Il conduttore di un immobile concesso in locazione per l'esercizio della professione medica cita in giudizio l'ente proprietario dell'immobile per la risoluzione del contratto di locazione poiché i locali erano inidonei esclusivamente per l'esercizio di attività commerciale e sprovvisti di licenza di abitabilità per l'esercizio della professione medicai.
Per tale ragione chiedeva la restituzione del prezzo della locazione comprensivo del deposito cauzionale. Durante lo svolgimento del giudizio il conduttore recedeva dal contratto di locazione ai sensi dell'art. 27 della legge n. 392/1978 e riconsegnava l'immobile.
La sentenza di primo grado condanna il proprietario dell'immobile alla restituzione al conduttore delle somme pagate a titolo di deposito cauzionale, ed alle spese di registrazione del contratto per una somma di oltre diecimila euro.
Il conduttore ricorre in appello chiedendo la condanna del proprietario al pagamento in suo favore dell'ulteriore somma di ottomila euro a titolo di restituzione dei canoni già versati nel rispetto del contratto di locazione.
La Corte d'appello, riformando totalmente la sentenza di primo grado, ha stabilito che non vi è ragione per considerare inadempiente il locatore concludendosi con la condanna del conduttore al pagamento delle spese di entrambe i gradi di giudizio. Il conduttore impugna la sentenza di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione.
A parere del ricorrente la sentenza della Corte d'appello era viziata di carenza di motivazione poiché tale pronuncia avrebbe aderito in modo acritico alla tesi dell'Ente locatore dell'immobile secondo cui l'art. 14 del contratto di locazione prevedeva una clausola di esonero di responsabilità del locatore.
In pratica il conduttore critica la sentenza di secondo grado che aveva stabilito che egli conosceva, al momento della stipula del contratto di locazione, l'inidoneità dell'immobile all'esercizio della professione medica, e che pertanto l'ente locatore non aveva assunto alcun obbligo di rendere l'immobile idoneo all'esercizio della professione medica, nonché che il contratto di locazione prevedeva all'art. 14 un esonero di responsabilità in capo al locatore in caso di diniego o revoca di concessioni o licenze.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato tale motivo di ricorso, ed affrontato il tema degli obblighi che ricadono sul locatore nella locazione di immobili ad uso non abitativi ha cercato di contemperare due opposti orientamenti della giurisprudenza di legittimità.
Ribadisce la sentenza in commento che in tema si registrano due orientamenti, secondo un primo indirizzo nei contratti ad uso diverso da quello abitativo grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguato per lo svolgimento delle attività che egli intende esercitare.
Secondo tale orientamento ove il conduttore non riesca ad ottenere le necessarie autorizzazioni non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore. (Cass. 13.3.2007 n. 5836; Cass. 8.6.2007 n. 13395; Cass. 1.12.2009 n. 25278; Cass. 25.1.2011 n.1735).
Su un altro versante, invece, si colloca un diverso orientamento secondo cui nel contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo la mancanza di autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio - con particolare riguardo alla sua idoneità all'esercizio della professione medica - costituisce un chiaro inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1578 c.c., a meno che il conduttore non sia a conoscenza della situazione e l'abbia consapevolmente accettata (Cass. 28.3.2006 n. 7081; Cass. 7.6.2011 n. 12286).
La Corte di Cassazione, con sentenza del 18 gennaio 2016, n°666 ha stabilito che non essendo stati previsti obblighi contrattuali in capo al locatore per il rilascio di eventuali licenze o autorizzazioni per l'esercizio dell'attività medica, anzi essendo stata prevista contrattualmente una clausola che stabilisce l'esonero di responsabilità in capo al locatore nel caso di diniego o revoca di autorizzazioni, ed avendo il conduttore preso visione del bene prima della sottoscrizione del contratto, deve essere confermata la sentenza di secondo grado che ha respinto la richiesta di quest'ultimo di risoluzione del contratto per inadempimento del locatore.