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Debiti condominiali: legittima la transazione deliberata dall'assemblea

Il condominio deve rispettare la deliberazione con la quale si decide di addivenire ad un contratto.
Avv. Alessandro Gallucci 

Transazione in ambito condominiale: chi ha diritto di decidere e su che cosa?

Ci sono sentenze che meglio di altre sono in grado di descrivere l'applicazione di specifiche norme o principi.

In materia condominiale è spesso necessario far ricorso all'opera giurisprudenziale per avere un'idea unitaria (ahi noi alle volte contraddittoria) delle regole che disciplinano quell'istituto.

È così in particolar modo per aspetti che non trovano esplicita regolamentazione normativa. La transazione delle liti condominiali rappresenta un caso emblematico e merita particolare attenzione una pronuncia della Cassazione, la n. 821 del 16 gennaio 2014 che si è pronunciata sull'argomento.

Transazione delle liti condominiali, il casus belli

L'assemblea del condominio Alfa delibera l'esecuzione di opere di manutenzione straordinaria e quindi demanda la stipula del contratto con l'impresa prescelta.

Nel corso dell'esecuzione delle opere sorgono contestazioni in merito alla loro corretta realizzazione e quindi il condominio non corrisponde all'impresa l'intera somma pattuita.

Il risultato è un debito verso la ditta che, non riconoscendo legittime le contestazioni avanzategli, a quel punto agisce per recuperare le somme che, suo dire, le spettano.

L'assemblea per evitare la prosecuzione di un lungo ed incerto contenzioso decide di avanzare all'appaltatore una proposta transattiva per chiudere la lite insorta.

L'impresa accetta e le parti stipulano un contratto di transazione e la causa finisce lì.

Transazione, ovvero, . meglio un triste accordo che una causa vinta" oppure ancora "pochi maledetti e subito". Quando si parla di transazione si fa sempre riferimento a quel qualcosa che consente di evitare o di chiudere una causa ma che, in fondo, non dà la stessa soddisfazione di una vittoria piena.

Transazione, la definizione normativa

In effetti, il gergo comune con il quale viene descritta la transazione trova questo riscontro nel codice civile che la definisce come "il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro" (art. 1965 c.c.).

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Come dire: per chiudere l'accordo ognuno deve rinunciare a qualche cosa. (Vedi anche: Debiti, l'amministratore può inserire le somme nei rendiconti successivi?)

Nell'ambito del condominio negli edifici la transazione avente ad oggetto debiti condominiali può essere deliberata dall'assemblea con le maggioranze previste dall'art. 1136 c.c. (ossia con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea ed almeno 500 millesimi) e tutti i condomini, in virtù di quanto stabilito dall'art. 1137 c.c., sono tenuti ad osservare quella decisione.

È questa la particolarità del caso risolto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 821 del 16 gennaio 2014.

Il caso risolto dagli ermellini, in grandi linee, è quello sopra descritto: litigio attorno a dei debiti condominiali sorti in ragione dell'esecuzione di opere di manutenzione dello stabile.

Transazione delle liti condominiali, la competenza a decidere è sempre dell'assemblea condominiale

In questo caso, però, l'oggetto del contendere era la deliberazione della transazione da parte dell'assemblea condominiale.

Secondo uno dei condomini, non solo l'assise non aveva competenza a decidere su un argomento del genere, ma, quand'anche i giudici l'avessero considerata legittimata a farlo, egli avrebbe dovuto sborsare un centesimo in quanto s'era dissociato da quella lite si sensi dell'art. 1132 c.c.

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No, caro condomino, stai sbagliando di grosso! I giudici non si esprimono in questi termini ma la sostanza del loro ragionamento è stata questa.

Si legge in sentenza che la delibera aveva ad oggetto una transazione riguardante un debito condominiale e "poiché è riconosciuto all'assemblea condominiale il potere di deliberare su tutte le spese di comune interesse e quindi anche di concludere i relativi contratti con i terzi, parimenti si deve riconoscere il correlativo potere di iniziare e transigere eventuali controversie che da tali contratti dovessero sorgere, impegnando anche in questo caso tutti i condomini, anche i dissenzienti, in base alla regola generale espressa dall'art. 1132 c.c. (così in sentenza ma in questo caso il riferimento corretto è all'art. 1137 c.c.) [...]" (Cass. 16 gennaio 2014, n. 821).

Rebus sic stantibus, chiosano da Piazza Cavour, "l'assemblea dei condomini secondo i principi generali espressi dall'art. 1135 c.c. ha il potere di deliberare su tutto ciò che riguardi le spese d'interesse comune e quindi anche eventuali atti di transazione che a dette spese afferiscono" (Cass. 16 gennaio 2014, n. 821).

Transazione delle liti condominiali e dissenso dalle liti

È il dissenso verso le liti espresso da condomino ai sensi dall'art. 1132 c.c.?

Secondo la Cassazione, nello specifico caso esso doveva essere considerato illegittimo perché non correttamente esercitato, ma, quand'anche lo fosse stato, non avrebbe avuto alcun effetto rispetto alla transazione.

Detta più chiaramente: il condominio, ancorché dissenziente rispetto ad una lite ai sensi dell'art. 1132 c.c., deve rispettare la deliberazione con la quale si decide di addivenire ad una transazione poiché la transazione non è una lite ma un contratto con il quale si decide d'evitarla; e siccome per il condominio il consenso è espresso dall'assemblea e le decisioni assembleari sono obbligatorie per tutti (art. 1137 c.c.) non v'è scampo per nessuno.

Poiché la transazione non è una lite ma un contratto con il quale si decide d'evitarla; e siccome per il condominio il consenso è espresso dall'assemblea e le decisioni assembleari sono obbligatorie per tutti (art. 1137 c.c.) non v'è scampo per nessuno.

Transazione delle liti condominiali, la controparte può chiedere copia della delibera autorizzativa

Assodato che la competenza a decidere sulle transazioni condominiali è dell'assemblea e non dell'amministratore, ne consegue che quest'ultimo le sigla quale mero esecutore della volontà assembleare.

Ciò vuol dire che in ossequio alle regole generali in materia di rappresentanza ed in particolare ai sensi dell'art. 1393 c.c. "il terzo che contratta col rappresentante può sempre esigere che questi giustifichi i suoi poteri e, se la rappresentanza risulta da un atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata."

Chiaramente se la controparte è condòmino, gioco forza egli avrà conoscenza del contenuto della delibera in quanto avente diritto a partecipare all'assemblea.

Diversamente, però, ossia in caso di terzo contraente - si pensi ad un'impresa che sigla una transazione - a maggior ragione avrà ancor più titolo a domandare quel documento.

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