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L'amministratore di condominio è legittimato ad agire in giudizio per far constatare l'alterazione del decoro.

Che cosa accade se un condomino, compiendo dei lavori sulle parti comuni (o di proprietà esclusiva) dell'edificio altera il decoro dello stabile.
Avv. Alessandro Gallucci 

L’amministratore di condominio, nei limiti delle attribuzioni conferitegli dalla legge (art. 1130 c.c.) o di quelle maggiori indicate dall’assemblea e/o dal regolamento, è legittimato ad agire in giudizio per tutelare le ragioni del condominio.

La sua azione può essere indirizzata tanto nei confronti dei condomini, quanto verso terzi.

Si pensi ad una persona che, all’improvviso, decida di iniziare ad esercitare una servitù di passaggio sul fondo condominiale in modo completamente difforme da quanto pattuito.

In un caso del genere, l’amministratore, quale legale rappresentante dei condomini in relazione alle parti comuni, ha il diritto/dovere di agire per compiere un atto conservativo dei diritti dei condomini sulle parti comuni dell’edificio.

Che cosa accade se un condomino, compiendo dei lavori sulle parti comuni (o di proprietà esclusiva) dell’edificio altera il decoro dello stabile. In poche parole: l’amministratore ha il potere di agire per fare accertare l’alterazione del decoro e chiedere la remissione in pristino dello stato dei luoghi?

Prima di rispondere la quesito è utile ricordare che cosa deve intendersi per decoro architettonico e cosa per alterazione del medesimo posto che il codice civile non fornisce un grosso aiuto in materia.

Innanzitutto è bene ricordare che “ per decoro “deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia, e che quindi contribuiscono a conferirgli una specifica identità” (Cass. n. 851/07).

Non solamente: sono sempre gli ermellini a specificare che “nessuna influenza in proposito può essere riconosciuta alla maggiore o minore visibilità di esse o alla loro non visibilità in relazione ai diversi possibili punti di osservazione rispetto all'edificio condominiale, trattandosi di una tutela accordata in sè e per sè a prescindere da situazioni contingenti in quanto correlata soltanto alla esigenza di salvaguardare determinate caratteristiche architettoniche unitariamente considerate dello stabile condominiale” (Cass. n. 851/07).

L’alterazione deve corrispondere ad una modificazione in senso peggiorativo dell’estetica dell’edificio.

Inoltre “ l’apprezzabilità dell’alterazione del decoro deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere” (così Cass. 25 gennaio 2010 n. 1286).

In questo contesto è possibile rispondere positivamente alla domanda circa la legittimazione attiva dell’amministratore di condominio.

In una causa recentemente risolta dalla Cassazione, un condomino sosteneva il contrario e in ragione di ciò arrivava a proporre ricorso ai giudici di piazza Cavour. Secondo questa persona all’alterazione del decoro può seguire “ un' opposizione facoltativa" dei singoli condomini controinteressati e non dell'amministratore, atteso che questi è carente di legittimazione ad agire per l'azione ripristinatoria non avendo conseguito apposita delibera autorizzativa da parte dell'assemblea

I giudici di legittimità non si sono trovati d’accordo. A loro dire, infatti, “ la Corte territoriale ha invero correttamente ribadito la legittimazione dell'amministratore anche in relazione alla dedotta alterazione del decoro dell'edificio, "rientrando tale atto, diretto a conservare l'esistenza delle parti comuni condominiali, negli atti conservativi dei diritti, che pertanto, ai sensi dell'art. 1130 c.c., n. 4, è attribuito all'amministratore".

Peraltro avuto riguardo alla nota decisione delle S.U. (Cass. n. 18331 del 6.8.2010) nella fattispecie è comunque intervenuta da parte dell'assemblea condominiale in data 3.1.2010 la delibera autorizzativa dell'amministratore a resistere al presente ricorso per cassazione, con la contestuale ratifica dell'intero suo operato” (Cass. 23 maggio 2012 n. 8152).

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