L’altezza del parapetto incide e non poco sulla configurabilità dello stesso come parte di un affaccio sul fondo del vicino e quindi sul rispetto delle norme dettate in materia di distanze dalle vedute (artt. 900 e 905-907 c.c.)..
Questa, in estrema sintesi, la decisione resa dalla Corte di Cassazione in una sentenza, depositata in cancelleria lo scorso 5 novembre..
Come si è arrivati a questa pronuncia?.
Per descrivere il fatto useremo nomi di fantasia. Tizio costruisce un parapetto sul lastrico solare della sua proprietà e Caio, proprietario del fondo confinante, lo “trascina in giudizio” chiedendone l’arretramento in quanto costituendo una veduta, tale manufatto è stato costruito senza tenere conto delle norme sulle distanze..
All’esito del giudizio di secondo grado la domanda viene respinta: il parapetto, dicono i giudici d’appello, non può essere considerato tale ai fini della configurabilità della veduta in quanto alto meno di un metro, per la precisione 90 cm; ciò, per comune esperienza, rende estremamente pericoloso l’affaccio. Di conseguenza non c’è alcuna veduta..
Da qui il ricorso per Cassazione il quale, vedremo a breve il perché, è stato bocciato..
Si legge in sentenza che “ per configurarsi gli estremi di una veduta ai sensi dell'art. 900 u.p. c.c, conseguentemente, soggetta alla regole di cui ai successivi artt. 905 e 907, è necessario che le c.d. inspectio et prospectio in alienum, vale a dire le possibilità di "affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente", siano esercitagli in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza (al riguardo v., tra le altre, Cass. nn. 5904/81, 3265/87, 7267/03), ed escludendo in concreto,sulla scorta di ragionevoli considerazioni basate, ex art. 115 co. 2 c.p.c., su nozioni di comune esperienza, che tali condizioni ricorressero nel caso di specie, in cui il muretto perimetrale del terrazzo è risultato essere alto soltanto cm. 90..
La sola considerazione,basata su un dato di oggettiva inconfutabilità, che tale altezza corrisponda, più o meno, a quella del "basso ventre" di una persona di ordinaria statura (da intendersi, come già è stato precisato da questa Corte, compresa tra i limiti minimi e massimi che normalmente si registrano nell'ambito della popolazione, e non necessariamente coincidente con la media di tali valori: v. sent. nn. 76267/93, 3285/87) così da non consentire l'adeguata protezione del "petto" della stessa nell'eventuale affaccio (che comporterebbe intuibili e pericolosi sbilanciamenti in avanti dell'osservatore), risulta di per sé sola sufficiente ad escludere il requisito della sicurezza,a prescindere dalla rilevanza o meno dell'esiguità dello spessore del muretto in questione, manufatto che per la sua ridotta elevazione rispetto al pavimento neppure può definirsi un "parapetto" (Cass. 5 novembre 2012, n. 18910). Le norme di riferimento, citate dalla Corte di merito e dalla Cassazione, come massime comuni d’esperienza cui rifarsi per simili valutazioni, sono quelle dettate in materia di sicurezza sui cantieri di lavoro dal dpr n. 547/1955.