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Canna fumaria ricavata nel vuoto di un muro comune: chi paga i danni scaturiti da un incendio?

Incendio scaturito dalla canna fumaria ricavata nel vuoto di un muro comune: chi paga?
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

In tema di condominio, la canna fumaria, anche se ricavata nel vuoto di un muro comune, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere a uno solo dei condomini, se sia destinata a servire esclusivamente l'appartamento cui afferisce, costituendo detta destinazione titolo contrario alla presunzione legale di comunione.

In tal caso, non è possibile chiedere al Condominio i danni cagionati da un incendio scaturito dalla canna fumaria medesima, non sussistendone la responsabilità per mancata custodia ex art. 2051 c.c.

È quanto affermato dal Tribunale di Milano che, con la sentenza n. 11793 del 25.09.2013, ha respinto il ricorso di un condomino del secondo piano, che aveva chiesto al Condominio il risarcimento dei danni provocati da un incendio divampato dalla canna fumaria del vicino.

La decisione del tribunale meneghino consente di fare alcune considerazioni generali sulla "presunzione di comunione" delle parti dell'edificio indicate all'art. 1117 c.c., nonché sulla ripartizione dell'onere della prova nella cause di risarcimento dei danni da mancata custodia ex art. 2051 c.c.

vedi anche: (Quando è lecito appoggiare la canna fumaria sulla facciata del condominio?)

La presunzione dei condominialità. L'art. 1117 c.c. contiene un elenco di parti dell'edificio che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari, "se non risulta il contrario dal titolo".

L'elenco in parola ha carattere non tassativo, ma meramente esemplificativo, nel senso che è possibile ampliare o ridurre detto elenco. L'art. 1117 c.c. pone dunque una presunzione semplice di "condominialità" delle parti in esso indicate, che può essere superata dai soggetti interessati allegando la diversa natura (proprietà esclusiva o comune) della parte dell'edificio considerata, secondo quanto risulta da titolo.

(Quando la canna fumaria attraversa il muro perimetrale del condominio)

La particolare destinazione d'uso. La giurisprudenza è concorde nel ritenere che anche la "particolare destinazione d'uso" del bene sia idonea, al pari del titolo (contratto d'acquisto o regolamento contrattuale), a superare la presunzione di comproprietà ex art. 1117 c.c..

Il bene può dirsi comune solo quando, sulla base di elementi obiettivi, risulti l'attitudine funzionale (anche potenziale) del bene stesse a servizio o al godimento di tutti i condomini.

Ne consegue che "quando il bene, per le sue obiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una sola parte dell'immobile, la quale formi oggetto di un autonomo diritto di proprietà, ovvero risulti comunque essere stato a suo tempo destinato dall'originario proprietario dell'intero immobile a un uso esclusivo, in guisa da rilevare - in base a elementi obiettivamente rilevabili, secondo l'incensurabile apprezzamento dei giudici di merito - che si tratta di un bene avente una propria autonomia e indipendenza, non legato da una destinazione di servizio rispetto all'edificio condominiale, viene meno il presupposto per l'operatività della detta presunzione" (Cass. civ. 28.4.2004, n. 8119).

Nella fattispecie in esame, è stato accertato che la canna fumaria,collegata al camino in questione,era destinata a servire esclusivamente l'appartamento cui afferisce. Detta destinazione d'uso particolare costituisce titolo contrario idoneo a superare la presunzione legale di comunione ex art. 1117 c.c.

Pertanto, il Tribunale ha escluso la natura condominiale della canna fumaria, essendone l'uso potenzialmente fruibile al solo appartamento del piano terra di proprietà della convenuta.

La responsabilità del Condominio per mancata custodia vale solo per le parti comuni. La natura privata della canna fumaria comporta l'esclusione di qualsiasi profilo di responsabilità del Condominio per i danni da essa cagionati al condomino.

La responsabilità ex art. 2051 c.c., infatti, si fonda sul rapporto di fatto tra Condominio/custode e parti comuni, con conseguente obbligo di vigilanza del Condominio stesso, al fine di evitare che dalle cose in custodia possano derivare danni ai terzi e/o agli stessi condomini.

(Intossicazione per omessa manutenzione della canna fumaria. Chi ne risponde?)

Onere della prova. L'art. 2051 c.c. comporta precise conseguenze in tema di onere probatorio in sede processuale.Più esattamente: spetta all'attore la prova della derivazione del danno dalla cosa, nonché quella dell'esistenza di un rapporto di custodia tra il convenuto e la cosa stessa; spetta, invece, al convenuto la prova liberatoria del caso fortuito, ossia la prova di un evento eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, che - inserendosi nel decorso causale - interrompe il nesso eziologico tra la cosa in custodia e il danno (tra le altre, Cass. civ. n. 8500/2010).

Nel caso di specie, difettando la natura comune della canna fumaria, viene meno la possibilità di configurare un obbligo di vigilanza sul bene da parte del Condominio. Manca la prova dell'esistenza di un effettivo rapporto di custodia tra il Condominio e la canna fumaria e, di conseguenza, la derivazione del danno dalla cosa in custodia.In definitiva, non è possibile invocare la responsabilità del Condominio per mancata custodia,ex art. 2051 c.c, se non si prova la natura condominiale del bene da cui è scaturito il danno lamentato.

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