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Parcheggiare nel posto riservato ai disabili è reato. Si rischia la condanna per violenza privata

Parcheggiare sullo stallo degli invalidi è reato.
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

La Cassazione ha punito un palermitano a 4 mesi di carcere per aver parcheggiato la propria auto all'interno di uno spazio espressamente riservato ad un invalido.

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Parcheggiare la propria autovettura all'interno di uno spazio espressamente riservato ad un invalido, all'interno di una via pubblica,integra gli estremi del delitto di cui all'articolo 610 Codice Penale. Questo è quanto stabilito da un'innovativa ed inedita Sentenza della Corte di Cassazione, sezione V Penale, del 07 aprile 2017, n. 17794 con la quale è stato precisato che:“se lo spazio dedicato al posteggio dei disabili è generico, nel senso che non è vincolato a nessuna autovettura, la condotta del trasgressore è punibile a norma dell'articolo 158, comma II, Codice della Strada (che punisce, con la sanzione amministrativa chi parcheggia il proprio veicolo negli spazi riservati alla fermata o alla sosta dei veicoli di persone invalide); viceversa, “nel caso in cui lo spazio in questione è espressamente riservato ad una determinata persona, per ragioni attinenti al suo stato di salute, alla generica violazione della norma sulla circolazione stradale si aggiunge l'imputazione del reato di natura penale”.

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Il caso. La signora Tizia ha denunciato penalmente Tizio per avergli impedito di parcheggiare la propria autovettura nello spazio riservatole dal Comune di Palermo per circa sedici ore (dalle 10.40 alle 2.20 del girono successivo).

Caio, imputato del reato penale di cui sopra, si è difeso affermando che parcheggiare l'autovettura in uno spazio riservato agli invalidi non equivale a commettere un reato.

Inoltre, rilevava che non vi era prova che avesse rifiutato di rimuovere l'autovettura, nell'arco di tempo in disamina, e che la macchina di Tizia fosse stata parcheggiata altrove, durante il periodo in disamina.

La sentenza. I giudici di merito hanno accertato che il veicolo di proprietà dell'imputato è rimasto parcato nel posto riservato alla persona offesa, in quanto disabile, dalle ore 10.40 del 24 maggio 2009 alle ore 2.20 del giorno successivo. Ciò aveva impedito a Tizia di parcheggiare la propria autovettura nello spazio vicino casa, assegnatole in ragione della sua invalidità.

La difesa di Caio – come visto sopra – si fondava sull'insussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del delitto contestato; assumeva, a tal proposito, che i precedenti giurisprudenziali sono nel senso che costituisce “violenza privata” la condotta di chi impedisca la marcia di un'altra autovettura, ma che, nella fattispecie, non è stata data prova di una sua volontà funzionale a tal proposito. La tesi difensiva non è stata ritenuta meritevole di pregio.

I Giudici di merito – con motivazione puntualmente confermata in sede di legittimità – hanno sottolineato che la condotta di Caio risulta censurabile perché posta in essere con piena consapevolezza.

Veniva, a tal fine, argomentato che l'imputato non ha dimostrato in giudizio di non aver notato la segnaletica orizzontale e verticale che segnalava lo spazio come riservato ad un singolo utente “disabile”.

I Giudici di legittimità hanno ritenuto sussistenti, nella fattispecie, sia l'elemento soggettivo che oggettivo del reato di “violenza privata”. L'iter logico giuridico posto in essere merita di essere riferito perché utile a discriminare il disvalore penale o meno della condotta di chi parcheggia all'interno di uno spazio riservato ai disabili, a seconda se lo spazio riservato ai disabili sia, dalla cartellonistica stradale qui presente, vincolato espressamente ad un'autovettura o meno.

Conclusione. Adattando i superiori principi in materia condominiale, giova precisare che anche la condotta di un condòmino, consistente nel posizionare il proprio veicolo all'imbocco dell'unica via di uscita da un fondo, atta a precludere la libertà di transito di un veicolo, integra il reato di “violenza privata” ex articolo 610 codice penale(cfr, Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 23 luglio 2014 n. 32730).

Ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione. (Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 21 febbraio 2014 n. 8425). L'elemento psicologico del reato è e rimane il dolo generico.

Il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del delitto in disamina, si identifica, dunque, con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione l'offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà.(v.Cass., sez. 5, 29 gennaio 2004, n. 3403; Sez. 5, 22 gennaio 2010, n. 11907).

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, sezione V Penale, del 07 aprile 2017 - n. 17794
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