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Appropriazione di 60 cm di sottosuolo da parte del singolo condomino.

Cosa fare quando l'uso individuale dei beni comuni è considerato illegittimo.
Avv. Alessandro Gallucci 

In tema di condominio negli edifici e di utilizzazione a fini esclusivi di una parte dell'edificio, la violazione dell'art. 1102 c.c. non è automaticamente connessa all'uso esclusivo operato dal singolo condomino, ma dev'essere valutata in concreto, ossia rispetto all'effettivo pregiudizio causato al pari diritto degli altri condomini, nonché alla sicurezza e stabilità del medesimo bene comune.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 19915 pubblicata, mediante deposito in cancelleria, il 22 settembre 2014, è tornata ad occuparsi del sempre attuale tema dell'uso dei beni comuni e lo ha fatto ribadendo un concetto già espresso in altre circostanze: l'uso individuale dei beni comuni può essere considerato illegittimo solamente se in concreto v'è pregiudizio per gli altri condomini e per la cosa.

Nel caso di specie la Corte ha finito per ritenere lecita l'appropriazione da parte del singolo condomino di una parte di sottosuolo (nella misura di 60 cm) operata attraverso l'abbassamento del piano di calpestio dell'unità immobiliare ubicata al piano terra di un edificio in condominio.

Uso della cosa comune

Ai sensi dell'art. 1102 c.c.

Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.

Che cosa vuol dire esattamente questa norma?

La Corte di legittimità, chiamata numerose volte a dargli concreto significato, ha affermato che “la nozione di pari uso della, cosa comune cui fa riferimento l'art. 1102 c.c. non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione” (così, tra le varie, Cass. 5 ottobre 2009, n. 21256).

Cosa debba intendersi per diritto al pari uso delle parti in condominio

Questo principio è stato richiamato nella sentenza n. 19915 ed in essa ulteriormente spiegato. In buona sostanza, affermano gli ermellini, lo spirito della norma è quello di bilanciare il “diritto del singolo condomino all'uso della cosa comune, nella sua massima espansione, e diritto degli altri condomini ad accrescere il pari uso, là dove è chiaro che “lo sfruttamento esclusivo del bene da parte del singolo che ne impedisca la simultanea fruizione degli altri [...] non è riconducibile alla facoltà di ciascun condomino di trarre dal bene comune la più intensa utilizzazione, ma ne integra un uso illegittimo in quanto il principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione” (Cass. 22 settembre 2014 n. 19915).

Laddove, tuttavia, all'uso esclusivo non corrisponda una limitazione del diritto degli altri condomini (fatto questo da verificarsi nella singola fattispecie) non può giungersi all'automatica equazione: uso esclusivo che modifica la destinazione di una parte comune = uso illegittimo di un bene comune.

In pratica: se il bene attratto dal condomino nella propria esclusiva disponibilità non può essere utilizzato altrimenti da nessun altro condomino e tale utilizzazione non è pericolosa (in termini di sicurezza e stabilità dell'edificio), perché si deve negare a priori al singolo un uso più intenso?

Nel caso di specie, coerentemente con queste deduzioni, la Corte ha ritenuto illegittimo che la sentenza impugnata avesse automaticamente considerato illegittima l'appropriazione di 60 cm di sottosuolo da parte del singolo condomino, senza verificare se la stessa fosse lesiva del pari diritto degli altri condomini e senza prova concreta della pericolosità della medesima operazione nei termini succitati.

Rispetto alle tutela delle destinazioni d'uso dei beni comuni, è bene ricordare che a seguito dell'entrata in vigore della riforma del condominio, la norma di riferimento non è più l'art. 1102 c.c., bensì l'art. 1117-quater c.c. che recita:

In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.

L'assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell'articolo 1136.

E' legittimo depositare sul pianerottolo comune il sacco dell'immondizia?

Sentenza
Scarica Cass. 22 settembre 2014 n. 19915
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