Merita di essere ricordato che un regolamento condominiale (come quello della vicenda esaminata) si compone di clausole di natura contrattuale per la lettura delle quali si applicano le norme introdotte dagli artt. 1362 e seguenti del codice civile, cioè si applicano i criteri interpretativi previsti per il contratto.
Per capire gli obiettivi della collettività condominiale, quindi, può bastare, in primo luogo, il senso letterale delle espressioni usate, se rivelino, però, con chiarezza ed univocità la comune volontà dei condomini.
Quando le espressioni letterali della clausola, però, non sono chiare, precise ed univoche come si deve procedere per interpretare correttamente il contenuto della disposizione regolamentare?
La questione è stata affrontata dalla Cassazione nella sentenza n. 23128/21
Clausole di natura contrattuale approvate ed interpretazione delle espressioni poco comprensibili. Fatto e vicenda
Un condominio era dotato di tabelle millesimali dal 1986. Successivamente (nel 1991), però, i condomini adottavano all'unanimità un regolamento contrattuale (sottoscritto da tutti i condomini e raccolto in atto notarile) che prevedeva nuovi criteri di ripartizione delle spese rispetto a quelli di cui alle tabelle del 1986, subordinandoli, però, a valori millesimali "a redigersi", nei fatti poi mai redatti.
Nell'incertezza sull'operatività o meno delle nuove norme del regolamento, l'assemblea decideva di ripartire solo provvisoriamente l'importo di alcune spese; un condomino impugnava tali decisioni, sostenendo che i nuovi criteri di ripartizione delle spese previsti dal regolamento erano operativi, atteso che l'espressione "tabelle a redigersi" non doveva interpretarsi come impegno contrattuale a modificare le tabelle già esistenti, trattandosi di mero errore materiale. Il Tribunale annullava solo una delibera.
La Corte d'Appello confermava la decisione di primo grado; in particolare, secondo i giudici di secondo grado si dovevano disapplicare i nuovi criteri di ripartizione delle spese condominiali dettati dal regolamento contrattuale del 1991 fino all'approvazione delle nuove tabelle millesimali.
I giudici supremi hanno dato ragione al condomino ricorrente non ritenendo condivisibile l'interpretazione prescelta dalla Corte d'appello per violazione dei canoni di ermeneutica ex art. 1362 e 1363 c.c. Per la Cassazione, invece, era necessaria un'interpretazione c.d. "sistematica" o complessiva dell'atto di cui all'art. 1363 c.c., la quale avrebbe condotto ad un diverso plausibile risultato ermeneutico.
Principi di interpretazione delle clausole contrattuali nel condominio
L'art. 1362 c.c., comma 1, prescrive all'interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l'elemento letterale del contratto, anzi intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti, una diversa interpretazione non è ammissibile.
Si deve ricordare però che concorre con l'art. 1362 c.c. il criterio di cui all'art. 1363 c.c.; di conseguenza bisogna aver riguardo in primo luogo allo scopo pratico che le parti hanno inteso realizzare con la stipulazione del contratto e, comunque, interpretare le clausole le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto, nonché dal comportamento tenuto dalle parti anche dopo la conclusione dello stesso.
Nel caso in questione il reale contenuto del regolamento del 1991 poteva dar luogo esso stesso ad una convenzione sui criteri di riparto delle spese immediatamente operante in base alle carature millesimali esistenti dal 1986, e ciò alla stregua della portata delle altre clausole regolamentari ignorate dai giudici di secondo grado.