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Il locatore è obbligato a ripristinare il contratto ed a risarcire i danni se, ottenuto il rilascio dell'immobile per destinarlo ad uso dei suoi familiari, non ha rispettato tale uso.

Locazione, attenzione a dire che l'immobile serve a un familiare se poi non è vero!
Avv. Leonarda Colucci 

La Corte di Cassazione si pronuncia sugli obblighi del locatore che può essere soggetto alla sanzione alternativa di ripristino del contratto ed all'obbligo di risarcire il danno, quando non adibisce l'immobile all'uso per il quale ha ottenuto il rilascio anticipato.

Il fatto.

La conduttrice di un immobile cita in giudizio il locatore chiedendo il risarcimento dei danni subiti poiché, dopo aver intimato disdetta del contratto alla prima scadenza, motivando la stessa con il fatto che l'immobile sarebbe stato adibito ad abitazione dei suoi genitori, il locatore tuttavia omette di destinare a tale uso l'immobile.

I motivi del ricorso in Cassazione.

La conduttrice impugna la sentenza della Corte d'appello nella parte in cui la stessa affermava che il dovere di ripristinare l'immobile al fine per cui era stato ottenuto il rilascio non rappresenta una vera e propria obbligazione contrattuale, e sulla base di tale assunto la sentenza di secondo grado riteneva che il conduttore non poteva considerarsi creditore di tale obbligazione (quella gravante sul locatore di destinare l'immobile all'uso per il quale era stato anticipato il rilascio).

La sentenza della Corte di Cassazione

Secondo i giudici di legittimità, la sentenza di secondo grado commette un errore in punto di diritto nel momento in cui analizza una questione sulla quale si basa l'intera decisione.

Infatti la Cassazione precisa che le sanzioni di ripristino del contratto locativo e di risarcimento del danno a favore del conduttore (ex articoli 31 e 60 della legge n. 392 1978) sono applicabili nel caso in cui il locatore non adibisce tempestivamente l'immobile all'uso per il quale aveva ottenuto il rilascio "non sono connesse ad un criterio di responsabilità oggettiva ….. ma configurano una forma di responsabilità per inadempimento inquadrabile nella generale disciplina prevista dagli articoli 1176 e 1218 del codice civile".

Il locatore, inoltre, può essere esonerato dall'applicazione di tale sanzione e dall'obbligo di risarcimento del danno solo nel momento in cui la tardiva destinazione dell'immobile all'uso per il quale il locatore ottiene il rilascio è giustificata da esigenze o ragioni meritevoli di tutela e non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore. => Poche le cause che consentono al locatore di risolvere il contratto prima della sua scadenza

L'onere della prova incombe sul locatore.

Seguendo tale ragionamento la Corte di Cassazione, cassa con rinvio la sentenza di secondo grado, e chiede alla Corte di appello di Palermo di uniformarsi al principio secondo cui "le sanzioni di ripristino del contratto di locazione e di risarcimento del danno hanno fondamento contrattuale, di conseguenza è a carico del locatore l'onere di provare di aver adempiuto l'onere corrispondente ovvero di non aver potuto adempiere per cause ostative a lui non imputabili ai sensi dell'articolo 1218 e dell'art. 2697 del codice civile".

Dunque nel giudizio che si svolgerà dinanzi alla Corte di appello, in composizione diversa rispetto a quella che ha adottato la sentenza impugnata, il locatore dovrà dimostrare:

a) di aver adempiuto l'onere di adibire l'immobile all'uso di familiari;

b) ovvero di non aver potuto adempiere tale obbligo per cause a lui non imputabili.

La disciplina applicabile al conduttore che ottiene il rilascio anticipato dell'immobile.

L'articolo 29 della legge n. 392/1978 stabilisce che il locatore alla prima scadenza contrattuale possa ottenere il rilascio dell'immobile ove intenda adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta.

Tuttavia l'articolo 31 di tale legge prevede sanzioni applicabili al locatore nel caso in cui, nel termine di sei mesi dal rilascio, non abbia adibito l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta.

