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Anagrafe condominiale e principio di apparenza del diritto. Prime applicazioni giurisprudenziali.

L'ingiunzione di pagamento va rivolta esclusivamente nei confronti del vero proprietario dell'immobile.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro di Lecce 

Va revocato il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del coniuge non proprietario, anche se residente nell'appartamento in condominio con la moglie, unica proprietaria dell'immobile.

Infatti, in caso di azione giudiziale dell'amministratore per il recupero di oneri condominiali non pagati,l'ingiunzione di pagamento va rivolta esclusivamente nei confronti del vero proprietario dell'immobile, unico legittimato passivo del rapporto condominiale.

È questo il principio espresso dal Tribunale di Torino con la sentenza n. 6388 del 3 novembre 2015.

Il provvedimento ribadisce ancora una volta la non applicabilità del principio dell'apparenza in ambito condominiale e, dunque, la non configurabilità del c.d. “condòmino apparente”.

La questione è stata affrontata dal giudice piemontese anche alla luce delle novità introdotte dalla legge di riforma del condominio 220/2012, in materia di anagrafe condominiale e di responsabilità solidale del venditore con l'acquirente dell'immobile per il pagamento delle quote condominiali.

Secondo il tribunale, le nuove norme non solo escludono, ma consolidano l'orientamento della Cassazione in ordine alla esclusione del principio dell'apparenza in materia di condominio.

La vicenda. Il caso preso in esame riguarda una coppia, marito e moglie, residenti in un appartamento in condominio, di proprietà esclusiva della moglie. L'amministratore del condominio chiede ed ottiene decreto ingiuntivo nei confronti di entrambi i coniugi per il recupero di oneri condominiali non pagati.

A questo punto, il marito si oppone all'ingiunzione di pagamento eccependo il suo difetto di legittimazione passiva, in quanto non proprietariodell'immobile e, quindi, estraneo al rapporto condominiale.La difesa del Condominio, pur non contestando la non titolarità del diritto di proprietà, sostiene però la validità del decreto ingiuntivo, ritenendo il marito un “condomino apparente”.

Egli infatti si è, da sempre, presentato ai condòmini e allo stesso amministratore come proprietario dell'immobile, nel quale risiede con la moglie.

In tale qualità,ha sempre partecipato alle assemblee condominiali e, da ultimo, anche al tentativo di conciliazione esperito prima del procedimento monitorio.Ci sarebbero poi una serie di e-mail, in cui il marito si riconosce debitore, insieme alla moglie, delle somme contestate.

Insomma, per il Condominio si sono tutti gli estremi per poter applicare il principio di apparenza, anche in considerazione delle novità introdotte dalla riforma agli artt. 1130 c.c. e 63 disp. att. c.c., rispettivamente, in tema di anagrafe condominiale e di responsabilità solidale del venditore con l'avente causa per il pagamento degli oneri condominiali.

Il principio di apparenza.Il principio dell'apparenza del diritto è un presidio di creazione giurisprudenziale a tutela dell'affidamento del terzo. Per la sua applicabilità, è richiesto il giustificato e incolpevole convincimento del terzo che la situazione di fatto coincida con la fattispecie giuridica falsamente rappresentata.

Si pensi al conduttore che si comporta come se fosse il proprietario dell'immobile, o, come nel caso in esame, al coniuge che partecipa alle assemblee al posto della moglie, unicaproprietaria dell'appartamento in condominio.

Ciò premesso, la giurisprudenza è ferma nell'escludere l'operatività di tale principio in materia condominiale (cfr. Cass. civ. n. 1627 del 25.1.2007).

Le cause di esclusione sono essenzialmente da ricondurre al fatto che il rapporto fra Condominio e condòmino è imperniato sull'inderogabile presupposto del diritto di proprietà, motivo per cui le suindicate condotte non hanno alcun rilievo rispetto all'individuazione dell'obbligato alla contribuzione pro quota.

Al tempo stesso, la proprietà immobiliare è assoggettata ad un rigido regime pubblicitario, che ha lo scopo di eliminare ogni incertezza sulla coincidenza o meno tra situazione di fatto e di diritto.

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Registri pubblici.In ogni momento è possibile verificare, tramite i pubblici registri, la sussistenza o meno del diritto in capo al soggetto che si appalesa condomino, eliminando gli situazione di “apparenza”.

Ne consegue che non può esservi alcuna tutela dell'apparenza del diritto, poiché ciò si tradurrebbe in un indebito vantaggio a favore del Condominio che ha colpevolmente trascurato di accertare la realtà dei fatti (Cass. Civ. n. 8824/2015).

