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Ascensore a vista in condominio. Legittima l'installazione se approvata a maggioranza

Installazione dell'ascensore in condominio e maggioranze necessarie.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro Lecce 

È valida la delibera condominiale che autorizza l'installazione di un ascensore da collocarsi a vista sul paramento esterno del muro perimetrale dell'edificio, se approvata con le maggioranze previste dal combinato disposto degli artt. 1136, comma 3, c.c. e 2 della Legge n. 13/1989.

L'iniziativa intrapresa dall'assemblea è infatti finalizzata alla realizzazione di un apparato elevatore a servizio delle abitazioni, idoneo a ridurre l'impatto delle barriere architettoniche ostative alla mobilità di persone disabili, la cui legittimità prescinde tanto dall'indicazione in atti dello scopo precipuo di agevolare l'accessibilità dei locali privati e delle parti comuni, che dalla effettiva presenza nel condominio di soggetti disabili.

È questo il principio di diritto espresso dalla sentenza del Tribunale di Napoli n. 9398 del 28 giugno 2015.

Il giudice campano ha confermato la bontà della decisione assembleare di installare un ascensore esterno, in linea con gli obiettivi della normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche.

La legge n. 13/1989, infatti, persegue un interesse generale all'accessibilità agli edifici che va oltre i diritti e le esigenze del singolo disabile e non richiede l'unanimità dei consensi, come recentemente confermato anche dalla Cassazione con la sentenza n. 3858 del 26 febbraio 2016

Disabile tutelato. Il servo-scala si può installare anche senza il consenso di tutti i condòmini.

Nel caso di specie, una condòmina si era rivolta al tribunale per ottenere l'annullamento della deliberazione con cui l'assemblea aveva approvato, a maggioranza, l'installazione di un impianto di ascensore da collocarsi a vista in posizione addossata al paramento esterno del muro perimetrale del fabbricato.

Secondo la ricorrente, l'opera approvata pregiudicherebbe il decorso architettonico dell'edificio; inoltre, il computo delle maggioranze sarebbe errato, perché non si è tenuto conto dell'abbandono della seduta da parte di un'altra condòmina, che si sarebbe allontanata prima dell'apertura della discussione sull'argomento.

Il Tribunale ha tuttavia respinto entrambe le censure.

La realizzazione delle opere dirette al superamento delle barriere architettoniche non richiede l'unanimità dei consensi; è sufficiente la maggioranza determinata ai sensi del combinato disposto degli art. 1136, comma 3, c.c. e 2 della Legge n. 13/1989.

Inoltre, la realizzazione di tali opere non richiede necessariamente la presenza di disabili nel condominio, in quanto dirette a facilitare l'accessibilità degli edifici nell'interesse, anche futuro, di tutti i condòmini.

Nel caso in esame, peraltro, i dati analitici riportati nel teso del resoconto attestano il raggiungimento del quorum richiesto, poiché la delibera è stata approvata con il consenso di 25 condòmini su 34, assegnatari nel complesso di 540,34 millesimi. Ciò attribuisce validità alla delibera anche senza contare i millesimi della condòmina astenuta (circostanza di cui comunque non è stata fornita alcuna prova).

Quanto al presunto contrasto dell'ascensore a vista con il decorso architettonico, qui in realtà il Tribunale di Napoli non è entrato nel merito della questione, ma ha respinto la domanda per ragioni di carattere processuale.

Quando l'installazione di un ascensore compromette l'accessibilità agli appartamenti ed agli spazi comuni?

Secondo il giudice, infatti, la denunciata violazione dell'art. 1120, comma 2, c.c. - il quale vieta all'assemblea di alterare la destinazione funzionale o l'assetto strutturale delle parti comuni con interventi che possano comprometterne il valore estrinseco - non configura un vizio di annullabilità, bensì la radicale nullità della delibera.

Ora, osserva il Tribunale che nullità e annullabilità sono due azioni diverse. La domanda con cui si chiede solo l'annullamento della delibera non presuppone anche l'azione di nullità; quest'ultima deve essere richiesta espressamente per potere essere valutata dal giudice.

Sicché se la parte contesta vizi gravi che comportano la nullità della delibera, ma agisce esclusivamente per l'annullamento della delibera medesima, il giudice, per il principio dispositivo della domanda, deve limitarsi ad esaminare solo i vizi di annullabilità e dichiarare inammissibili le censure di nullità; né è consentito alla parte di mutare la domanda in corso di causa.Deve escludersi, pertanto, che la domanda di annullamento della delibera possa ricomprendere nel proprio ambito anche quella diversa domanda che attiene al vizio più grave di nullità.

Nel caso in esame, la condòmina si è limitata a formulare esclusivamente una pretesa di annullamento della delibera, per cui la domanda di accertamento della sua nullità per violazione dell'art. 1120 c.c. (decoro architettonico), formulata nel corso del giudizio, integra una "mutatio libelli" di cui deve essere rilevata d'ufficio l'inammissibilità.

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