vincolante anche per l'altro.

Nel caso, invece, di una coppia di fatto, costituita tra due persone maggiorenni non sposate e non vincolate da un'unione civile, la legge Cirinnà stabilisce che i conviventi possono regolamentare gli aspetti patrimoniali della loro vita in comune, stipulando un c.d. "contratto di convivenza", con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato.

Il contratto di convivenza è una "comunione concordata", che può essere riferita anche alla ripartizione delle contribuzioni, pro quota, per le spese condominiali, nonché alla partecipazione all'assemblea di condominio, in un'ottica di collaborazione alle necessità del vivere insieme.

In tale ipotesi, a seguito dell'iscrizione del contratto di convivenza presso l'ufficio anagrafe del comune di residenza, a cura del notaio o dell'avvocato procedente, lo stesso contratto diventa opponibile ai terzi e quindi anche all'amministratore di condominio.

Quindi, all'esito della registrazione operata dall'ufficio pubblico, il convivente di fatto, che per contratto è indicato come delegato a partecipare alle riunioni di condominio, acquisisce il diritto di partecipare alle stesse assemblee condominiali e di conseguenza deve essere censito all'interno del registro di anagrafe condominiale, da parte dell'amministratore.

Per quanto riguarda la circostanza specifica di morte del partner proprietario dell'appartamento adibito a residenza comune, il convivente sopravvissuto avrà diritto a continuare ad abitare nella stessa abitazione, seppure con un limite massimo di cinque anni.

Mentre nel caso di un appartamento adibito a convivenza di figli minori o disabili del convivente superstite, il medesimo avrà diritto di continuare ad abitare nell'abitazione comune, per un periodo non inferiore a tre anni.

In entrambe le ipotesi, di fatto, il convivente sopravvissuto godrà di un diritto di abitazione a tempo determinato.

Facendo riferimento, invece, ad un contratto di locazione, dal momento in cui il partner conduttore muore, il convivente superstite avrà diritto ad abitare nell'appartamento, con diritto di subentrare nello stesso contratto di locazione.

Per il convivente sopravvissuto, nel caso di morte del partener proprietario si parlerà di diritto reale di abitazione, mentre per quanto riguarda il subentro nel contratto di locazione del convivente superstite si parlerà di diritto personale di godimento.

Da un punto di vista prettamente condominiale la differenza tra diritti reali di godimento e diritti personali di godimento del convivente superstite è fondamentale, con riferimento alla rilevanza delle diverse posizioni giuridiche nei confronti del condominio, ma per ciò che ci occupa in questa sede si osserva che, in entrambi i casi, l'amministratore deve annoverare i dati di entrambi i titolari all'interno del registro di anagrafe condominiale.

Di contro, per completezza di ragionamento, si evidenzia che nel caso in cui una persona venga ospitata, per un lungo periodo di tempo, all'interno di un appartamento di un edificio condominiale, non si è in presenza di una convivenza legale, perché seppure sussiste il requisito della coabitazione, protratta nel tempo, manca il requisito della volontarietà a palesare il rapporto (unione civile o contratto di convivenza).

Pertanto, in quest'ultimo caso, sussiste un diritto alla riservatezza delle informazioni personali e l'amministratore non ha alcun obbligo di intromettersi in una questione di vita privata, richiedendo la comunicazione dei dati del convivente ai fini dell'iscrizione nell'anagrafe condominiale.

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