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L'applicabilità delle procedure di esdebitazione per i debiti condominiali: alcune riflessioni

Crediti condominiali e procedure di esdebitazione.
Avv. Michele Orefice - Foro di Catanzaro 

L'indebitamento privato rappresenta una costante della storia dell'umanità, tant'è che ripercorrendo gli avvenimenti storici di ogni Comunità si ripropone sempre il problema dell'aumento del debito di famiglie e imprese, che i reggenti di turno cercano di contenere facendo appello al classico condono.

Fin dal tempo degli antichi romani, i politici presentano leggi volte a condonare i debiti dei privati, per frenare la crescita dell'indebitamento e dare una risposta ai problemi economici, nella speranza di procurarsi il consenso degli elettori.

Basti pensare a Lucio Sergio Catilina, che intorno all'anno 63 a.C., quando a Roma imperversava la crisi economica ed i debiti superavano di gran lunga il denaro circolante, per ingraziarsi la plebe, si candidò al consolato, promettendo agli elettori il condono dei debiti.

A distanza di secoli, nulla è cambiato, giacché in Italia si assiste, ancora oggi, ad una situazione economica intricata e critica, come quella dell'antica Roma, con tanti cittadini intrappolati dai loro debiti.

Parliamo di chi, con il reddito percepito, non ce la fa più a pagare i debiti scaduti, per tributi, bollette, carte revolving, rate di mutuo, rate di finanziamenti e soprattutto rate di condominio.

Ebbene, per trovare una via d'uscita alla situazione di difficoltà economica che vivono i cittadini sovraindebitati, ora come allora, i politici hanno pensato bene di adottare una sorta di condono dei debiti.

Nello specifico si tratta della Legge n. 3 del 27/01/2012, che introduce, appunto, il concetto di sovraindebitamento, ossia la condizione sociale tipica di chi, a causa di svariate ragioni, non ha la disponibilità di un "patrimonio prontamente liquidabile, per far fronte alle obbligazioni assunte".

Può capitare, infatti, che alcuni spendano più di quanto guadagnino, con la conseguenza che, ad un certo punto, i loro debiti diventano nettamente superiori rispetto al loro reddito disponibile.

A risolvere tale situazione di sovraindebitamento ci ha pensato la legge n. 3/2012, che consente, ad alcune categorie di debitori, la possibilità di liberarsi dalle obbligazioni assunte nei confronti di società finanziarie, Fisco, banche, Equitalia e altri tipi di creditori, negoziando la diminuzione del debito, fino al 60-90% dell'importo dovuto.

Ad esempio, è stata ridotta a 11.000,00 euro la cifra di 86.000,00 dovuta da un privato a Equitalia (Trib. Busto Arsizio del 16/09/2014/decreto ex art. 12 bis Legge 3/2012).

Sotto tale profilo, in effetti, il sovraindebitamento di cui alla Legge n. 3/2012, di fatto, realizza uno scopo diverso, cioè quello di accordare al debitore una vera e propria esdebitazione.

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Ma di preciso cos'è una procedura di esdebitazione?

L'istituto della esdebitazione nasce come mezzo processuale di natura contenziosa, che serve a limitare l'aggressione, senza tempo, dei beni del fallito, da parte dei suoi creditori concorrenti, che siano stati soddisfatti, almeno in parte.

Analizzando brevemente tale procedura, si osserva come ai fini dell'esdebitazione sia essenziale che l'avvocato incaricato dal fallito proceda a presentare un ricorso al Tribunale, dov'è pendente il fallimento, per chiedere di verificare la sussistenza dei presupposti da sovraindebitamento necessari a concedere il beneficio dell'inesigibilità dei debiti residui.

In generale, l'esdebitazione può essere concessa se sussistono i requisiti soggettivi ed è intervenuto il pagamento dei creditori privilegiati.

Al contrario, ai sensi dell'art. 142, II° comma della Legge fallimentare "l'esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali".

All'esito delle intervenute verifiche, in caso di esito positivo, il Tribunale decide, con decreto motivato di esdebitazione, che ha l'effetto di liberare il fallito dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti.

