La canna fumaria inserita nel muro divisorio tra due immobili fa si che questa possa essere per ciò solo considerata automaticamente in comunione tra i confinanti?
Questa, in estrema sintesi, la domanda cui sono stati chiamati a dare risposta i giudici della Suprema Corte di Cassazione.
Il caso che ha portato alla decisione è il seguente: il proprietario di un'unità immobiliare fa causa al suo vicino chiedendo di poter riutilizzare una canna fumaria inserita nel muro divisorio tra le due proprietà e chiedendo il risarcimento del danno conseguente alla chiusura del condotto operata dal convenuto.
Per sostenere la legittimità delle sue pretese, l'attore affermava, tra le altre cose, che la canna fumaria dovesse essere considerata in comunione e di conseguenza che l'azione del convenuto dovesse essere considerata illegittima non potendosi intervenire su di un bene comune privando l'altro comproprietario del suo diritto d'uso. (Incendio scaturito dalla canna fumaria ricavata nel vuoto di un muro comune: chi paga?)
La Cassazione – come già prima la Corte d'appello, la cui sentenza era stata impugnata – non ha accolto queste doglianze.
Si legge in sentenza che “mentre in tema di condominio degli edifici vi è una presunzione di proprietà comune delle parti destinate all'uso comune (che, però, può essere vinta dal titolo contrario), la sola utilizzazione di una canna fumaria installata nel muro di proprietà altrui anche da parte del vicino non ne determina l'immediata caduta in comunione ordinaria. L'art. 1100 cod. civ., infatti, non svolge un effetto attributivo, essendo una disposizione diretta a definire, non già la costituzione della comunione ordinaria (la quale, dal punto di vista della sua origine, può essere volontaria, incidentale o forzosa), ma l'ambito di applicazione della disciplina della comunione della proprietà e dei diritti reali dettata dagli articoli successivi, sul presupposto che la proprietà o altro diritto reale spetti in comunione a più persone” (Cass. n. 5415/15).
Tralasciamo l'ennesimo (impreciso) riferimento alla presunzione di condominialità per soffermarci sul ben più importante criterio applicativo delle norme sulla comunione; in sostanza secondo la Cassazione queste si applicano solamente quando il bene è già attribuito in proprietà comune, a differenza dell'art. 1117 c.c. che attribuisce ai beni elencati la natura condominiale che può essere esclusa solamente da una diversa disposizione.
Esempio: le scale presenti in un edificio in condominio si considerano comuni per legge (art. 1117 c.c., in quanto servono all'accesso alle singole unità immobiliari), salvo diversa indicazione del titolo.
Un qualsiasi bene può considerarsi in comunione, invece, o perché è la legge a stabilirlo specificamente (come accade ad esempio per la presunzione di comunione del muro di confine) o perché le parti o la natura delle cose e (ergo, lo stato dei luoghi) consentono di addivenire a tale conclusione.
Come dire: mentre l'art. 1117 c.c. stabilisce quando si applicano le norme sul condominio, l'art. 1101 c.c. disciplina solamente gli effetti di un fatto già esistente (la comunione per l'appunto).
Siccome nel caso di specie non v'era prova della comunione della canna fumaria, la Cassazione – confermando la sentenza d'appello – ha ribadito che non è possibile concludere che quel manufatto potesse essere considerato in proprietà comune ai confinanti.