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Rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni. Quando scatta il requisito dell'urgenza?

Le spese necessarie alla conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino sono sempre rimborsabili?
Avv. Giuseppe Zangari - Foro di Padova 

Le spese necessarie alla conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino possono essere rimborsate solamente in caso di interventi urgenti e indifferibili ai sensi dell'art. 1134 c.c., non essendo sufficiente la semplice inerzia degli altri condomini prevista dall'art. 1110 c.c.

La vicenda. Una società proprietaria di alcuni immobili, facenti parte di un complesso edilizio ove la stessa esercita l'attività alberghiera, ottiene dal Giudice di Pace di Alghero un'ingiunzione nei confronti di una condomina avente ad oggetto il rimborso pro quota delle spese, anticipate dalla predetta società, per la manutenzione ordinaria e straordinaria di parti ed impianti comuni.

Il Tribunale di Sassari conferma il rigetto dell'opposizione al decreto, seppur per motivi diversi dalla sentenza di primo grado, ritenendo in particolare che il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni soggiace alla disciplina dell'art. 1134 c.c.; che il richiamo a detta norma non era, tuttavia, dirimente nel caso di specie non essendosi mai riunita un'assemblea né nominato un amministratore né ravvisandosi alcuna decisione finalizzata alla conservazione del condominio; che era in ogni caso configurabile l'urgenza stante la peculiare situazione di fatto del complesso edilizio; che l'intervento della società si inseriva in un contesto di obiettiva difficoltà ad ottenere il consenso e la cooperazione degli altri condomini, inerti, assai numerosi e per lo più residenti fuori dalla Sardegna.

Condominio "minimo" e rimborso delle spese anticipate.

L'opponente si rivolge pertanto alla Corte di Cassazione (n. 18759/2016).

La sentenza.La pronuncia del Tribunale viene cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, avente ad oggetto il contenuto e l'ambito di applicazione dell'art. 1134 c.c., e sulla scorta del precedente deciso dalla sentenza n. 20151/2013, analogo alla vicenda in esame.

La Suprema Corte ribadisce, infatti, il consolidato criterio distintivo tra l'art. 1134 c.c., attinente la materia condominiale, e l'art. 1110 c.c., dettato in tema di comunione, corroborando la propria decisione con un interessante excursus giurisprudenziale.

Si ritiene quindi opportuno riportare testualmente la parte della motivazione: “In ordine alla rilevanza delle spese anticipate dal singolo condomino, l'art. 1134 c.c. fissa criteri particolari, in deroga al disposto dell'art. 1110 c.c., dettato in tema di comunione, che riconosce il diritto al rimborso in favore del comunista il quale ha anticipato le spese necessarie per la cosa comune nel caso di “trascuranza degli altri partecipanti e dell'amministratore”.

Nel condominio, la “trascuranza” degli altri partecipanti e dell'amministratore non è sufficiente.

Il condomino non può, senza interpellare gli altri condomini e l'amministratore e, quindi, senza il loro consenso, provvedere alle spese per le cose comuni, salvo che si tratti di “spese urgenti” (Cass. Civ. S.U. n. 2046/2006; n. 21015/2011).

Il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa opere relative alle cose comuni cessa quando si tratta di opere urgenti, per tali intendendosi quelle che, secondo il criterio del buon padre di famiglia, appaiono indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, noncumento alla cosa (Cass. Civ. n. 6400/1984; n. 4364/2001), l'urgenza dovendo essere commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a sé o a terzi o alla stabilità dell'edificio un danno ragionevolmente imminente ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità (Cass. Civ. n. 27519/2011; n. 4330/2012).

Niente rimborso al condomino che sistema la fogna senza autorizzazione

Ciò in applicazione del principio di diritto già espresso nella pronuncia a Sezioni Unite n. 2046/2006, secondo cui: “La diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134 c.c. in materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune (…) trova fondamento nella considerazione che, nella comunione, i beni comuni costituiscono l'utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione, mentre nel condominio i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione”.

Nel caso de quo è stata, pertanto, ritenuta non congruamente motivata la sentenza del Tribunale rispetto al requisito dell'urgenza.

Segnatamente, il giudice d'appello non aveva tenuto in adeguata considerazione che molte delle spese di cui la società chiedeva il rimborso erano state sostenute per il miglioramento dell'immagine del condominio e nell'ottica dell'attività alberghiera ivi esercitata, dal che si comprende il rinvio alla sentenza n. 20151/2013, che afferma: “non possono essere considerate urgenti le spese sostenute da una struttura alberghiera, ubicata in un edificio in condominio, per rendere più appetibile la vendita di pacchetti di soggiorno”.

Inoltre, la peculiare circostanza, erroneamente valorizzata dal Tribunale, circa la mancanza di un'assemblea condominiale, di un amministratore nonché della benché minima attività di gestione del fabbricato, risulta clamorosamente smentita, da un lato dalla pronuncia di Cassazione n. 2478/2007, che aveva definito il giudizio di impugnazione di una delibera adottata dall'assemblea del condominio in questione – il quale peraltro si era costituito in giudizio tramite dell'amministratore -; dall'altro lato, dalle pezze giustificative attestanti l'esecuzione di opere ulteriori rispetto a quelle oggetto dell'odierna vertenza, che testimoniavano una gestione dell'immobile.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, sez. II Civile, 23 settembre 2016, n. 18759
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