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Portiere: demansionamento, mobbing, infortuni sul lavoro e licenziamento illegittimo

Il demansionamento, il mobbing e gli infortuni sul lavoro possono portare a un licenziamento illegittimo del portiere: ecco i diritti e le tutele da conoscere per difendersi efficacemente.
Avv. Alessandro Gallucci 
9 Mar, 2021

Il lavoratore, quale soggetto debole del vincolo contrattuale, ha diritto a tutta una serie di tutele finalizzate a veder garantito il normale svolgimento del rapporto di lavoro. La prima cui si fa riferimento è quella contenuta nell'art. 2103 c.c.

A mente di tale articolo «il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione.

Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi.

Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive».

In dottrina e giurisprudenza, qualora il lavoratore fosse assegnato a mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali è stato assunto, s'è parlato di demansionamento. Quando può dirsi che un lavoratore ha subito un demansionamento?

Riconoscere il demansionamento del portiere: diritti e tutele

In giurisprudenza è stato detto che «in tema di mansioni del lavoratore, ai fini dell'applicabilità dell'art. 2103 c.c. sul divieto di demansionamento, non ogni modificazione quantitativa delle mansioni affidate al lavoratore è sufficiente ad integrarlo, dovendo invece farsi riferimento all'incidenza della riduzione delle mansioni sul livello professionale raggiunto dal dipendente e sulla sua collocazione nell'ambito aziendale, e, con riguardo al dirigente, altresì alla rilevanza del ruolo» (Cass. 11 luglio 2005 n. 14496).

La valutazione dell'effettività del demansionamento è rimessa alla discrezionalità del giudice adito.

Tale inadempimento, quindi, comporta un danno per il lavoratore. Danno che è immediatamente percepibile se alla condotta illecita è seguita l'altrettanto vietata diminuzione della retribuzione, meno visibile ma pur sempre esistente, se si ha riguardo alla perdita di chance ed allo svilimento della professionalità raggiunta.

A questo, il dato è ormai pacifico, devono aggiungersi il danno biologico e quello c.d. esistenziale (cfr. Cass. 15 settembre 2006 n. 19965). Sono molte le sentenze che si occupano di danno da demansionamento.

Ciò perché, com'è stato giustamente evidenziato, «il danno da dequalificazione professionale si presenta molto spesso come una fattispecie complessa in cui coesiste sia la lesione dei diritti tutelati dall'art. 2103 c.c. sia la lesione della dignità professionale del lavoratore con le possibili ripercussioni sulla sua salute psicofisica» (Luca D'Apollo, Danno biologico risarcito secondo le tabelle, Maggioli Editore, 2010).

Insomma la persona assunta con la mansione classica di portiere (custodia, guardiania, pulizia, ecc.) che dopo qualche tempo viene assegnata solamente alla pulizia, ha diritto al risarcimento del danno da demansionamento, valutabile in relazione alle condotte annesse all'illecito (es. contestuale diminuzione del salario, ecc.).

Mobbing nel condominio: protezione e responsabilità del portiere

Quanto al mobbing, per com'è stato definito, «è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica ed in costante progresso in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità» (Harald Ege, Mobbing: conoscerlo per vincerlo, FrancoAngeli, 2002).

In relazione all'onere della prova, «il lavoratore che agisce in giudizio allegando di essere vittima di mobbing è tenuto a provare il comportamento vessatorio, il carattere discriminatorio della condotta datoriale ed il relativo elemento psicologico-soggettivo, ed infine la volontà datoriale di estromissione del lavoratore dal contesto lavorativo» (Cass. 10 gennaio 2012, n. 87).

Quanto al mobbing, infine, vale la pena evidenziare un aspetto. Mentre per ciò che concerne demansionamento, sicurezza sul lavoro e licenziamento, i comportamenti principalmente rilevanti sono quelli posti in essere da assemblea (che può decidere o omettere di farlo su questioni rilevanti a tali fini) e amministratore, per il mobbing, vista l'attuale situazione normativa, non può non concludersi che la responsabilità contrattuale possa ricadere direttamente anche sui singoli condomini.

In che modo?

Il mobbing si manifesta nella forma di comportamenti vessatori verso il lavoratore da parte del datore di lavoro. Il condominio, s'è detto più volte (cfr. supra Par. 1) non è un soggetto diritto distinto dai suoi partecipanti.

La gestione del portiere in condominio

Parti del contratto di lavoro, quindi, sono direttamente i proprietari delle unità immobiliari. Ne discende che il loro atteggiamento ostile e gli atti persecutori verso il lavoratore, producono i loro effetti anche direttamente in relazione al vincolo contrattuale vigente.

Infortuni sul lavoro del portiere: obblighi di sicurezza del condominio

Il condominio, nelle sue vesti di datore di lavoro, è tenuto a garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro. La normativa di riferimento, menzionata anche nel C.C.N.L. dei dipendenti da proprietari di fabbricati, è quella contenuta nel d.lgs n. 81/08.

In particolare al primo comma dell'art. 1 del succitato decreto è stabilito che dev'essere garantita «l'uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati (art. 1, primo comma, d.lgs n. 81/08)».

Mobbing in condominio e condotte vessatorie nei confronti del portiere

L'omissione delle tutele ivi previste, oltre alle eventuali responsabilità di natura penale, dev'essere considerata un inadempimento contrattuale come tale soggetto alle norme regole di risarcimento per fatto illecito contrattuale.

Quanto alla cessazione del rapporto di lavoro, essa può avvenire per mutuo consenso, per le dimissioni del portiere o per licenziamento da parte del condominio.

Licenziamento illegittimo del portiere: cause e conseguenze

Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (art. 3 l. n. 604/66).

Il giustificato motivo soggettivo, leggasi inadempimento, può portare ad una verifica giudiziale, che, qualora dia esito negativo, comporta il diritto del lavoratore al risarcimento del danno.

Per il giustificato motivo oggettivo, ossia la riorganizzazione del lavoro, la situazione è leggermente differente.

Con riferimento a questa particolare fattispecie è stato affermato che «in tema di giustificato motivo oggettivo di licenziamento, non è sindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo, del reparto o del posto a cui era addetto il dipendente licenziato, sempreché risulti l'effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato; tale principio si estende anche ai datori di lavoro non imprenditori, come il condominio, in forza dell'art. 1 della legge n. 604 del 1966» (Cass. 7 gennaio 2002 n. 88 in Giust. civ. Mass. 2002, 19).

Con riferimento al condominio, salvo licenziamento discriminatorio, quindi nullo, e visto che è improbabile che la compagine superi le soglie di cui all'art. 18 l. n. 300/70, non può essere disposta la reintegrazione sul posto di lavoro del portiere.

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