Appare pacifico, siccome più volte affermato in giurisprudenza, che per quanto concerne le azioni giudiziarie poste in essere dall'amministratore per la riscossione dei contributi condominiali, legittimati passivi risultano esclusivamente i proprietari degli immobili, per come risultanti dai registri immobiliari, e non anche coloro che possano apparire tali.
Nondimeno, per le azioni giudiziarie poste in essere dai terzi creditori del condominio che, come noto, hanno possibilità di agire pro quota nei confronti dei condòmini morosi, ex art. 63 disp att. Cc, risulta applicabile il medesimo principio, pertanto, il legittimato passivo anche in questo caso risulterà soltanto l'effettivo condomino.
Questo il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 23621, pubblicata in data 9 ottobre 2017, Presidente dott. Pasquale D'Ascola, Relatore il dott. Antonio Scarpa.
A seguito di opposizione a decreto ingiuntivo, chiesto e ottenuto dalla ditta creditrice del condominio, nei confronti di due condòmini, a titolo di saldo residuo del corrispettivo dei lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale, il Tribunale di Salerno, revocava il decreto e condannava i condòmini opponenti al pagamento di una minor somma.
Proponeva appello uno dei condòmini, deducendo di essere mero amministratore della società proprietaria dell'appartamento in condominio e che, pertanto, risultando condomino apparente, lo stesso era privo di legittimazione passiva rispetto alla pretesa dedotta in giudizio.
La Corte d'Appello di Salerno, tuttavia, rigettava il gravame, ritenendo come il principio dell'apparenza del diritto potesse applicarsi solo nei rapporti con l'amministratore, e non anche nei confronti dei terzi, i quali non possono farsi carico di accertare la proprietà dell'immobile.
La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sull'appello proposto dal condomino apparente, accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d'Appello di Salerno in diversa composizione.
Premette come <<questa Corte ha più volte affermato che in materia condominiale, quanto meno con riferimento alle azioni promosse dall'amministratore per la riscossione delle spese condominiali di competenza delle singole unità immobiliari di proprietà esclusiva, sono passivamente legittimati soltanto i rispettivi proprietari effettivi di dette unità, e non anche coloro che possano apparire tali, a nulla rilevando la reiterazione continuativa di comportamenti propri del condomino, né sussistendo esigenze di tutela dell'affidamento di un terzo di buona fede nella relazione tra condominio e condomino (Cass. Sez. U, 08/04/2002, n. 5035; Cass. Sez. 2, 03/08/2007, n. 17039; Cass. Sez. 2, 25/01/2007, n. 1627)>>.
Ciò posto, è noto che le obbligazioni contratte dal condominio risultano direttamente riferibili ai singoli condòmini, evenienza che legittima l'azione del creditore nei confronti di ciascun partecipante al condominio, in ragione delle rispettive quote, secondo il criterio della parziarietà (Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148).
Nondimeno, <<è poi dalla deliberazione dell'assemblea, e non dal rapporto contrattuale con l'appaltatore, che discende l'obbligo dei singoli condomini di partecipare agli esborsi derivanti dall'esecuzione delle opere, ponendosi il condominio (e non ciascun condomino) come committente nei confronti dell'appaltatore stesso.
Anche, dunque, la vicenda obbligatoria che si imputa pro quota al singolo partecipante è geneticamente correlata al diritto reale condominiale (si vedano, indicativamente, i commi 1 e 2 dell'art. 63 disp. att. c.c., come modificato dalla legge n. 220/2012, pur non applicabile nella specie ratione temporis), ed è quindi quanto meno indirettamente collegata alla situazione resa pubblica nei libri fondiari>>.
In considerazione di ciò, non è possibile negare, come ritenuto dalla Corte d'Appello, <<la sussistenza di un legame con il dato pubblicitario emergente dalla trascrizione nei registri immobiliari, trattandosi di trarre conseguenze ai fini dell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria comunque connessa con la titolarità di un diritto reale di proprietà>>.
In conclusione, afferma la Corte di Cassazione, <<è decisivo osservare come nel nostro ordinamento il principio dell'apparenza del diritto (art. 1189 c.c.) trova applicazione quando sussistono uno stato di fatto difforme dalla situazione di diritto ed un errore scusabile del terzo in buona fede circa la corrispondenza del primo alla realtà giuridica, assumendo comunque rilievo giuridico l'apparenza ai soli fini della individuazione del titolare di un diritto soggettivo, ma non anche per fondare una pretesa di adempimento nei confronti di un soggetto non debitore, atteso che l'affidamento del terzo può legittimare una richiesta di risarcimento danni per il subito pregiudizio, e non invece trasformare in debitore un soggetto che non rivesta tale qualità (cfr. Cass. Sez. U,01/07/1997, n. 5896; Cass. Sez. 1, 10/11/1997, n. 11041; Cass. Sez. 1, 10/11/1997, n. 11040)>>.
STUDIO LEGALE AVV. PAOLO ACCOTI