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Di chi è l'alloggio del portiere? Per la causa sulla proprietà basta coinvolgere l'amministratore

Portiere, come fare chiarezza sulla proprietà dell'alloggio.
Avv. Alessandro Gallucci 

Se il condominio ed uno dei condomini litigano in merito alla proprietà dell'alloggio del portiere, per instaurare correttamente il contraddittorio è sufficiente chiamare in giudizio l'amministratore di condominio.

L'infinita querelle sulla legittimazione attiva e passiva dell'amministratore di condominio, della quale diamo conto ogni qualvolta se ne ponga l'occasione data l'estrema importante della materia, si arricchisce con una nuova sentenza di Cassazione, la n. 25634 del 4 dicembre 2014.

Il caso prende spunto da una situazione molto ricorrente: morosità condominiale, a fronte del mancato pagamento degli oneri condominiali, l'amministratore chiede ed ottiene un decreto ingiuntivo. Condominio moroso? Non hai diritto al bonus idrico.

Il condomino ingiunto non ci sta e propone opposizione spiegando che il credito vantato dal condominio dovrebbe essere compensato con uno che egli vantava nei confronti della compagine a titolo di canoni di locazione di un'unità immobiliare adibita ad alloggio del portiere.

La causa, che poi è arrivata fino alla Cassazione, ha subito un arresto in secondo grado per motivi processuali: secondo la Corte d'appello, infatti, bisognava rifare tutto il processo poiché la lite verteva sull'accertamento della proprietà dell'alloggio del portiere e quindi si dovevano coinvolgere tutti i condomini. Da qui l'esito del giudizio davanti ai giudici di legittimità.

Prima d'entrare nel merito della vicenda è utile ricordare che, ai sensi dell'art. 1117 n. 2 c.c. devono essere considerati comuni, salvo diversa indicazione del titolo (leggasi primo atto d'acquisto dal quale dipende la nascita del condominio o regolamento condominiale contrattuale) i locali portineria ivi compreso l'alloggio del portiere.

Questi locali, tuttavia, possono anche essere di proprietà privata ed avere una specifica destinazione impressagli dai medesimi atti succitati. In tal caso, ha specificato la Cassazione, si parla “di un vincolo obbligatorio propter rem fondato su una limitazione del diritto del proprietario, che è suscettibile di trasmissione in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti anche in mancanza di trascrizione (Cass. n. 4435/2001; 5167/1986) (così Cass. n. 6474/05)” (Cass. 26 ottobre 2012, n. 18501).

Nulla vieta, infine, che l'appartamento (o l'unità immobiliare in genere) non abbia alcuna specifica destinazione in tal senso, ma che compagine e sue partecipanti si accordino per la stipula di un contratto di locazione volto a soddisfare le esigenze connesse al servizio di portierato.

Se, come nel caso di specie, sorgono contrasti in merito alla proprietà (esclusiva o condominiale) dell'alloggio, quindi si vuole fare chiarezza sul punto, secondo la Cassazione (sent. n. 25634), basta chiamare in causa l'amministratore di condominio.

Motivo?

In tema di condominio negli edifici la legittimazione passiva dell'amministratore, prevista dall'art. 1131, secondo comma, cod. civ., ha portata generale, in quanto estesa ad ogni interesse condominiale e sussiste, pertanto, anche con riguardo alla domanda, proposta da un condomino o da un terzo, di accertamento della proprietà esclusiva di un bene, senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i condomini (Cass. 17/12/2013 n. 28141, anche con riferimento al rapporto tra la questione ivi affrontata e quella decisa da Cass. S.U. n. 25454/2013; Cass. 13/12/2006 n. 26681)” (Cass. 4 dicembre 2014 n. 25634).

Ad avviso di chi scrive, la sentenza non va esente da critiche. È vero ed è indiscutibile che l'amministratore di condominio abbia pieno potere di rappresentanza dei condomini rispetto alle parti comuni.

Il potere processuale, tuttavia, è già graduato rispetto alle materie che sono di sua competenza (quelle di cui all'art. 1130 c.c.) e quelle che sono di competenza dell'assemblea (cfr. Cass. SS.UU. n. 18331/10).

Ma non è questo il punto; la questione è un'altra. La proprietà di un bene è il presupposto dell'esistenza del condominio, non un fatto equiparabile agli atti di gestione che restano, invece, conseguenza di quell'ineludibile presupposto.

In questo contesto, pertanto, l'interesse dedotto in una causa avente ad oggetto l'accertamento della proprietà di un bene, non è riferibile alla gestione del medesimo e di conseguenza dovrebbe esulare dal novero delle competenze dell'amministratore. La Cassazione, però, è diversamente orientata.

La legittimazione ad agire in giudizio dell'amministratore di condominio.

Sentenza
Scarica Cass. 4 dicembre 2014 n. 25634
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