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Controversie sulla gestione delle parti comuni. La legittimazione ad agire e ad impugnare spetta all'amministratore

Il principio di “rappresentanza reciproca” non trova sempre applicazione tra i condomini. Analisi di alcuni contrasti giurisprudenziali.
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

La "legittimazione sostitutiva" dei condòmini rispetto l'amministratore. In giurisprudenza di legittimità vi è un acceso contrasto sulla portata del principio "non scritto" della "rappresentanza reciproca", altrimenti detto principio "legittimazione sostitutiva" dei condòmini rispetto l'amministratore.

Il primo orientamento afferma che il Condominio degli edifici essendo un ente di gestione sfornito della personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, non priva i singoli condòmini ad agire in giudizio a difesa degli interessi della compagine e, in particolare, ad impugnare, anche in cassazione, la sentenza sfavorevole al condominio indipendentemente dall'oggetto su cui si controverte (cfr., tra le più recenti, Cass., 6 agosto 2015, n.16562, con motivazione più articolata e diffusa, Cass., 18 febbraio 2010, n.3900, Cass., 21 gennaio 2010, n.1011, Cass., 7 dicembre 2004, n.22942, Cass., 28 agosto 2002, n.12588, Cass., 7 agosto 2002, n.11882 e Cass., 6 agosto 1999, n.8479).

Il secondo orientamento distingue, rispetto almeno le controversie condominiali interne (cioè quelle tra condòmini), la legittimazione dei singoli partecipanti a seconda dell'oggetto della lite, limitandone la facoltà di agire o resistere in giudizio alle sole controversie in cui si manifestino esigenze attinenti ai "diritti" su di un bene comune (Cass., 21 settembre 2011, n.19223, Cass., 4 maggio 2005, n.9213, Cass., 3 luglio 1998, n.6480 e Cass., 29 agosto 1997, n.8257).

Impugnazione della delibera e legittimazione dell'amministratore di condominio

In ordine di tempo, l'ultima Sentenza pubblicata dalla Corte di Cassazione aderisce a tale orientamento, affermando che non sussiste legittimazione processuale dei condòmini in ordine alle controversie che riguardano la "gestione" dei beni condominiali (Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 febbraio 2017 - 31 gennaio 2018, n. 2411).

Il fatto. La controversia concerne un'azione possessoria relativa all'accesso alla piazzola "condominiale" antistante la farmacia di Tizio. Nell'agosto 2003 il Condominio, dietro determinazione assembleare, ha posto dei colonnotti in luogo di preesistenti fioriere e una sbarra elettrica, dotando di chiavi i condomini, ma impedendo l'accesso nell'area condominiale ai clienti della farmacia che vi sostavano.

Tizio, proprietario dell'immobile e condòmino, ha agito per la cessazione dello spoglio o delle molestie.

Il Condominio ha resistito eccependo tra l'altro che i lavori erano stati eseguiti in adempimento di delibera condominiale del marzo 2003, a cui Tizio aveva prestato acquiescenza (cioè vi aveva aderito). Il Tribunale di Parma accoglie la domanda di Tizio e condanna il Condominio al ripristino dei luoghi.

Due condòmini del Condominio impugnano la sentenza di primo grado, al posto del Condominio (che nel processo di appello rimaneva contumace). La Corte di Appello di Bologna ribalta l'esito della controversia e accoglie la domanda dei condòmini, condannando Tizio ad ottemperare al provvedimento del condominio.

Questo ultimo, a tal punto, ricorre in Cassazione affermando che l'azione di gravame esercitata dai due condòmini (al posto del Condominio) è, innanzitutto, irrituale per carenza di legittimazione ad agire/impugnare.

La legittimazione ad agire in giudizio dell'amministratore di condominio.

La Sentenza. Parte ricorrente, per negare la proponibilità dell'appello, ha denunciato la violazione degli artt. 1130 e 1131 Codice civile.

L'interesse sopito nella controversia è stato ricondotto alle modalità di attuazione di una delibera assembleare per la gestione di un bene comune, quale lo spiazzo condominiale (così recita, in punto, la Sentenza: "Ferma la qualificazione data, che risulta dai limiti dell'azione possessoria proposta dalle parti ricorrenti e qualificata dal giudice di merito, la legittimazione ad impugnare la sentenza di primo grado era solo del Condominio, al quale era stata fatta risalire in via esclusiva la paternità dell'iniziativa denunciata, senza immediati riflessi per i diritti dei singoli").

In quanto tale, il ricorso è stato ritenuto fondato.

I giudici di legittimità hanno preliminarmente riconosciuto la sussistenza di una "varietà di accenti giurisprudenziali"(Cass. 19223/11; 16562/15), in materia di legittimazione ad impugnare da parte dei singoli condòmini, ognuno dei quali ha offerto una diversa interpretazione alla "vicenda".

Tuttavia, ad avviso dell'attuale decidente l'assunto sulla "rappresentanza reciproca" nelle controversie interne al condominio deve essere attenuato.

"Il principio, secondo cui l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né, quindi, del potere di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore e di avvalersi dei mezzi d'impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio, non trova applicazione relativamente alle controversie che, avendo ad oggetto non diritti su un servizio comune ma la sua gestione, sono intese a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale o l'esazione delle somme dovute in relazione a tale gestione da ciascun condomino".

In tali controversie - così continua il provvedimento - non vi è correlazione immediata con l'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, bensì con un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale al funzionamento e al finanziamento corretti dei servizi stessi.

Conclusione. In altri termini, la Suprema Corte, in occasione della pubblicazione della sentenza in commento, ha avuto modo di ribadire che la legittimazione ad agire e ad impugnare spetta esclusivamente all'amministratore nelle controversie afferenti le modalità di gestione delle "parti comuni", aderendo al secondo orientamento giurisprudenziale.

In quanto tale, l'appello formulato da parte dei condòmini - visto che la materia del contendere riguarda i rispettivi diritti su una parte comune - è stato ritenuto illegittimo, con conseguente passaggio in giudicato della Sentenza impugnata (in luogo del Condominio).

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, 31 gennaio 2018, n. 2411
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