Il condominio c.d. "minimo" è assoggettato alla disciplina dell'art 1134 c.c., dal che le spese necessarie alla conservazione delle parti comuni anticipate unilateralmente da un condomino possono essere rimborsate solamente in caso di interventi urgenti e indifferibili, non essendo sufficiente la mera trascuranza dell'altro condomino di cui all'art. 1110 c.c.
La vicenda. In un condominio composto da due unità immobiliari gli attori eseguono degli interventi manutentivi sull'area cortiliva comune, sostituendo la guaina impermeabilizzante e tre bocche di lupo, nonché sull'impianto fognario, e successivamente citano in giudizio i proprietari dell'altro immobile per ottenere il rimborso pro quota delle relative spese.
I convenuti eccepiscono, tuttavia, che nulla è dovuto poiché, a loro parere, né il cortile né l'impianto necessitavano di manutenzione;nessuna infiltrazione era mai stata riscontrata;che, in ogni caso, le opere erano state eseguite senza alcuna previa informativa, denuncia, preventivo di spesa o comunicazione ai medesimi, ai quali neppure sarebbe stato consentito di verificare lo stato dei luoghi.
La sentenza. Una volta accertato che il primo contatto fra le parti era effettivamente avvenuto a lavorigià svolti, tramite la richiesta di rimborso presentata dal legale,il Tribunale respinge la domanda per mancato conseguimento della prova in ordine ai requisiti della trascuranza ex art. 1110 c.c.,dettato in tema comunione,e dell'urgenza ex art. 1134 c.c.,attinente il condominio.
Va anzitutto precisato che la soluzione della controversia si fonda, in realtà, sul disposto del solo art. 1134 c.c. ("ll condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente").
Dopo aver richiamato il criterio distintivo per l'applicazione delle suindicate norme ("La diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134 c.c. in materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune (…) trova fondamento nella considerazione che, nella comunione, i beni comuni costituiscono l'utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione, mentre nel condominio i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione")
il Tribunale ritiene che l'art. 1134 c.c. sia applicabile anche all'ipotesi del condominio c.d. "minimo" (Cass. Civ. S.U. n. 2046/2006), e dunque alla vicenda in oggetto, e rileva che l'istruttoria orale, da un lato non aveva chiarito la natura e l'entità del guasto, dall'altro lato aveva fatto emergere che gli attori, prima di sostituire l'impianto, avevano eseguito un'impermeabilizzazione delle murature dell'immobile.
Per tale motivo"la perdita dei liquidi fognari, quindi, non viene descritta in termine di guasto improvviso e richiedente un intervento indifferibile, quanto piuttosto in termini di intervento di manutenzione che poteva sicuramente essere concordato e programmato con i comproprietari". Difettando l'urgenza degli interventi -conclude il Giudice -non sussiste il diritto al rimborso di quanto anticipato.
"Obiter dictum". Come accennato, la sentenza esamina pure la disciplina dell'art. 1110 c.c., secondo la quale il rimborso delle spese necessarie alla conservazione della cosa comune è subordinato alla trascuranza in capo agli altri partecipanti alla comunione, intesa quale "negligenza, trascuratezza, omessa cura come si dovrebbe" (Cass. Civ. S.U. n. 2046/2006).
In particolare, il concetto di trascuranza è direttamente correlato alla speculare condotta del richiedente il rimborso, che prima di avviare qualsiasi azione deve "provocare" e sollecitare gli altri comunisti, o quantomeno porre gli stessi al corrente delle proprie intenzioni.
In altri termini, non è l'inerzia in quanto tale a rilevare ai fini dell'art. 1110 c.c., bensì il permanere di un atteggiamento passivo nonostante il preventivo avviso del compartecipe interessato alla conservazione del bene. La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel condizionare il rimborso al fatto di avere precedentemente interpellato o, quantomeno preventivamente avvertito gli altri partecipanti o l'amministratore, e lo stesso Tribunale di Modena, nel caso in esame (sentenza n. 771 del 28 aprile 2016), ha ritenuto essere "completamente sfornito di prova il presupposto dell'inerzia, dal momento che non è provato che i convenuti siano stati interpellati e, a seguito di interpello, siano rimasti inerti". Analogamente, in una recente decisione del Tribunale di Arezzo il rimborso è stato negato perché "non consta né l'inerzia degli altri compartecipi - ai quali non risulta neppure inviato alcun preventivo avviso in ordine alla necessità di sostenere le spese delle quali viene chiesto il rimborso - né la necessità dei lavori, con la conseguenza che la domanda deve, sul punto, essere respinta" (Trib. Arezzo n. 455 dell'11.4.2016).
Si conferma, pertanto, la più stringente disciplina prevista in ambito condominiale rispetto all'analoga situazione in materia di comunione (Se si rompe la caldaia il rimborso è più facile se si tratta di bene in comunione e non in condominio).
In argomento si veda anche => Chi effettua lavori urgenti in un edificio privo di amministratore ha diritto al rimborso?