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La proprietà: se ne può chiedere l'acquisto per l'usucapione anche in sede d'appello

La proprietà è un diritto autodeterminato ed ecco perchè si può chiedere l'acquisto per l'usucapione.
Avv. Alessandro Gallucci 

Immaginatevi di possedere una casa e assieme ad essa una cantina.

Supponete che quella cantina risulti, sia pur solo materialmente (insomma non negli atti), parte di una compravendita dell’unità immobiliare del vostro confinante.

Potete rivendicarne la proprietà, con una normale azione di rivendica, ma nel corso del giudizio potete anche chiedere l’accertamento dell’acquisto per usucapione, senza incorrere in preclusioni di sorta.

Il motivo?

Si dice in dottrina ed in giurisprudenza che la proprietà va annoverata tra i così detti diritti autodeterminati; essi sono “ quelli relativi a diritti reali, in quanto diritti assoluti che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il loro titolo che ne costituisce la fonte.

Tipico diritto “autodeterminato” è il diritto di proprietà, il cui contenuto, ai fini della sua identificazione, è rappresentato dal bene che ne costituisce l’oggetto” (Giorgio Grasselli, L'istruzione probatoria nel processo civile. Volume 7 di Sapere diritto, Wolters Kluwer Italia, 2009).

Insomma non importa come viene acquisita la proprietà, una volta che s’intende difenderla si può dire tutto ciò che si vuole, ossia sostenere che non è di altri perché risulta propria in base ad un atto d’acquisto e dopo, sempre per difenderne la titolarità, affermare che è propria perché acquista per usucapione.

In questo contesto, la Corte di Cassazione, conformemente al proprio consolidato orientamento, ha avuto modo di ribadire che “ la proprietà, infatti, appartiene alla categoria dei c.d. diritti "autodeterminati", individuati in base alla sola indicazione del loro contenuto, rappresentato dal bene che ne costituisce l'oggetto, sicché nelle azioni ad essi relative, a differenza delle azioni accordate a tutela dei diritti di credito, la "causa petendi" si identifica con i diritti stessi, mentre il titolo, necessario alla prova del diritto, non ha alcuna funzione di specificazione della domanda.

Ne consegue che l'allegazione, nel corso del giudizio di rivendicazione, di un titolo diverso (nella specie, usucapione) rispetto a quello (nella specie, contratto), posto inizialmente a fondamento della domanda, costituisce solo un'integrazione delle difese sul piano probatorio e non determina, quindi, la novità della domanda né la rinuncia alla valutazione del diverso titolo dedotto in precedenza (Cfr. Cass. n. 22598/2010;n. 15915/2007; n. 3192/2003; n. 18370/2002; n. 5894/2001)” (Cass. 21 novembre 2012, n. 20558).

Ad ogni buon conto, in un’altra pronuncia, gli ermellini hanno avuto modo di specificare che “ pur essendo i diritti reali riconducibili nell'ambito della categoria dei "diritti autodeterminati", non per questo (attraverso, cioè, tale qualificazione) si può pervenire ad ammettere una deroga al sistema delle preclusioni che regola l'ammissibilità della prova in grado di appello, la quale rimane assoggettata alla disciplina stabilita dall'art. 345 c.p.c., che vieta l'ordinaria ammissione di nuovi mezzi di prova” (Cass. 23 dicembre 2010 n. 26009).

Insomma, nel caso di giudizio d’appello, per chiedere l’accertamento dell’usucapione non è possibile introdurre nuovi mezzi di prova che non siano stati, per errore o dimenticanza, allegati già nel giudizio di primo grado.

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