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Ripartizione delle spese condominiali in parti uguali, quand'è possibile?

Quando è lecito ripartire tutte le spese condominiali in parti uguali.
Avv. Alessandro Gallucci 

Sovente si sente dire che una serie di spese condominiali debbano essere ripartite tra tutti i condòmini in parti uguali.

Si pensi, tra le varie, alle spese per la manutenzione dell'impianto radiotelevisivo, a quelle per l'impianto di citofono, ecc.

Ma è lecito tutto ciò?

La ripartizione paritaria è un obbligo di legge al cui inadempimento può seguire un'impugnazione della delibera, o solamente il frutto di un accordo tra tutti i condòmini, con la conseguenza che l'uso del metodo paritario senza tale accordo comporti l'invalidità della delibera?

Stando ad alcune pronunce giurisprudenziali, è la legge a consentire questa ripartizione.

La ratio desumibile dalla lettura delle massime, tuttavia, è, per chi scrive, sostanzialmente contestabile. Qui di seguito, sinteticamente e si spera chiaramente, si darà conto del perché.

Partiamo dalla norma fondamentale in materia di ripartizione delle spese: l'art. 1123 c.c. E' utile, per semplicità di esposizione, riportarne l'integrale contenuto:

Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne.

Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità”.

Come si può notare nessun riferimento diretto al criterio della ripartizione in parti uguali: nessuna norma dettata in materia condominiale, d'altra parte, lo contiene.

Il primo comma sancisce il criterio generale, ossia quello che vede nei millesimi di proprietà il riferimento principale, nonché la possibilità di derogarvi con il consenso di tutti i condòmini.

È lecito, quindi, ripartire in quote identiche il compenso dell'amministratore ove tutti i condòmini concordino: diversamente la spesa va ripartita secondo i millesimi di proprietà.

Il terzo comma riguarda il condominio parziale, al quale si applicano le stesse norme dettate per il condominio “normale” prendendo come riferimento, però, solamente i condòmini che traggono utilità (e quindi sono comproprietari) di determinati beni.

S'è lasciato volutamente per ultimo il secondo comma dell'art. 1123 c.c. che rappresenta l'addentellato normativo, per i sostenitori della legittimità della ripartizione delle spese in ugual misura trai condòmini.

La norma, in verità, specifica che se le cose servono in misura differente i condòmini, le spese sono ripartire in base all'uso (potenziale, ha aggiunto la Cassazione); l'art. 1124 c.c. riguardante le spese di manutenzione di scale ed ascensore ne rappresenta un'applicazione concreta.

Il secondo comma dell'art. 1123 c.c. è quello che ha dato la stura alla redazione delle così dette tabelle d'uso: ad esempio le tabelle per il riscaldamento, per l'autoclave, ecc. ecc.

Parte della dottrina e della giurisprudenza, partendo da questa norma, ritengono che se le cose servono i condòmini in ugual misura, paritario dev'essere anche l'onere di spesa (cfr. in tal senso Cass. 2 agosto 1969, n. 2916, in materia di spese di manutenzione dell'antenna e Trib. Bologna 22 maggio 1998, in materia di impianto citofonico).

Eppure, com'è stato fatto acutamente notare, il fatto che di alcune cose si goda in egual misura, non vuol dire che la spesa debba essere sostenuta allo stesso modo. Tutti i condòmini usano allo stesso modo le fondamenta, i muri maestri, ecc., eppure nessuno dubita che le spese ad essi relative debbano essere suddivise tra tutti secondo i millesimi di proprietà.

Approvazione e ripartizione delle spese condominiali senza tabelle millesimali. Come comportarsi

Le sentenze che hanno concluso per la suddivisione paritaria partono, ad avviso dello scrivente, dal presupposto errato che in ambito condominiale la ripartizione delle spese possa avvenire in deroga legale al criterio delle quote millesimali, in ragione dell'uso identico, leggendo a contrario il secondo comma dell'art. 1123 c.c.

Nel lontano 1962 il Tribunale di Napoli ebbe modo di affermare che “nell'impossibilità di determinare la diversa intensità dell'uso da parte da condomino a condomino, “si presume” che ciascuno ne usi in ragione della sua quota, cioè del valore del suo alloggio” (in nota in Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982, pag. 474).

Una posizione non unanime, questa, ma sicuramente preferibile, ad avviso di chi scrive, stante il principio generale intorno al quale è imperniata la disciplina del condominio negli edifici e più in generale quella della comunione: la misura della contribuzione di ogni partecipante è proporzionale alla propria quota (artt. 1104, 1118, 1123 c.c.).

D'altra parte è forse in dubbio che tutti i condòmini usufruiscano allo stesso modo del servizio di portineria (guardiania e ritiro corrispondenza)?

Ed è messo in dubbio che il compenso per queste mansioni debba essere ripartito in ragione dei millesimi di proprietà?

O è forse in dubbio che la spesa per la manutenzione dell'ascensore differisca, sia pur di poco o pochissimo, tra i proprietari delle unità immobiliari poste allo stesso piano?

Sintetizzando: non vi sono dubbi sul fatto che le spese condominiali possano essere ripartite in misura uguale se tutti i condòmini concorrono a decidere in tal senso, mentre quanto meno dubbio è il ricorso a questo genere di ripartizione sulla base delle norme di legge, nonostante quanto affermato dalla giurisprudenza e comunemente attuato nella prassi quotidiana.

La ripartizione delle spese condominiali senza la presenza di una tabella millesimale

La differente impostazione ha dei riflessi, poi, anche sulla tempistica d'impugnazione delle delibere condominiali.

Ove si consideri la ripartizione in misura identica un derivato dei precetti normativi, infatti, la loro erronea applicazione o disapplicazione non può fare altro che comportare l'annullabilità della delibera, posto che secondo la Cassazione (tra le varie sent. n. 6714 del 19 marzo 2010) l'erronea applicazione d'un criterio di legge è causa di annullabilità del deliberato (es. applicazione dei millesimi di proprietà al posto del criterio paritario e viceversa).

In tal caso la delibera dev'essere impugnata entro trenta giorni dalla sua adozione/comunicazione a seconda che il condominio sia presente (dissenziente o astenuto) oppure assente.

Qualora, invece, si ritenga la ripartizione in parti uguali criterio derogatorio a quelli legali, ogni delibera approvativa di un riparto che ne fa applicazione dovrebbe essere considerata insanabilmente nulla, con unici limiti del trascorrere del tempo limitati alla prescrizione della restituzione dell'indebito.

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