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Se nell'appartamento manca la chiave di chiusura del gas il costruttore-venditore deve risarcire il danno

Manca la chiave di accesso del gas. Ne risponde il costruttore/venditore.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

La responsabilità non è esclusa per il solo fatto che l'impianto originario fosse a norma, e che solo dopo una modifica voluta dai compratori l'appartamento si è trovato privo della chiave di accesso al metano.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 2298 del 5 febbraio 2016, che ha confermato la condanna della società costruttrice, per aver realizzato le condutture del gas non conformi alle norme di sicurezza.

Per la suprema Corte è irrilevante la modifica dell'immobile successivamente alla consegna, così come è irrilevante che l'acquirente abbia accettato l'immobile alla consegna senza eccepire alcunché. Si tratta comunque di un grave difetto originario dell'immobile, di cui la società costruttrice deve rispondere ai sensi dell'art. 1669 c.c.

Quando scade il termine per la denunzia dei vizi?

Già la Corte d'appello avevano inquadrato la questione nella normativa sull'appalto ex art. 1669 c.c., applicabile anche nei rapporti tra costruttore venditore.

I giudici territoriali avevano stabilito che l'esecuzione dei lavori di modifica dell'appartamento, realizzati dalla società costruttrice su richiesta dell'acquirente, comportava un riconoscimento implicito dei difetti originari, con conseguente esonero dell'acquirente dell'onere di denunzia dei vizi stessi nel termine di decadenza.

La società edile aveva quindi impugnato la sentenza in cassazione, affermando innanzitutto che l'impianto di gas in origine era assolutamente immune da vizi e difetti. Infatti, il difetto a cui fa riferimento la compratrice sarebbe insorto successivamente e per effetto della modifica della distribuzione dei vani dell'immobile, che la società aveva realizzato proprio su richiesta della compratrice stessa.

In ogni caso, avendo l'acquirente accettato l'immobile dopo averlo ispezionato con l'ausilio di un tecnico di sua fiducia, la società si riteneva liberata da ogni responsabilità per vizi conosciuti o conoscibili dell'immobile e degli impianti in esso installati.

La suprema corte ha respinto le eccezioni della società costruttrice e confermato nei suoi confronti la condanna al risarcimento dei danni.

Perché la cooperativa può essere chiamata a rispondere dei gravi difetti di costruzione?

Secondo i giudici di legittimità, il fatto che l'acquirente abbia accettato l'immobile nelle condizioni originarie non comporta la rinuncia all'azione di responsabilità di cui all'art. 1669 c.c. per tutti i vizi non conosciuti o conoscibili al momento della consegna.

Nel caso di specie, in particolare, non è stato dimostrato che la preventiva ispezione dell'immobile fatta dall'acquirente abbia riguardato anche l'impianto di adduzione del gas. Non è possibile dunque affermare - come sostiene la società venditrice - che l'acquirente si sia resa conto già al momento dell'acquisto dell'assenza di un'autonoma chiave di chiusura dell'erogazione del combustibile.

Né una tale conclusione si può far discendere automaticamente dalla modifica dell'originaria dimensione dell'appartamento acquistato, in quanto non risulta che l'acquirente fosse edotta della impossibilità di collocare la chiave di chiusura del gas in una posizione diversa da quella originaria, all'interno del vano ceduto all'appartamento acquistato dal figlio.

L'esistenza del danno - conclude la sentenza - discende dall'impossibilità di fruire pienamente dell'appartamento che, non essendo dotato di regolare impianto di adduzione del gas "non era completamente abitabile, dato che mancava la possibilità di riscaldarsi e di disporre di acqua calda per i servizi e per la cucina".

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Sentenza
Scarica Cassazione civile, n. 2298 del 5 febbraio 2016
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