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Caduta dalle scale: niente risarcimento senza la prova del nesso causale tra caduta e stato dei luoghi.

In caso di caduta sulle scale, il danneggiato deve anzitutto dimostrare il nesso causale tra la caduta e lo stato dei luoghi.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro di Lecce 

In caso di caduta sulle scale, il danneggiato deve anzitutto dimostrare il nesso causale tra la caduta e lo stato dei luoghi, che è uno dei presupposti richiesti per l'accertamento della responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.

In mancanza di tale prova, il custode non è tenuto a dimostrare il caso fortuito, in quanto non è configurabile alcuna responsabilità nei suoi confronti.

Questo, in sintesi, il passaggio chiave della sentenza della Corte di Cassazione n. 12744/2016, depositata il 21 giugno 2016, che torna ad affrontare l'argomento della risarcibilità dei danni da caduta dalle scale, con particolare riferimento al riparto probatorio tra danneggiato e custode.

Secondo la Corte, se la cosa in custodia è di per sé statica e inerte e richiede che l'agire di chi la utilizza si unisca al suo modo d'essere, è necessario, per ottenere il risarcimento dei danni, che lo stato dei luoghi sia tale da rendere potenzialmente dannosa l'utilizzazione della stessa.

Solo una volta data la prova del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, diverrà del custode il compito di tentare di esonerarsi da responsabilità dimostrando l'eventuale caso fortuito.

Nel caso di caduta da una scala va dunque provato, ad esempio, che la stessa è scivolosa o presenta altre irregolarità.

Nel rigettare la richiesta risarcitoria, la Corte precisa tra l'altro che il verbo "scivolare" non implica necessariamente che ad essere scivolosi siano i gradini della scala, essendo ben possibile che la caduta sia stata causato dalla scivolosità delle scarpe utilizzate.

I fatti di causa. Una studentessa di liceo classico chiedeva l'accertamento della responsabilità della società cooperativa per il danno conseguente alla sua caduta all'interno dell'immobile gestito dalla predetta cooperativa, ove svolgeva uno stage di formazione.

La stagista, scendendo dalle scale che conducevano al sotterraneo dove si trovano le macchine per la ristorazione, non accorgendosi dell'ultimo gradino, era caduta a terra riportando la distorsione della caviglia.

La richiesta risarcitoria, tuttavia, veniva respinta dal giudice di merito in entrambi i gradi di giudizio, per difetto di prova del nesso causale tra caduta e danni subiti, e la decisione è stata definitivamente confermata dalla suprema Corte con la sentenza in commento.

Per il giudici di legittimità, infatti, la scala è stata solo occasione, ma non causa, della caduta, essendo questa riconducibile direttamente al comportamento della stessa danneggiata.

La prova del nesso causale. L'art. 2051 c.c. configura una forma di responsabilità oggettiva del custode in considerazione del suo rapporto con la cosa oggetto di custodia. Tuttavia - ricorda la suprema Corte - la disposizione in esame non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, "ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa".

In particolare, "la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia è oggettivamente configurabile qualora la cosa in custodia sia di per sé stessa idonea a sprigionare un'energia o una dinamica interna alla sua struttura, tale da provocare il danno (scoppio di una caldaia, esalazione venefiche da un manufatto, ecc. (qualora, per contro, si tratta di cosa di per sé statiche e inerte e richieda che l'agire umano, e in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità tali da rendere potenzialmente dannosa la norma e utilizzazione (buche, ostacoli imprevisti, mancanza di guard-rail, incroci non visibili e non segnalati, ecc.)".

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L'onere probatorio delle parti. Con specifico riferimento alle scale, la sentenza in commento richiama un precedente arresto della stessa Corte di Cassazione (Cass. civ. n. 858/2008), in cui si spiega efficacemente il riparto dell'onere probatorio tra danneggiato e custode: al danneggiato incombe l'onere di provare, oltre al rapporto di custodia, il nesso di causale (il quale deve caratterizzarsi per la particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, non essendo sufficiente un mero rapporto di causalità oggettiva), mentre il custode, una volta accertati i due predetti elementi, può andare esente da responsabilità solo provando il caso fortuito.

Ebbene, nel caso di specie il giudice di merito ha ritenuto non provato uno degli elementi presupposti della responsabilità, e cioè la pericolosità intrinseca delle scale, ed ha dunque correttamente escluso la sussistenza di un nesso causale idoneo ai sensi dell'art. 2051 c.c.

In tale situazione, sottolinea la suprema Corte, null'altro doveva provare la società cooperativa, dal momento che mancava uno dei presupposti della sua responsabilità.

In altri termini, mancando la prova del nesso di causalità tra bene in custodia e danno (a carico della danneggiata), nessuna prova del caso fortuito deve essere fornita dal custode convenuto.

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Né vale la circostanza, pure sostenuta dalla difesa della studentessa, secondo la quale il giudice non avrebbe considerato adeguatamente la scivolosità dei gradini. Per la Corte, l'utilizzo del verbo "scivolare" non implica necessariamente la scivolosità del supporto, potendo la causa rinvenirsi, ad esempio, nella scivolosità delle scarpe.

In ogni caso, la circostanza è irrilevante, atteso che la stessa danneggiata, nel corso dell'interrogatorio, aveva affermato di essere caduta per non aver visto l'ultimo gradino, e non per la scivolosità della scala.

Sentenza
Scarica Cassazione civile, n. 12744 del 21 giugno 2016
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