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Distacco dall'impianto idrico condominiale: quando è legittimo? I riflessi sugli assetti proprietari e la ripartizione delle spese.

È possibile per il singolo condòmino distaccarsi dall'impianto idrico condominiale? Quali le conseguenze di una simile operazione?
Avv. Alessandro Gallucci 

Impianto idrico, limiti della proprietà condominiale

Il codice civile è chiarissimo nello specificare che «gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza» (art. 1117 n. 3 c.c.).

Per quanto riguardo l'impianto idrico tale punto, spesse volte, è individuato nella c.d. braga. Di recente, in relazione a questa parte d'impianto, il Supremo Collegio ha avuto modo di evidenziare che essa, «posto che il limite condominiale delle condotte si estende fino al punto di loro diramazione, deve ritenersi in proprietà esclusiva la c.d. braga, ovvero l'elemento di raccordo posto tra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale di pertinenza condominiale» (Cass. 17 gennaio 2018 n. 1027, in Foro it. 2019, 3, I, 906). Una posizione, questa, non unanime, posto che la stessa Cassazione, in passato, aveva raggiunto conclusioni diametralmente opposte.

Impianto idrico, il quesito sul distacco

Tanto detto vale la pena domandarsi: il condomino che, per ragioni di risparmio sulla bolletta o per altri motivi, decida di distaccarsi dall'impianto idrico comune è legittimato a farlo?

Il quesito è conseguenza della domanda che ci ha posto un nostro lettore, che ha chiesto: «Nel condominio in cui vivo siamo dodici famiglie. Due di queste, per ragioni non certo legate a difficoltà economiche, pagano le spese condominiali a tempo loro, molte volte dopo che gli sono stati notificati i decreti ingiuntivi.

Distacco dall'impianto centralizzato e conteggio delle spese. Le principali sentenze della Corte di Cassazione (da non perdere)

Negli ultimi due anni abbiamo subito tre distacchi dall'impianto idrico, distacchi che abbiamo potuto annullare solamente pagando le bollette insolute, in pratica anticipando le somme di riferimento dei morosi.

Mi sono informato e per me, tecnicamente, è possibile separarmi dal condominio per la fattura dell'acqua. I tecnici dell'ente erogatore mi hanno detto che è possibile crearmi un autonomo punto di allaccio. Il regolamento non dice nulla in merito, secondo voi posso farlo?»

Al riguardo la norma di riferimento è l'art. 1118, terzo comma, c.c. a mente del quale il condomino «non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali

Ragionando sul significato di questa norma in relazione alla possibilità di distaccarsi dall'impianto di riscaldamento centralizzato (ipotesi che sappiamo essere pacifica) la Corte di Cassazione ha avuto modo di evidenziare che «la più recente giurisprudenza afferma che la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima quando l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivano né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, né squilibri termici pregiudizievoli per la erogazione del servizio (Cass., Sez. II, 21 maggio 2001, n. 6923; Cass., Sez. Il, 20 febbraio 1998, n. 1775; Cass., Sez. Il, 14 febbraio 1995, n. 1597).

La giurisprudenza, dunque, ritiene legittima la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale ed il distacco dall'impianto centralizzato, senza necessità di autorizzazione o di accettazione da parte degli altri partecipanti ove l'interessato dimostri che dalla rinunzia o dal susseguente distacco non derivi un aggravio di spese per i condomini che continuano ad usufruirne, né uno squilibrio termico pregiudizievoIe per la regolare erogazione del servizio. Con il conseguente esonero dal pagamento delle spese per l'uso, ma non certo di quelle per la conservazione» (Cass. n. 5974/04).

Il principio così espresso dai giudici di legittimità è stato nella sostanza ripreso dal Legislatore che novellando le norme condominiali, con la legge n. 220 del 2012, ha accolto nell'art. 1118 c.c. la possibilità per il condòmino di distaccarsi dall'impianto di riscaldamento, purché da tale operazione non derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.

E' chiaro che, per quanto simile, il discorso relativo all'impianto idrico ha delle peculiarità che rendono più difficile l'applicazione specifica di quanto detto in relazione all'impianto di riscaldamento. Si pensi, probabilmente è la più importante, all'approvvigionamento dell'acqua che, salva l'autorizzazione all'installazione di nuove tubature da collegare alla condotta pubblica, non può fare a meno dell'impianto comune.

Certo, nulla di tutto ciò è impossibile, la situazione va valutata caso per caso, anche perché per la rinuncia all'uso dell'impianto comune (ivi compreso quello di autoclave che dell'impianto idrico è componente ormai quasi sempre immancabile) è probabile, come si accennava, che dovendosi aggiungere nuove tubature si vada ad incidere sul decoro dell'edificio, incidenza che, ove sia peggiorativa dell'estetica, deve ritenersi vietata.

Ad ogni buon conto è bene tenere presente che alla eventuale rinuncia all'uso non segue la rinuncia alla proprietà, come detto in precedenza irrinunciabile, con il conseguente permanere dell'obbligo di pagamento delle spese di conservazione dell'impianto idrico comune.

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