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I gatti randagi attirati in condominio possono costituire una molestia.

Attirare gatti randagi in condominio può generare molestie ai vicini, limitando il loro possesso e godimento degli spazi comuni; scopri le soluzioni legali per gestire la situazione senza infrangere la legge.
Ivan Meo 

(Corte d'Appello di Roma, Sezione IV civile, sentenza del 29 aprile 2013 )

Attirare gatti randagi con ciotole di cibo può costituire molestia se i gatti, vagando per il condominio, s'introducono negli appartamenti e relative pertinenze degli altri condomini limitandone il possesso.

Il principio espresso. La Corte d'Appello di Roma accoglie parzialmente l'azione di manutenzione promossa da alcuni condomini nei confronti di altri due condomini, colpevoli di aver dato a mangiare ad alcuni gatti randagi della zona, collocando ciotole di cibo all'interno del garage di proprietà dei ricorrenti, così da attirare sul posto una gran quantità di gatti che, circolando poi liberamente, s'introducevano all'interno della proprietà degli altri condomini, recando molestia al loro possesso.

L'azione di manutenzione, disciplinata dall'art. 1170 c.c., è diretta a far cessare la molestia o turbativa che ostacola o rende più gravoso il libero godimento del bene da parte del possessore.

L'esercizio dell'azione di manutenzione richiede, tra gli altri, dei presupposti fondamentali: la molestia, che può consistere in un'attività materiale o in un'attività giuridica; l'"animus turbandi", ossia la volontà di compiere un atto che modifichi l'altrui possesso, da accertare caso per caso sulla base di risultanze oggettive.

Nella fattispecie in esame, la Corte ha ritenuto che il comportamento posto in essere dai condomini "configura oggettivamente una turbativa nel libero godimento dell'appartamento e relative pertinenze" degli altri condomini. "Questi ultimi, infatti, son o costretti a tenere le finestre chiuse, per evitare che gli animali si introducano all'interno, ovvero possono vedere spor cata la loro autovettura dai gatti che salgono sopra, con evidente limitazione nell'esercizio del loro possesso".

Quanto all'animus turbandi in capo agli appellati, a parere dei collegio "questo è insistito nella consapevolezza che il loro comportamento sia idoneo a limitare l'esercizio dell'altrui possesso e, nel caso di specie, nella coscienza che il collocare del cibo per i randagi, in prossimità degli spazi condominiali, consenta il diffondersi dei gatti nell'altrui proprietà, con conseguenti disagi e limitazione del godimento dei propri beni per i vicini".

Alla luce di quanto sopra, la Corte d'appello, "pur trattandosi per gli appellanti di un'attività lecita (in quanto non risulta vietata da disposizioni condominiali), oltre che animata da apprezzabile intenzione e da comprensibile e condivisibile amore per gli animali", ha ritenuto configurabile nel caso di specie la lamentata molestia possessoria, con conseguente divieto per i condomini interessati di continuare a lasciare cibo per i gatti randagi in prossimità degli appartamenti condominiali.

In altri termini: dar da mangiare ai gatti randagi non è vietato, ma è necessario adottare tutte le precauzioni idonee ad impedire che la presenza degli amici animali possa recare molestia al resto del condominio.

Come vanno gestite le colonie feline negli spazi condominiali? Tecnicamente la legge n°281/91 definisce colonia felina un gruppo più o meno numeroso di gatti (ne bastano anche solo due) che vivono in un determinato e circoscritto territorio.

Inoltre, considera i gatti randagi come esseri viventi titolari di diritti quali la "vita" e la "cura". Questi diritti incontrano il limite della salute pubblica. L'art. 2 comma 9 della L. n. 281/ 1991, prevede che i gatti in libertà possono essere soppressi soltanto "se gravemente malati o incurabili".