Senza considerare fatto che una condotta così poco prudente esporrebbe il condominio al rischio di non soddisfare il credito in caso di incapienza del supposto debitore: “…l'amministratore che agisce contro il condomino apparente, nell'ipotesi in cui quest'ultimo sia privo di beni, potrebbe non vedere soddisfatto il credito azionato, con grave pregiudizio per la gestione condominiale.

Laddove, invece, essendo il vero condomino proprietario dell'unità immobiliare, l'amministratore che agisce contro di lui può utilmente esperire tutti i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale (in particolare chiedere sequestro conservativo: art. 2905 c.c. e 671 c.p.c.) per il soddisfacimento del credito” (cfr. Trib. Torino n. 6755/2012)

L'anagrafe condominiale.Secondo il tribunale di Torino, il suindicato indirizzo non pare mutato neppure a seguito delle modifiche introdotte con la riforma del 2012 all'art. 1130 c.c. in tema di anagrafe condominiale, come ha invece cercato di sostenere la difesa del Condominio.

Infatti, l'anagrafe condominiale rappresenta una mera rubrica la cui compilazione è affidata alla collaborazione volontaria di tutti i condomini, ma non sostituisce le risultanze e gli effetti dei pubblici registri né esime l'amministratore da una verifica degli stessi prima di avviare l'azione giudiziale.

Sul punto, il Tribunale osserva che “in relazione alla tenuta del registro di anagrafe condominiale, l'obbligo di comunicazione in forma scritta all'amministratore di ogni variazione dei dati entro 60 giorni comporta – quale unica conseguenza prevista dalla legge – che, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, l'amministratore faccia richiesta delle informazioni necessarie e, decorsi 30 giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, acquisisca le informazioni necessarie, addebitandone il costo al responsabile.

Proprio tale norma evidenzia l'importanza per il legislatore della verifica, in sede condominiale, tra l'altro, dell'effettiva proprietà delle unità immobiliari”.

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La responsabilità solidale del ex condomino-venditore. Parimenti, il giudice torinese ha respinto anche la tesi che consentirebbe l'applicazione del principio di apparenza alla luce del nuovo art. 63 disp. att. c.c.

Le nuove norme dispongono che il venditore resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

Tale previsione, secondo la difesa del Condominio, confermerebbe che l'amministratore “non ha il potere di pretendere la consegna dei titoli di proprietà dai condomini, in quanto la consegna dei relativi documenti è una libera scelta dei proprietari, che diventa opportuna solo per eliminare la responsabilità solidale”.Secondo il Tribunale, invece, tale argomento non è pertinente e non sposta in alcun modo i principi su cui si basa la negazione del principio di apparenza in materia di condominio.

Invero, “la predetta solidarietà è appunto prevista dalla legge nel caso specifico di trasferimento della proprietà dell'immobile al fine di non appesantire la gestione condominiale e l'attività di riscossione dei contributi con continue verifiche sulla perdurante titolarità della proprietà delle unità immobiliari, ma, proprio per la specificità della previsione, non può trarsi dalla norma alcun principio generale e tantomeno essa è idonea ad inficiare i presupposti del richiamato orientamento giurisprudenziale”.

La decisione. Escluso il principio dell'apparenza, il giudice ha accolto l'opposizione e revocato il decreto ingiuntivo opposto a favore del coniuge non proprietario.

Rimane dunque fermo il principio secondo il quale “in caso di azione giudiziale dell'amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di un'unità di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale poiché difettano, nei rapporti fra condominio, che è ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l'operatività del predetto principio strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dell'affidamento del terzo in buona fede, ed essendo, d'altra parte, il collegamento della legittimazione passiva alla effettiva titolarità della proprietà funzionale al rafforzamento e al soddisfacimento del credito della gestione condominiale” (Cass. civ. n. 1627 del 25/01/2007).

I precedenti. La pronuncia in commento si pone nel solco dei precedenti arresti giurisprudenziali in materia, tutti sfavorevoli all'applicabilità del principio dell'apparenza in ambito condominiale.

A tal proposito, si segnala, tra le altre, la recente Cass. civ. n. 8824/2015, laddove si specifica che non può invocare il principio dell'apparenza il condominio che abbia trascurato di accertare la realtà sui pubblici registri. Ancora, si segnala la recentissima sentenza del Tribunale di Bari n. 1355 del 10 marzo 2016 che ha escluso la legittimazione passiva del conduttore destinatario, insieme al proprietario, del decreto ingiuntivo per il pagamento di oneri condominiali.

Solo il proprietario dell'unità immobiliare è legittimato passivo al decreto ingiuntivo promosso dal condominio per il recupero giudiziale della contribuzione pro quota, anche se il conduttore, con i propri comportamenti, ha ingenerato l'apparenza di essere anch'egli proprietario dell'immobile.

Sentenza
Scarica Tribunale di Torino n. 6388 del 3 novembre 2015
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