Da qualche anno, poi, con l'approvazione della Legge 3/2012 e precisamente dell'art. 14-ter decies, la possibilità di ricorrere alla procedura di sovraindebitamento è stata riconosciuta anche ai consumatori ed ad altri soggetti esclusi dalle procedure fallimentari, in modo del tutto speculare alle disposizioni della Legge fallimentare di cui agli art. 142 e 143 del Regio Decreto n. 267/42.

In particolare, ai fini dell'esdebitazione del debitore-persona fisica è necessario che la situazione di "sovraindebitamento", di cui alla Legge n. 3/2012, rappresenti un'incapacità definitiva del debitore di pagare regolarmente i propri debiti, ossia una condizione permanente di sbilanciamento tra le obbligazioni assunte dal "sovraindebitato" ed il suo patrimonio prontamente liquidabile.

In presenza di tale condizione permanente il debitore sovraindebitato, che può essere anche un imprenditore individuale, piccolo o agricolo, oppure un libero professionista o ancora un fideiussore dei debiti del fallito, ha la possibilità di far depositare al suo avvocato un'istanza, presso il Tribunale, per far nominare un organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento (O.C.C.) o un professionista abilitato, avvocato, notaio o commercialista.

Tali soggetti qualificati aiuteranno il debitore a redigere e depositare, ai sensi dell'art. 8 della Legge n. 3/2012, "la proposta di accordo o di piano del consumatore", che di fatto sono qualificabili come procedure concorsuali, essendo ambedue affini ad un concordato preventivo, in termini di "ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti".

In buona sostanza, l'accordo di ristrutturazione del debito, può essere proposto dagli imprenditori o i professionisti, per i debiti contratti in ragione della propria attività, ed in questo caso il giudice non decide da solo, in quanto lo stesso accordo deve essere accettato da tanti creditori che rappresentino almeno il 60% del debito; il piano del consumatore, invece, può riguardare anche i soggetti che hanno assunto debiti non connessi ad alcuna attività ed in tal caso è il giudice a decidere in autonomia circa l'omologazione della stesso piano disponendo per un adeguata pubblicità del provvedimento.

In via residuale, nel caso in cui le due procedure appena descritte non potessero essere attivate, il debitore potrebbe richiedere la liquidazione dei suoi beni, per il tramite di un liquidatore nominato dal Tribunale, che si occuperà di vendere i beni e pagare proporzionalmente tutti i debiti.

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Ma l'esdebitazione può riguardare i debiti condominiali e poi il condominio può usufruirne?

Innanzitutto, al di là dell'esdebitazione del fallito, occorre evidenziare che la Legge n. 3/2012, non spiega per quali debiti sia possibile ricorrere alla procedura di sovraindebitamento, elencando, però, all'art. 14 ter decies commi 2 e 3, quei debiti per i quali l'esdebitazione non opera e tra i quali non compare il debito condominiale.

Pertanto, interpretando alla lettera la norma, nulla osta a che il debito condominiale possa essere soggetto ad una procedura di esdebitazione.

Vale la pena di ricordare che neanche le obbligazioni tributarie sono escluse dall'esdebitazione (Cass. n. 23129/2014).

Addirittura, dall'interpretazione letterale dell'art. 142 Legge fallimentare, pare che il fallito, che ottenga il beneficio dell'esdebitazione, possa ottenere finanche il condono dell'iva.

Per quanto riguarda il condominio, essendo un ente di gestione, privo di soggettività giuridica, non è pensabile che possa servirsi della procedura di sovraindebitamento contro i suoi creditori-fornitori, anche perché compete direttamente ai singoli condòmini rispondere delle obbligazioni condominiali contratte dall'amministratore.

È noto che i contratti non possono vincolare l'amministratore che li firma, "ma i singoli condòmini consumatori" così come definiti dall'art. 3 del Codice del consumo, ovverosia persone fisiche che agiscono per fini estranei all'attività imprenditoriale o professionale (Cass. ordinanza n. 452/2005).

Piuttosto "al contratto concluso con un professionista da un amministratore di condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applica la disciplina di tutela del consumatore, agendo l'amministratore stesso come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale" (Cass. n. 10679 22/05/2015).

