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La comunione in generale ed il condominio negli edifici. Il rapporto genere a specie e le principali differenze.

Il condominio è definito come una forma particolare di comunione, La comunione, invece, è definita come il diritto di comproprietà esercitato da più soggetti su un medesimo bene.
Avv. Alessandro Gallucci 

Il codice civile disciplina, nell’ambito del Titolo VII del Libro III, l’istituto della comunione.

Nel fare ciò è possibile osservare due distinti capi, il primo dedicato alla comunione in generale ed il secondo specificamente destinato a disciplinare il condominio negli edifici.

In tutto 39 articoli (1100-1139) con un particolare rapporto di genere (la comunione) a specie (il condominio).

Tale affermazione è confermata anche dalla circostanza che mentre le norme sulla comunione sono applicabili al condominio, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 1139 c.c., non è vero, invece, per il contrario.

Vale la pena mettere in evidenza le principali differenze tra i due istituti.

In primis le differenziazioni di carattere definitorio

Il condominio è definito come una forma particolare di comunione (detta forzosa) nella quale al fianco di parti dello stabile di proprietà esclusiva (le c.d. unità immobiliari) sussistono parti di proprietà comune.

Si delle cose, parti e impianti indicati dall’art. 1117 c.c. e di tutte quelle altre cose che, seppur non specificamente nominate, sono funzionali ed accessorie al godimento delle porzioni di piano di proprietà individuale.

La comunione, invece, solitamente è definita come il diritto di comproprietà esercitato da più soggetti su un medesimo bene.

La differenza tra i due istituti è perfettamente sintetizzata in una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione laddove si è affermato che " la specifica fisionomia giuridica del condominio negli edifici -la tipicità, che distingue l'istituto dalla comunione di proprietà in generale e dalle altre formazioni sociali di tipo associativo- si fonda sulla relazione che, nel fabbricato, lega i beni propri e comuni, riflettendosi sui diritti, dei quali i beni formano oggetto (la proprietà esclusiva e il condominio).

Le norme dettate dagli artt. 1117, 1139 cod. civ. si applicano all'edificio, nel quale più piani o porzioni di piano appartengono in proprietà solitaria a persone diverse e un certo numero di cose, impianti e servizi di uso comune sono legati alle unità abitative dalla relazione di accessorietà" (Cass. SS. UU. 31 gennaio 2006 n. 2046).

La seconda differenza, sempre attinente a profili sostanzialmente definitori, riguarda i soggetti partecipanti alla comunione o al condominio. Comunisti, i primi, condomini i secondi.

Gestione ad amministrazione della cosa comune.

Qui si notano altre differenze. Assoluta facoltatività della nomina di un amministratore per i beni oggetti di comunione. Obbligo di nomina dell’amministratore per quei condomini con più di quattro partecipanti (art. 1129, primo comma, c.c.).

Ancora: non obbligatorietà del regolamento per la comunione, necessarietà per i condomini con almeno undici partecipanti (art.1138, primo comma, c.c.).

Altra differenza sostanziale sta nel regime di partecipazione alle spese. Presunzione di uguaglianza delle quote nella comunione (art. 1101, primo comma, c.c.), differenza ex lege nel condominio sancita e consacrata nelle così dette tabelle millesimali (artt. 1118 c.c. 68 disp. att. c.c.).

Un’altra differenza, infine, che merita di essere sottolineata è quella disposizione della quota nella comunione e nel condominio.

Mentre per la comunione è sempre possibile addivenire alla cessione della quota di partecipazione, nel condominio la partecipazione alla proprietà sulle cose comuni è irrinunciabile (art. 1118 c.c.) essendo essa, tra le altre cose, inscindibilmente legata alle vicende traslative delle parti di proprietà esclusiva

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