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Attenzione fornitori ed amministratori di condominio. Anche in sede condominiale potrebbero essere applicabili le disposizioni previste in tema di “corruzione tra i privati”.

Nessuna pietà nei confronti del reato di corruzione. Il condominio come la pubblica amministrazione?
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

Anche in sede condominiale potrebbero essere applicabili le disposizioni previste in tema di "corruzione tra i privati", con tutte le conseguenze del caso nei confronti dell'amministratore e di chi con questi negozia (fornitori condominiali).

Nel capo IV del Libro V "Del Lavoro" di cui al Codice civile è stata integrata la portata soggettiva di una norma che disciplinala corruzione tra i privati, ricomprendendo in esso gli "enti privati".

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L'articolo 2235 codice civile, rubricato "Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità" (novellato dall'art. 3, D.Lgs. 15.03.2017, n. 38 con decorrenza dal 14.04.2017) così recita: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per sé o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni.

Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo. Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma. Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.[…] Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi. Fermo quanto previsto dall'articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte".

La legge in disamina ha introdotto anche l'articolo 2635 bis codice civile al fine di punire l'istigazione alla corruzione tra privati. Con tali disposizioni viene espressamente censuratala condotta"attiva", tesa alla realizzazione del cosiddetto pactum sceleris, ovvero quella posta in essere da parte di chi, in cambio della violazione dei doveri d'ufficio e di fedeltà, offre o promette denaro o altra utilità indebita ai dirigenti della società o dell'ente privato (fattispecie punibile anche qualora l'offerta o la promessa non sia accettata).

Al pari, ad essere sanzionata dalla norma è anche la cosiddetta "istigazione passiva", ovverosia il comportamento di chi sollecita per sé o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà (punibile anche qualora la sollecitazione non sia accettata). Questo è quadro normativo.

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Ora esaminiamo più in dettaglio, per quanto di rilievo, l'applicazione delle norme nell'ambito che ci riguarda.

Il Condominio quale "ente privato" e i soggetti attivi e passivi del reato. La norma in questione (articolo 2235 c.c.) ha esteso l'applicazione del disposto anche nei confronti degli "enti privati".

La nuova inclusione soggettiva sembra poter far concludere che tra i soggetti attivi/passivi delle fattispecie trattate possano ricomprendersi anche gli amministratori del Condominio degli edifici.

Tale affermazione si fa strada in dottrina (cfr, MINNITI G., Il nuovo delitto di corruzione tra privati, Immobili & Proprietà, 3/2018, pag. 156), che ne legittima il rilievo facendo riferimento alle diverse pronunce che, in tema di esatta ricostruzione della "soggettività" giuridica del Condominio degli edifici, dibattono su di essa, qualificando l'"Istituto come "Ente di gestione sfornito della personalità giuridica" (cfr., tra le tante, Cass. 14 dicembre 1993, n. 12304).

In quanto tale e non dilungandoci oltre su tale presupposto - anche alla luce dei più recenti riferimenti giurisprudenziali tendenti a legittimare il pignoramento del conto corrente condominiali e ivi ascrivendo al Condominio una soggettività giuridica sfumata, frutto di un'autonomia patrimoniale cosiddetta "imperfetta" -, si perviene alla conclusione che nel novero degli "Enti privati", a cui fa riferimento la norma in disamina, si possa far pienamente rientrare il Condominio degli Edifici (in quanto ente privato), e, quindi, così si possa rendere suscettibile di applicazione la previsione sanzionatoria nei confronti dei relativi amministratori.

Sotto tale aspetto, sul versante dei soggetti attivi del reato, la norma in esame qualifica come corruttibili i soggetti ivi citati non solo per l'attività "diretta" da costoro posta in essere, ma anche per quella "indiretta" riconducibile all'operato dei relativi intermediari.

Passaggio di consegne, ammanchi di cassa e mancato versamento dei contributi previdenziali.

Nell'ambito condominiale tale circostanza potrebbe ben integrarsi a quella in cui l'amministrazione dello stabile venga affidata ad una società di cui al titolo V del libro V del codice.

L'articolo 71 bis, invero, precisa che i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta servizi.

Reato di pericolo e non di danno. Appare opportuno, a questo punto, esaminare più in dettaglio la fattispecie di reato al fine di apprezzarne il rilievo e la debita applicazione pratica nel relativo contesto di riferimento.

Intanto, occorre dire che si tratta di un "reato di pericolo" e non (più) di "danno" nei confronti del patrimonio "dell'Ente privato" e/o della Società a cui si fa riferimento, nel senso che l'interesse giuridico tutelato dalla norma viene ricondotto alla necessità di salvaguardare la concorrenza nel mercato di riferimento, per valorizzare la lealtà e la collaborazione, oltre che la competitività degli operatori del settore.

Non si è in grado, tuttavia, di comprendere appieno come e quando si verifica, sul piano obiettivo, la distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi, a cui fa genericamente riferimento la norma, e in che modo tale "clausola" possa calibrarsi nei confronti dell'operato degli amministratori di condomino degli edifici. Si punisce la corruzione e la promessa di corruzione ed oltre al corrotto il corruttore. Cionondimeno ad essere represso dalla norma non è solamente l'atto corruttivo, vale a dire l'azione di ricevere o accettare la promessa di denaro o altra utilità, non dovuta, per compiere od omettere atti, in violazione degli obblighi inerenti il proprio "ufficio", bensì anche la mera sollecitazione a realizzare l'evento corruttivo (cfr, comma 3 e 6 della norma in disamina).

Le pene, inoltre, previste dalla norma si riflettono sia nei confronti del corruttore che del corrotto, analogamente a quanto avviene per i reati contro la Pubblica Amministrazione disciplinati dagli articoli 318, 319 e 321 codice penale.

Querela e pene. La perseguibilità del reato è rimessa, tuttavia, alla querela di parte, e, nel caso del condominio degli edifici, ad un atto di impulso dell'assemblea dei condòmini o ai singoli condòmini.

In caso di condanna, le pene da applicare al corrotto e/o al corruttore sono quelle previste dall'articolo 2641, a mente del quale " … è ordinata la confisca del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo.

Quando non è possibile l'individuazione o l'apprensione die beni indicati nel comma primo, la confisca ha ad oggetto una somma di denaro o beni di valore equivalente.

Per quanto non stabilito nei commi precedenti si applicano le disposizioni dell'articolo 240 del codice penale". Ma non finisce qui.

Altro articolo di nuovo conio, vale a dire quello di cui al numero 2635 ter codice civile, stabilisce, per l'istigazione alla corruzione attiva, un'altra misura di pena accessoria quale quella relativa all'interdizione "temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all'articolo 32-bis del codice penale nei confronti di chi sia già stato condannato per il medesimo reato o per quello di cui all'articolo 2635-bis, secondo comma".

Conclusione. Sulla base della carrellata di norme in esame la conclusione che si può trarre è quella per cui anche in sede condominiale potrebbero essere applicabili le disposizioni previste in tema di "corruzione tra i privati", con tutte le conseguenze del caso nei confronti dell'amministratore e di chi con questi negozia (fornitori condominiali).

Si tratta di un fenomeno da non trascurare e di cui si attende, vista la recente formazione delle norme in disamina, la relativa concreta applicazione in sede giudiziale.

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