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Interruzione dell'illuminazione e caduta dalla scale condominiali.

Ecco cosa succede quando un condomino cade dalle scale.
Avv. Gian Luca Ballabio 

L'attore ha citato in giudizio un condominio per ottenere il risarcimento dei danni a seguito di una caduta avvenuta sulle scale condominiali. L'attore, infatti, ha sostenuto che la caduta fosse stata causata dall'improvviso spegnimento dell'illuminazione in tale area.

Le norme a sostegno della richiesta.

In giudizio è stato chiesto il risarcimento dei danni ex art. 2043 o 2051 c.c.

La prima disposizione, che riguarda la responsabilità extracontrattuale, stabilisce che “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

La seconda, invece, è relativa alla responsabilità per le cose in custodia, è prescrive che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Al riguardo vi sono “consolidati principi secondo i quali la fattispecie di cui all'art. 2051 c.c., individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva e non una presunzione di colpa, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, poiché l'azione di responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c., presuppone sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi, e coinvolge distinti temi di indagine rispetto all'azione di responsabilità per danni a norma dell'art. 2043 c.c., dipendente dal comportamento del custode, che; è invece elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'art. 2051 c.c., nella quale il fondamento della responsabilità è la custodia, esclusa soltanto nel caso in cui l'evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioè quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile (Cass. n. 12329/2004, 376/2005, 2563/2007)” (Cass. Civ., sez. III, ord. 20 maggio 2009, n. 11695).

L'onere della prova spetta al danneggiato.

Nel caso in esame la Corte di Cassazione ha sottolineato la correttezza della sentenza di appello impugnata laddove ha applicato i “principi che regolano l'onere della prova, ritenendo che, in relazione al fatto dedotto (caduta conseguente a un difetto di custodia e manutenzione delle parti condominiali) gravasse sull'odierno ricorrente, parte istante per il risarcimento, l'onere di provare, in relazione all'art. 2043 cod. dv., il collegamento causale tra la condotta colposa ascritta al Condominio e la caduta, nonché sotto il profilo (allegato dal Chiumera in via subordinata) dell'art. 2051 cod. civ. la dimostrazione del collegamento causale tra la cosa in custodia e il fatto.

Di tal chè risultava assorbente la considerazione del difetto di allegazione, prima ancora che di prova, in ordine alle circostanze di fatto e, segnatamente, alla circostanza che la caduta fosse stata causata dall'interruzione del funzionamento dell'impianto di illuminazione delle scale condominiali”.

In particolare è stato osservato che la disposizione dell'art. 2051 c.c. “non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa.

In particolare questa Corte è costante nel ritenere che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia è oggettivamente configurabile qualora la cosa custodita sia di per sé idonea a sprigionare un'energia o una dinamica interna alla sua struttura, tale da provare il danno (scoppio di una caldaia, esalazioni venefiche da un manufatto, ecc.).

Qualora per contro si tratti di cosa di per sé statica e inerte e richieda che l'agire umano, e in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità tali da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione (buche, ostacoli imprevisti, mancanza di guard-rail, incroci non visibili e non segnalati, ecc.). (Cass. 13 marzo 2013, n. 6306; Cass. 05 febbraio 2013, n. 2660; Cass. 09 dicembre 2009, n. 25772; Cass. 04 novembre 2003, n. 16527)”.

Conclusione.

Dal caso esaminato emerge come al danneggiato possa essere riconosciuto il risarcimento del danno esclusivamente qualora vi sia una sufficienza “degli elementi traibili dal giudizio medico-legale sulla compatibilità tra la caduta e le lesioni, ben potendo essere diverse e altre rispetto al malfunzionamento dell'impianto di illuminazione le cause della stessa caduta”.

Sentenza
Scarica Cassazione sent. 27 ottobre 2014, n. 22784
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