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Tende da sole in condominio. Il rispetto delle distanze e del diritto di veduta del vicino sono condizioni imprescindibili

Installazione di tende da sole sui balconi di appartamenti ubicati in condominio.
Avv. Marcella Ferrari del Foro di Savona 

In tema di installazione di tende da sole sui balconi di appartamenti ubicati in condominio, trova applicazione la norma del codice civile (art. 907 c.c.) in materia di distanze legali e di tutela del diritto di veduta del singolo proprietario, ma è rimessa al giudice di merito la valutazione caso per caso.

La giurisprudenza. L'art. 907 c.c. si occupa di “distanza delle costruzioni dalle vedute” e vieta di costruire a distanza inferiore di tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo vicino.

La disposizione impiega espressamente il termine “costruzioni”, a ben vedere, però, una tenda non può considerarsi tale.

Tuttavia la citata norma viene applicata anche a quei manufatti che per la loro morfologia possano cagionare una lesione del diritto di veduta [1].

Le dimensioni di una tenda da sole ed il suo ingombro, spesso, sono tali da impedire il passaggio della luce ed ostruire la vista, pertanto è di agevole comprensione che la disciplina sulle distanze legali possa trovare applicazione in questo caso (Cass. n. 1598/1993).

Il costante orientamento giurisprudenziale in materia ritiene utilizzabile l'art. 907 c.c. anche ai singoli appartamenti ubicati in condominio.

La disposizione codicistica sull'uso della cosa comune (art. 1102 c.c.), infatti, non deroga alle norme sulle distanze (Cass. n. 22092/2011).Nondimeno, in ambito condominiale, si ritiene che spetti al giudice di merito valutare, di volta in volta, se le norme in materia di distanze debbano essere osservate, dovendo egli tenere in considerazione la struttura dell'edificio, lo stato dei luoghi e i diritti spettanti ai singoli condomini,contemperando gli interessi di più proprietari ai fini di una pacifica convivenza (Cass. n. 22838/2005; Cass. n. 682/1984).In questo senso, in merito alla tutela del diritto di veduta, viene richiesta una «valutazione circa l'idoneità dell'opera del vicino ad ostacolarne l'esercizio, valorizzando, in tale prospettiva, la finalità della norma, che è indubbiamente quella di assicurare al titolare del diritto una quantità sufficiente di aria e di luce […]»(Cass. Ord. n. 7269/2014).

La tenda da sole e la grondaia: quando possono considerarsi opere abusive?

Il diritto/servitù di veduta.Le vedute, anche note come prospetti, sono le aperture che consentono di affacciarsi e guardare di fronte, di lato e in obliquo [2]. Esse si differenziano dalle “luci”, vale a dire da quelle “finestrelle” che permettono il passaggio di aria e luce, ma non l'affaccio.

La differenza precipua tra le due consiste nella possibilità di guardare o meno sul fondo del vicino. Le vedute, infatti, consentono sia l'inspectio che la prospectio [3].

Con queste espressioni latine si fa riferimento alla possibilità di sporgersi sul fondo altrui, non solo frontalmente, ma anche obliquamente e lateralmente.

Per questo, le vedute si distinguono in dirette, oblique o laterali, a seconda di come si realizza l'affaccio.Inoltre, in materia di condominio, «tra le normali facoltà attribuite al titolare della veduta diretta od obliqua esercitata da un balcone è compresa senz'altro quella di inspicere e prospicere in avanti ed appiombo, ma non quella di sogguardate verso l'interno della sottostante proprietà coperta dalla soglia del balcone, non potendo trovare tutela […]la sua pretesa di esercitare la veduta con modalità abnormi e puramente intrusive, ossia sporgendosi oltre misura dalla ringhiera o dal parapetto»(Cass. n. 13012/2000).

Ecco perchè il diritto al panorama è risarcibile

In altre parole, in ambito condominiale, il diritto di veduta è garantito anche in senso perpendicolare (la cosiddetta “veduta appiombo”); pertanto il titolare del diritto può guardare il fondo sottostante dai piani superiori (Cass. n. 448/1982).

Tuttavia la facoltà di visuale trova un limite nel contrapposto interesse alla tutela della privacy.

Si ricorda che ciascun proprietario di un fondo o, nel nostro caso, di un appartamento, gode del diritto di veduta.

Proprio in virtù dell'importanza del suddetto diritto, il codice civile impone di osservare particolari distanze nelle costruzioniper impedire che la veduta venga “occlusa”, garantendo il giusto contemperamento con gli altri diritti, quali quello alla riservatezza.

Per completezza, si precisa che la servitù di veduta è un diritto reale che garantisce al suo titolare il diritto di guardare ed affacciarsi sul fondo altrui.

La circostanza che dal proprio terrazzo si goda di un panorama particolare, sia esso il mare o la montagna, non va confuso con il diritto di cui trattasi.