Ne discende, dunque, che il condomino, in qualità di consumatore, può ricorrere alla procedura di sovraindebitamento, per rinegoziare i propri debiti, e quindi anche quelli condominiali.

Per quanto riguarda il piano del consumatore, dunque, spetta al giudice omologare il piano tramite un decreto, che dichiari inesigibili nei confronti del debitore i crediti non soddisfatti integralmente, liberando di fatto il consumatore sovraindebitato dei suoi debiti.

Abbiamo già detto che per quanto riguarda il piano del consumatore, spetta al giudice omologare il piano tramite un decreto, che dichiari inesigibili nei confronti del debitore i crediti non soddisfatti integralmente, liberando di fatto il consumatore sovraindebitato dei suoi debiti.

Ma cosa comporta l'esdebitazione dei debiti condominiali?

In generale, consentire a qualcuno di non pagare i propri debiti comporta che gli stessi debiti saranno pagati da qualcun altro. Per esempio, nel caso in cui non si paghino i debiti verso la banca, la contropartita sarà che la stessa banca li recupererà dai debitori solventi, sotto forma di aumento dei tassi di interessi.

E ancora, nel caso in cui non si paghino le imposte allo Stato, la contropartita sarà che le stesse imposte aumenteranno per gli altri contribuenti, con possibili ripercussioni sulla qualità dei servizi pubblici.

Ragionando in termini condominiali, in caso di concessione del beneficio di esdebitazione da parte del Tribunale, le spese di condominio non pagate dal sovraindebitato dovrebbero essere corrisposte dagli altri condòmini solventi.

A tal proposito è doveroso osservare che, in caso di proposta di accordo di ristrutturazione del debito, ogni decisione relativa alla riduzione del debito condominiale, riferita alla rinegoziazione proposta dall'insolvente, deve essere sottoposta dall'amministratore di condominio alla valutazione e decisione dell'assemblea condominiale.

Ciò in quanto l'accoglimento della proposta di rinegoziazione delle quote condominiali, può realizzarsi soltanto con l'approvazione unanime di tutti i partecipanti al condominio, che devono farsi carico delle quote eventualmente abbuonate al sovraindebitato. È risaputo che la contabilità del condominio deve andare a pareggio.

E quindi l'amministratore, che è il soggetto deputato a ricevere la proposta del condomino-debitore, non potrebbe decidere di accogliere autonomamente la proposta di rinegoziazione del debito del sovraindebitato nei confronti del condominio, tipo un saldo e stralcio sul dovuto, con quote a carico degli altri condòmini.

È ovvio che l'amministratore ha l'obbligo di riscuotere, anche coattivamente, le quote condominiali ma non ha il potere di rinegoziare i saldi e le quote approvate dall'assemblea condominiale.

Per quanto riguarda il piano del consumatore si osserva come la totale discrezionalità lasciata al giudice, per l'omologazione dello stesso piano proposto dal debitore-condomino, rischi di baipassare la protezione che il legislatore ha riservato ai contributi condominiali, in termini di provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, ex art. 63 comma 1 disp. att. c.c.

In conclusione, senza entrare nel merito dei forti dubbi sulla costituzionalità delle norme riferite alle procedure di esdebitazione per rinegoziazione del debito, si evidenzia, più semplicemente, come il Tribunale dovrebbe essere tenuto a giudicare, con equità, valutando, attentamente, i contrapposti interessi in campo, e cioè quello del condomino sovraindebitato da un lato e quello del condominio dall'altro.

In tal senso l'espropriazione dei diritti di credito che vanta il condominio nei confronti del condomino debitore, dovrebbe rappresentare un'ipotesi residuale per il collegio giudicante.

In definitiva la situazione condominiale suggerisce sempre equilibrio, anche perché il decreto del Tribunale, che concede al condomino sovraindebitato il beneficio dell'esdebitazione del debito condominiale, di fatto, rappresenta un'espropriazione invertita a carico del condominio-creditore, o meglio dei soliti condòmini "solventi" condannati a pagare il debito condonato per legge.

Avv. Michele Orefice

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