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In galera l'amministratore di condominio che falsifica le bollette

Falsificazione delle bollette: la condanna dell'amministratore di condominio per reato di falso dimostra che anche senza vantaggio economico, la responsabilità penale è ineluttabile.
Avv. Mauro Blonda 

Anche senza vantaggio economico scatta comunque il reato. Non è necessario il perseguimento di un'utilità di carattere patrimoniale

Cosa accade se si falsifica la ricevuta di pagamento di una bolletta? La risposta può ben darla una maldestra amministratrice di condominio leccese che, accortasi al momento di cedere la documentazione condominiale al nuovo amministratore di non aver tempo addietro pagato una bolletta dell'acquedotto (di circa 700,00 euro), ha ben pensato di manometterla apponendovi una falsa attestazione di pagamento ed un altrettanto falsa firma di quietanza di un impiegato di banca.

Nemmeno a dirlo, la furbetta è stata smascherata e condannata per i reati di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. (falso del privato in certificato). (» L'amministratore scappa con la cassa? Illegittimo non sospendere la pena se non restituisce il malloppo)

La pena comminata dal Tribunale salentino, pari a 4 mesi di reclusione, rimaneva immutata nonostante il proposto appello, benché in secondo grado il reato fosse opportunamente riqualificato in quello di cui all'art. 485 cod. pen. (Falsità in scrittura privata) e soprattutto nonostante all'amministratrice venissero riconosciute le attenuanti generiche: per tale ragione ella ricorreva per cassazione, per ottenere assoluzione oppure, nella peggiore delle ipotesi, un ricalcolo della pena che tenesse appunto conto delle attenuanti generiche, riconosciute ma non conteggiate in appello.

La decisione della Cassazione. La pronuncia dei Giudici di Legittimità non si fa attendere e non sorprende nessuno, amministratrice compresa: le sue difese vengono riconosciute come fantasiose, costruite "ad arte" e la sua responsabilità, pertanto, confermata in via definitiva con la sentenza n. 13833 del 24/03/2014.

L'ex amministratrice condominiale, infatti, aveva provato a difendersi sostenendo che, poiché la data apposta sulla falsa ricevuta di pagamento sarebbe successiva alla sua cessazione dell'incarico, il fattaccio non sarebbe ascrivibile alla sua responsabilità bensì a quella di altri soggetti (chiaramente il nuovo amministratore).

Inoltre ella tentava di convincere i Supremi Giudici che c'erano altre persone che, come e più di lei, avrebbero potuto trarre vantaggio dall'accertata falsificazione (sempre il nuovo amministratore ovvero lo stesso condominio).

Tutte queste asserzioni vengono però rispedite alla mittente dagli Ermellini, ritenendo i Giudici di Piazza Cavour che fossero finalizzate esclusivamente "ad accreditare una ricostruzione del fatto alternativa a quella motivatamente recepita dal giudice di merito". In pratica l'amministratrice stava cercando di fare quello che più o meno ogni accusato fa: scaricare su di altri le proprie responsabilità.

Purtroppo per lei, però, nel caso specifico la colpevolezza dell'imputata era fin troppo chiara, nonostante ella, come sostenuto nel ricorso per cassazione, non avesse tratto dalla falsificazione alcun vantaggio economico.

Il punto centrale del reato di falso: l'ingiusto vantaggio. Effettivamente l'amministratrice non aveva ottenuto alcuna pratica ed economica utilità dalla falsificazione della fattura, per cui parrebbe a primo impatto non potersi condannare la sua condotta per il reato di falso dal momento che tale reato, secondo il disposto del richiamato art. 485 cod. pen., per sussistere richiede appunto che il falsificatore agisca al fine di trarre un vantaggio.

La Cassazione non ignora questo (falso) problema e precisa che se è pur vero che la falsificazione in oggetto non attribuisce alcun vantaggio diretto all'amministratrice, tuttavia è altrettanto evidente come ella ne abbia tratto innanzitutto uno per così dire "indiretto".

Ed invero, ove non fosse stata accertata la falsità dell'attestazione di pagamento della bolletta, l'amministratrice si sarebbe sottratta alla responsabilità verso i condomini per i danni causati dal mancato pagamento: ella, in sostanza, se non fosse emersa la falsità del documento, l'avrebbe fatta franca e della bolletta non pagata ne avrebbero risposto altri.

Questo costituisce certamente un ingiusto vantaggio che, ancorché non diretto (ma, come appunto detto, "indiretto") sicuramente può costituire da sé il dolo specifico richiesto dal reato contestato.

Ed il vantaggio "morale". Ma la Cassazione individua un altro tipo di vantaggio che l'amministratrice avrebbe tratto dalla falsificazione addebitatale: un vantaggio di carattere "morale". L'imputata cioè, con la falsificazione della bolletta, ha tentato di far apparire come adempiuto un proprio preciso obbligo (quello di saldare un conto del condominio), attività che invece non ha compiuto.

(L'amministratore e la cassa condominiale: gli ammanchi sono sempre reato?)

L'occultamento dell'inadempimento ad un proprio onere rappresenta secondo la Cassazione un vantaggio di tipo morale che l'amministratrice avrebbe tratto con la compiuta falsificazione e consente quindi il concretizzarsi dell'ipotesi delittuosa a lei contestata: l'art. 485 cod. pen., infatti, non specifica la natura dell'utilità da trarsi con la falsificazione ma richiede esclusivamente che con questa si cerchi appunto di "procurare a sé o ad altri un vantaggio".

Facendo leva su questo concetto, quindi, i Supremi Giudici ritengono integrato il reato in questione anche nel caso in cui il vantaggio perseguito non sia di natura economica, proprio perché "il fine di procurarsi un vantaggio, posto dall'art. 485 c.p. ad elemento costitutivo del reato, non si identifica necessariamente nel perseguimento di un'utilità di carattere patrimoniale, ma anche semplicemente morale" (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 13833 del 24/03/2014).

La conclusione della vicenda. L'amministratrice sbadata e malandrina ha potuto pertanto limitare solo i danni, ottenendo uno sconto di pena (da 4 mesi a poco più di 2 mesi la reclusione inflittale) in virtù del nuovo calcolo della pena effettuato dalla Cassazione applicando le attenuanti generiche, che la Corte d'Appello aveva sì riconosciuto ma che si era poi dimenticata di conteggiare al momento di tirare le somme della vicenda processuale: la sua colpevolezza resta quindi intatta e provata, così come dimostrata resta anche la sussistenza del reato di falso compiuto anche senza puntare ad ottenere un beneficio diretto di natura economica.

Questa sentenza ed i principi in essa affermati sono un chiaro monito per tutti quegli amministratori che svolgono il loro operato con eccessive disinvoltura ed addirittura leggerezza, credendo che loro tutto è possibile perché tanto "non si fa torto a nessuno" o, peggio ancora, perché nessuno reclamerà mai alcunché: la trasparenza e correttezza devono sempre improntare l'operato di un buon amministratore condominiale e sono la migliore garanzia sia per il condominio che per la fedina penale dello stesso amministratore, il quale potrà (solo) così dormire sonni tranquilli.
(Leggi anche: Amministratore, quando scatta l'appropriazione indebita?)

Sentenza
Scarica Cass. pen. Sez. V, Sent., 24-03-2014, n. 13833
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