La panoramicità del luogo o la sua amenità, infatti, rappresenta una situazione di fatto che trova tutela non già nella servitù di veduta, ma in quella che impedisce di sopraelevare [4] (la cosiddettaservitusaltius non tollendi) [5].

Casistica.La valutazione sull'applicabilità dell'art. 907 c.c., ossia sul rispetto delle distanze legali, non è mai assoluta, ma viene rimessa al giudice. Per questo motivo, vi sono pronunce in cui l'art. 907 c.c. ha trovato applicazione ed altre in cui, invece, sono prevalsi altri diritti.
Ad esempio, non è stata osservata la disciplina sulle distanze legali nel caso dell'installazione, sul muro comune, di una tenda con comando a manovella, posta al di sotto della veduta di un altro condomino, giacché la stessa non pregiudicava la visuale né diminuiva l'aria del proprietario dell'appartamento soprastante (Cass. n. 2873/1991; Trib. Genova 9 dicembre 2009).

Inoltre, una tenda a manovella non si riteneva rientrante nel concetto di “costruzione” di cui all'art. 907 c.c., in quanto difettava del requisito della stabilità e della immobilità rispetto al suolo.

Al contrario, in un'altra situazione, i giudici hanno ritenuto di applicare la disciplina sulle distanze per una tenda stabile, ancorata al muro sotto la veduta di un altro condomino.

La ragione della decisione è da ravvisarsi nella lesione permanente della visuale del proprietario del piano superiore, stante la natura duratura della tenda (Corte Appello Firenze 1373/2010).

In un altro caso, il giudicante ha ritenuto ammissibile l'installazione di una tenda che toglieva la visuale laterale al proprietario del balcone confinante.

Egli ha ritenuto che non dovessero osservarsi le distanze di cui all'art. 907 c.c. essendo i due balconi situati a meno di 3 metri uno dall'altro.

Nella sua valutazione, il giudice ha considerato la struttura dell'edificio e la compatibilità della distanza legale con i diritti degli altri condomini(Cass. n. 11392/1991).

Conclusioni. L'installazione di una tenda non deve andare a discapito della sicurezza dell'appartamento sovrastante né togliergli la visuale né sporgere oltre la balaustra.

La tenda può essere installata anche in una zona comune di cui si abbia l'uso esclusivo, purché non vengano tolte aria, luce e veduta appiombo ai condomini dei piani superiori (Cass. n. 11392/1991).

Devono essere rispettate le disposizioni sulle distanze legali (art. 907 c.c.) se la tenda per fattura, dimensioni e modalità di utilizzo può essere considerata alla stregua di una costruzione (Cass. n. 22838/2005).

Tuttavia, nella valutazione, il giudice dovrà considerare la struttura dell'edificio e la compatibilità della distanza legale con i diritti degli altri condomini.

In buona sostanza, in materia condominiale, non esiste un diritto assoluto di veduta, in quanto lo stesso deve essere contemperato con le esigenze ed i diritti degli altri proprietari.

Avvocato del Foro di Savona


[1] La Suprema Corte interpreta il lessema “costruzioni” in senso ampio e giunge a comprendervi anche opere che non sono letteralmente tali. Spetta al giudice la valutazione sulla circostanza che il manufatto ostacoli o meno la vista del vicino: «tale valutazione è ritenuta necessaria non in tutti i casi, ma soltanto laddove l'opera eseguita non integri un fabbricato in senso tecnico e proprio, ma un manufatto diverso (quale ad esempio una rete plastificata o una recinzione in telo), non costituente costruzione in senso tecnico, pur nell'accezione molto ampia accolta dalla giurisprudenza; con riferimento a tali manufatti si sostiene che essi, ai fini della tutela del diritto di veduta, appaiono assimilabili al fabbricato soltanto a condizione che effettivamente ne ostacolino l'esercizio» (Cass. Ord. n. 7269/2014).

[2] Vedasi BIANCA, Diritto civile. La proprietà, 6, Milano, Giuffrè, 1999, 280 ss.

[3] In tal senso vedonsiCass., Sez. II, 25 ottobre 2006 n. 22844; Cass., S.U., 28 novembre 1996, n. 10615.

[4] La servitù di non sopraelevare è negativa, in quanto comporta un “non fare”. Inoltre, è considerata una servitù “non apparente”.

La conseguenza più importante è data dalla circostanza che non possa acquisirsi per usucapione (Cass. n. 4816/2000).

Pertanto, il fatto di aver goduto di un certo panorama per oltre vent'anni non fa maturare la relativa servitù, giacché, in questo caso, non opera l'acquisto per usucapione.

[5] In tal senso vedasi: Maurizio de Tilla, voce Servitù prediali, in Il Diritto, Enciclopedia Giuridica del Sole 24 ore, a cura di Salvatore Patti, 2007,Vol. 14, 395 ss.

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