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I contratti di locazione transitori “ordinari”

Cosa sono i contratti di locazione transitori.
Dott.ssa Marta Jerovante 

Sono particolari contratti di locazione atti a soddisfare particolari esigenze delle parti

La legge 9 dicembre 1998, n. 431 – normativa di riferimento in materia di locazione di immobili adibiti ad uso di abitazione primaria – prevede che le parti possano alternativamente optare per il contratto a canone libero o per il contratto con canone convenzionato-sindacale: dal punto di vista della durata, nel primo caso i contraenti sono vincolati ad un termine di durata minima, fissata in otto anni (4+4), salvo disdetta nei casi espressamente previsti dalla legge; la seconda tipologia consente una durata più breve del rapporto di locazione (3 anni+2), a fronte di una compressione dell'autonomia negoziale in fatto di determinazione del canone.

L'art. 5, l. n. 431/1998 ammette invero la stipula di contratti di locazione di natura transitoria, anche di durata inferiore rispetto ai limiti appena indicati, al fine di soddisfare particolari esigenze delle parti (comma 1); la definizione dei criteri generali per la realizzazione di detti contratti è stata demandata ad un apposito decreto ministeriale, il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 30 dicembre 2002.

Condizioni e modalità L'art. 2, d.m. 30 dicembre 2002 prevede specificamente che:

  • i contratti di locazione di natura transitoria di cui all'art. 5, comma 1, della l. n. 431/1998 hanno una durata non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi (comma 1, prima parte);
  • tali contratti sono stipulati per soddisfare particolari esigenze dei proprietari e/o dei conduttori per fattispeciecon particolare riferimento a quelle derivanti da mobilità lavorativa –, da individuarsi nella contrattazione territoriale tra le organizzazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative (comma 1, seconda parte);
  • il canone è liberamente determinato dalle parti, ad eccezione di quelli relativi a contratti di locazione di natura transitoria ricadenti nelle aree metropolitane di Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Torino, Bari, Palermo e Catania, nei comuni con esse confinanti e negli altri comuni capoluogo di provincia: in tali ipotesi il canone è stabilito dalle parti all'interno di valori minimi e massimi definiti per fasce di oscillazioneper le aree omogenee, come individuate per i contratti a canone agevolato (comma 2);
  • detti contratti devono prevedere una specifica clausola che individui l'esigenza di transitorietà del locatore e/o del conduttore – da provare quest'ultima con apposita documentazione da allegare al contratto, quale la dichiarazione del datore di lavoro relativa a un trasferimento temporaneo del dipendente presso un'altra sede; i contraenti dovranno confermare il permanere di detta esigenza tramite lettera raccomandata da inviarsi prima della scadenza del termine stabilito nel contratto (comma 4).

    In realtà, nonostante la dizione legislativa, si ritiene che l'esigenza di transitorietà debba essere confermata dal solo locatore.

    Peraltro, se il locatore comunica il perdurare dell'esigenza transitoria e poi non adibisce l'immobile all'uso dichiarato entro sei mesi, può essere condannato, secondo la disciplina ordinaria, al ripristino del contratto di locazione, o, in alternativa, al risarcimento del danno a favore del conduttore (per un importo massimo pari a 36 mensilità del canone di locazione);

  • in caso di inadempimento delle modalità di conferma delle esigenze transitorie stabilite nei tipi di contratto di cui al comma 6, ovvero nel caso in cui le esigenze di transitorietà vengano meno, i relativi contratti sono ricondotti alla durata legale (4+4) (comma 5);
  • i contratti di locazione sono stipulati utilizzando esclusivamente i tipi di contratto allegati al citato decreto ministeriale (comma 7);
  • le parti contrattuali possono essere assistite, a loro richiesta, dalle rispettive organizzazioni sindacali (comma 8).

Si segnala inoltre che, in virtù dell'art. 1, comma 4 (parte finale), del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 10 marzo 2006, «In ogni comune le parti possono comunque stipulare, indipendentemente dalle esigenze individuate negli accordi tra le associazioni di proprietari ed inquilini, contratti di locazione di natura transitoria per soddisfare qualsiasi esigenza specifica, espressamente indicata in contratto, del locatore o di un suo familiare ovvero del conduttore o di un suo familiare, collegata ad un evento certo a data prefissata».

Una scelta sottratta alle parti Affinché si possa considerare valido un contratto locativo di natura transitoria è quindi necessario il rispetto di alcuni requisiti:

  • l'inserimento nel contratto di una clausola che indichi quali sono le esigenze che impongono una transitorietà del contratto;
  • la prova documentale comprovante tale esigenza di transitorietà;
  • la conferma del permanere dell'esigenza di transitorietà da inviarsi a mezzo raccomandata prima della scadenza del termine di locazione.

Lo ha confermato la Suprema Corte, in una recente pronuncia (20 febbraio 2014, n. 4075), in cui si è chiarito che «o ricorrono tali condizioni e si soddisfano le dette modalità, volte a giustificare obbiettivamente la deroga alla disciplina ordinaria oppure, quali che siano le cause del mancato soddisfacimento dei presupposti contemplati, il contratto locativo non può avere una durata inferiore a quella ordinaria con l'ulteriore conseguenza che, in difetto di prova dei requisiti richiesti, va ricondotto nell'alveo dei contratti di cui all'art. 2 commi 2 e 3 legge n. 431/98».

La controversia oggetto del giudizio di legittimità origina da una sentenza del Tribunale che, su richiesta del locatore, aveva dichiarato risolto un contratto di locazione, ordinando il rilascio dell'immobile al conduttore.

Questi aveva eccepito che il contratto fosse stato stipulato solo formalmente per esigenze di natura transitoria, mentre andava assoggettato alla disciplina di cui all'art. 2, l. n. 431/98.

Il giudice dell'appello, in riforma della sentenza del primo giudice, accoglieva l'impugnazione del conduttore soccombente. Ricorreva quindi in cassazione il locatore, il quale deduceva che:

  • non si era tenuto conto della circostanza che nel contratto, in relazione alle esigenze di natura transitoria, era riportata la «precisa, espressa ed esclusiva indicazione in tal senso»;
  • il conduttore non aveva provato che il locatore fosse a conoscenza dell' inesistenza delle esigenze di natura transitoria dedotte dal conduttore stesso.

La Suprema Corte ha giudicato infondato il ricorso, argomentando che «Nel vigore della legge 9 dicembre 1998 n. 431, l'ammissibilità della stipulazione di un contratto di locazione ad uso transitorio di durata inferiore a quella minima stabilita in via ordinaria non è incondizionata, ma deve essere in linea con il disposto dell'art. 5 della legge stessa, il quale demanda alla normazione secondaria di cui al comma 2 dell'art. 4 della stessa legge la definizione delle condizioni e delle modalità necessarie per la conclusione di validi ed efficaci contratti locativi di natura transitoria. Non sono quindi le parti a decidere se e quando poter ricorrere alla tipologia del contratto transitorio ma è il decreto ministeriale emanato ai sensi della predetta legge a fissare le modalità ed i presupposti, sussistendo i quali è consentito ai contraenti il ricorso al contratto di durata più breve rispetto alla disciplina ordinaria».

Nel caso di specie, facevano difetto, almeno parzialmente, le condizioni imposte dalla norma, non potendo tra l'altro considerarsi sufficiente «la generica e non documentata menzione di una mera probabilità del trasferimento del conduttore in altra sede di lavoro, la cui gratuità è sottolineata dalla immutata e immotivata reiterazione nel tempo».

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