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Si può licenziare il portiere che ha guai con la giustizia?

È legittima la delibera con cui il condominio decide di sopprimere il servizio di portierato e di licenziare per giusta causa il dipendente arrestato?
Avv. Mariano Acquaviva 

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 1898 del 23 febbraio 2023, ha stabilito che l'assemblea può legittimamente licenziare il portiere dello stabile che, a causa dei suoi guai con la giustizia, si è assentato dal lavoro perché in carcere.

Non può essere invece intimato il rilascio dell'immobile che fungeva da alloggio per il dipendente se l'appartamento è di proprietà del singolo condomino e non della compagine: in questa ipotesi, infatti, il condominio è privo della legittimazione attiva.

Licenziamento del portiere arrestato: fatto e decisione

Il condominio assumeva il resistente per l'espletamento delle mansioni di portiere, assegnandogli come alloggio un appartamento situato all'interno dello stabile, concesso in comodato alla compagine da uno dei condòmini.

A seguito dell'arresto del dipendente, l'assemblea deliberava il suo licenziamento per giusta causa, atteso il protrarsi della sua assenza, con contestuale soppressione del servizio di portierato.

Il condominio adiva quindi il tribunale capitolino, nella veste di giudice del lavoro, per chiedere l'accertamento della cessazione del rapporto di lavoro nonché del diritto di godere dell'immobile a titolo gratuito, con conseguente rilascio dello stesso.

Il Tribunale di Roma, con la sentenza in commento, accoglie la domanda del condominio con riferimento all'accertamento del licenziamento, rigettando invece la richiesta di rilascio dell'immobile.

Secondo il giudice capitolino, emerge chiaramente dagli atti la legittimità della cessazione del rapporto di lavoro, stante la prolungata assenza del dipendente (detenuto presso la casa circondariale) e la conseguente soppressione del servizio di portierato, circostanza quest'ultima che porta anche ad escludere la fittizietà della decisione assunta.

Anche la risoluzione del contratto di comodato deve ritenersi pienamente legittima, in quanto tale rapporto era collegato a quello di lavoro dipendente, con la conseguenza che il venir meno di quest'ultimo ha comportato anche la caducazione del primo (in ossequio al noto principio "simul stabunt simul cadent").

Alla cessazione del rapporto di lavoro consegue quindi la cessazione del diritto del convenuto al godimento dell'immobile destinato ad alloggio del portiere, trattandosi di prestazione accessoria al rapporto di lavoro.

Non può invece essere accolta la domanda di rilascio dell'immobile per difetto di legittimazione attiva in capo al condominio ricorrente: l'appartamento concesso al portiere, infatti, era stato dato in comodato alla compagine da un condomino, con la conseguenza che l'immobile è di proprietà privata e non comune. Da tanto deriva che la legittimazione a chiedere il rilascio è del proprietario anziché del condominio ricorrente.

In definitiva, il ricorso del condominio va accolto solo parzialmente, nello specifico con riferimento all'accertamento e dichiarazione della cessazione del rapporto di lavoro e del diritto del resistente a occupare l'immobile, mentre va respinta la richiesta di rilascio dello stesso.

Licenziamento del portiere arrestato: considerazioni conclusive

La sentenza del Tribunale di Roma è pienamente rispettosa dei principi fatti propri da parte di consolidata giurisprudenza.

In merito al licenziamento, la decisione di sopprimere il servizio è insindacabile. In questo senso la Suprema Corte: «il controllo giudiziale sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo comporta la verifica dell'assolvimento da parte del datore di lavoro dell'onere di provare l'effettività della dedotta ristrutturazione organizzativa, la sua incidenza sulla posizione rivestita in azienda dal lavoratore licenziato e la non utilizzabilità di quest'ultimo in un altro settore aziendale.

Tale indagine, tuttavia, deve fermarsi alla verifica del dato oggettivo e non può estendersi ad un sindacato sull'opportunità e la congruità delle scelte in materia di assetti produttivi ed organizzativi, rispetto a cui l'imprenditore gode di una riserva di autonomia […]. Tale consolidato principio è estensibile anche ad un datore di lavoro non imprenditore, quale il condominio […], in forza dell'art. 1 della l. 604/66» (Cass. 7 gennaio 2002, n. 88).

Sentenza
Scarica Trib. Roma 23 febbraio 20233 n. 1898
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