Qualora il locatore non adempia a tale obbligo, ossia quello di adibire l'immobile ad suo uso o ad uso dei suoi familiari, entro il termine di sei mesi l'articolo 60 della stessa legge stabilisce, al secondo comma, che "il conduttore ha diritto, nei confronti del locatore e dei suoi aventi causa, al ripristino del contratto di locazione, salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede, e al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati, ovvero a sua scelta il risarcimento del danno da determinarsi dal giudice in misura non inferiore a 12 e non superiore a 48 mensilità del canone, oltre ad un equo indennizzo per le spese di trasloco."

Il parere dell' Avv. Alessandro Gallucci

Il contratto di locazione finalizzato a soddisfare esigenze abitative può essere disdettato dal locatore al ricorrere di ben precise condizioni.

Di queste si occupa la legge n. 431/98 (che in materia ha preso parzialmente il posto della legge n. 392/78) ed in particolare l'art. 3, secondo il quale il proprietario dell'appartamento può comunicare al conduttore la disdetta del contratto alla prima scadenza (nei contratti 4+4 o in quelli 3+2), con un preavviso di sei mesi ed a mezzo raccomandata a.r. (che può essere sostituita da una raccomandata a mano):

a) quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;

b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;

c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;

d) quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;

e) quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all'ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'immobile stesso;

f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo;

g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (art. 3, primo comma, l. n. 3431/98).

Se il proprietario bleffa ed esercita illegittimamente il diritto di recesso, l'affittuario ha diritto al risarcimento del danno corrispondente ad un'indennità pari a trentasei mensilità di canone.

In un caso recentemente risolto dalla Suprema Corte di Cassazione (sent. 7 novembre 2014, n. 23794) il proprietario di un appartamento comunicava disdetta al conduttore motivandola con la necessità di adibire l'unità immobiliare ad alloggio dei propri genitori; l'inquilino si avvedeva che ciò non era avvenuto e gli faceva causa per ottenere il risarcimento del danno.

Un'annotazione: la sentenza in esame riguarda un caso disciplinato dalla vecchia legge sull'equo canone (l. n. 392/78), ma i principi espressi sono applicabili senza dubbio anche ai casi di cui alla legge n. 431/98.

Torniamo al caso: sia in primo che in secondo grado la domanda risarcitoria del conduttore veniva respinta. Secondo i giudici di merito, egli non aveva fornito prova del fatto che l'appartamento non fosse stato adibito ad abitazione dei genitori del locatore, sicché non poteva darsi seguito alle richieste formulate.

Il ricorso in Cassazione è servito a chiarire un aspetto relativo ad un quesito che suona pressappoco così: nel caso di controversia sull'esercizio della disdetta dal contratto di locazione da parte del locatore, è il conduttore che deve provare l'illegittimità dell'esercizio di tale facoltà, o il proprietario a dimostrare che ha agito secondo legge?

I giudici di legittimità hanno ricordato che "le sanzioni del ripristino del contratto locativo e del risarcimento del danno a favore del conduttore che gli arti. 31 e 59 legge n. 392/78 pongono a carico del locatore, che non abbia tempestivamente adibito l'immobile alluso per il quale ne aveva ottenuto la disponibilità, non sono connesse ad un criterio di responsabilità oggettiva, o secondo una presunzione assoluta di colpa, bensì sulla base di una presunzione "iuris tantum"; esse configurano una forma di responsabilità per inadempimento inquadrarle nella generale disciplina degli artt. 1170 e 1218 cod. civ., con la conseguenza che non sono applicabili qualora la tardiva destinazione dell'immobile medesimo sia in concreto giustificata da esigenze, ragioni o situazioni meritevoli di tutela non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore stesso (ex plurimis, Cass. 19 maggio 2011, n. 11014; 14 dicembre 2004, n. 23296; 18 maggio 2000, n. 6462; 14 aprile 1993, n. 4414)" (Cass. 7 novembre 2014, n. 23794).

Il contratto di locazione concluso verbalmente è valido?

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, 7 novembre 2014, n. 23794
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