Nonostante una previsione legislativa precisa molti condomini obiettano e contestano il gironzolare dei gatti negli spazi comuni. Per esempio il Tribunale di Milano (sentenza n° 23693 del 30 settembre 2009) ha esaminato un caso analogo: alcuni abitanti di un supercondominio citavano in giudizio altri condomini dello stesso stabile accusandoli di aver occupato senza alcuna autorizzazione degli spazi comuni al fine di creare dei rifugi a dei gatti randagi.

I promotori della causa chiedevano non solo la rimozione dei manufatti ma anche il risarcimento del danno non patrimoniale nella misura di euro 10mila euro.

Ma in sede di decisione il giudice milanese ha precisato che è legittimo, ai sensi dell'art. 1102 c.c., l'utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione - purché nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini - sia l'uso più intenso della cosa, purché non sia alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, dovendosi a tal fine avere riguardo all'uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno.

Nel caso in esame il Tribunale ha ritenuto ritiene che l'occupazione da parte di due condomini di uno spazio comune - mediante installazione di piccole costruzioni per gatti (rifugi) del tutto temporanei - non configura un abuso.

Poteri dell'assemblea condominiale ed allontanamento della colonia felina. Casistica. A questo punto è lecito chiedersi se l'assemblea può deliberare l'allontanamento di una colonia felina condominiale legittimamente eseguita senza violare le disposizioni a tutela dei gatti randagi?

Le risposte potrebbero essere le eseguenti.

Odio felino.Se il motivo dovesse essere collegato ad un mero pregiudizio nei confronti della razza felina, la delibera assembleare non potrà mai essere considerata legittima stante la vigente normativa in tema di tutela delle colonie feline, secondo la quale una eventuale delibera assembleare di allontanare i gatti - per motivi legati al fastidio, pregiudizio o qualsiasi altro motivo diverso da una malattia grave e incurabile degli stessi felini - risulterebbe in primis in contrasto con gli orientamenti giurisprudenziale (Cass. Pen. 24.10.2007 n. 44822) che riconosce all'animale lo status di organismo senziente le cui condizioni di benessere vanno protette e promosse oltre a disattendere il divieto delle legge 281/1991 la quale vieta la soppressione dei gatti randagi, se non in caso di malattia grave ed incurabile, a cui seguono le varie leggi regionali, e in contrasto con le leggi regionali che sanciscono il divieto di spostare o allontanare i felini dal proprio habitat.

Gatti dannosi. Diversamente, se i gatti dovessero costituire una fonte di danno per i beni comuni o dei singoli, l'assemblea potrà legittimamente deliberare una serie di provvedimenti, c.d offendicula, come la disposizione di una rete metallica circoscritta alla zona condominiale in cui si affollano i felini purché proporzionato ex art. 52 c.p.(Cass. Pen. 04.07.2006, 32282) al pericolo la presenza dei felini reca in condominio.

Pertanto la delibera assembleare di allontanamento, nel caso in cui la colonia felina dovessero costituire una fonte di danno per i beni comuni o dei singoli, risulterà legittima solamente quando i mezzi di allontanamento saranno rispettosi del sentimento di amore per la natura e degli animali (Cass. pen 12.05.2006, n. 34095).

Igiene e sicurezza. Un'ultima ipotesi che potrebbe essere portata in assemblea è quella in cui la richiesta di allontanamento della colonia felina fosse motivata da ragioni di sicurezza della salute pubblica.

In quest'ultimo caso la delibera assembleare sarebbe senza dubbio legittima ai sensi della Legge 281/1991 art. 2 comma 9, previo accertamento da parte dei medici del servizio veterinario delle A.U.S.L. della incompatibilità della permanenza dei gatti nell'area condominiale con le esigenze di salute umana e dell'igiene pubblica.(Cfr. per esempio alcune leggi regionali: Legge reg. Molise n. 7 del 2005 artt. 3, 8; Legge reg. Toscana n. 43 del 1995, art. 13, sostituito dall'art. 7 legge reg. 90 del 1998).

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