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Ristrutturazione di un immobile e ampliamento di un soppalco. E' un problema di dimensioni.

Ampliamento di un soppalco e permessi edilizi.
Avv. Leonarda Colucci - Foro di Brindisi 

Il Tar Campania ha stabilito che nella ristrutturazione di un immobile l'ampliamento del soppalco per scopi residenziali oltre i limiti massimi consentiti dal regolamento comunale comporta come conseguenza la realizzazione di un manufatto che non poteva essere autorizzato né con DIA, né con permesso di costruire, di conseguenza lo stesso può essere sanzionato solo con la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi.

Due le domande alle quali offre una chiara risposta la sentenza in questione e cioè quali caratteristiche devono avere i soppalchi per essere sottratti a DIA e permesso di costruire, e se il potere sanzionatorio dell'amministrazione si esaurisca nel tempo a fronte di un abuso commesso molto tempo prima dall'emissione dell'ordine di demolizione.

Il fatto. I proprietari di un immobile oggetto di ristrutturazione, in seguito alla realizzazione di un soppalco abusivo, ricevono un'ordinanza dirigenziale dell'Ufficio tecnico comunale che ha disposto la demolizione di tale opera in quanto realizzata in assenza di permesso di costruire.

I destinatari del provvedimento lo impugnano dinanzi al giudice amministrativo chiedendone l'annullamento sostenendo che nella realizzazione del soppalco, peraltro esistente nella loro abitazione già da diverso tempo, erano stati rispettati i criteri previsti dal regolamento edilizio comunale.

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La sentenza del Tar. I giudici amministrativi della terza sezione del Tar Campania hanno respinto il ricorso soffermandosi sul rapporto che deve sussistere fra superficie del solaio rispetto all'appartamento sottostante affinché tale manufatto possa essere sottratto all'obbligo di Denuncia di inizio attività ed al conseguimento di permesso di costruire.

Nel caso di specie la sentenza rileva come la condizione che deve sussistere affinché il solaio sia realizzato senza presentare una Dia, e senza munirsi di permesso di costruire, è che tale manufatto non superi il 40% della superficie dell'intero appartamento, limite che, nel caso di specie, è stato ampiamente oltrepassato.

Riguardo al secondo motivo posto a fondamento del ricorso, in base al quale i ricorrenti sostengono l'omissione da parte dell'Ufficio tecnico comunale del "preventivo e necessario accertamento tecnico attestante, ai sensi dell'art. 33 del Dpr 380/2001, la possibilità di demolire le opere e di ripristinare lo stato dei luoghi senza arrecare pregiudizio alle opere già esistenti ed assentite, senza arrecare danni alla restante parte del fabbricato legittimamente realizzato".

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A tal proposito il Tar precisa che:

a. l'ordine di demolizione è il primo rimedio all'abuso commesso, mentre la possibilità di sanare l'abuso con una sanzione pecuniaria può essere disposta solo in un secondo momento e cioè quando il destinatario dell'ordine di demolizione non abbia spontaneamente adempiuto;

b.non può trovare accoglimento neanche l'ultimo motivo di ricorso secondo cui sarebbe venuto meno l'interesse pubblico alla demolizione di opere abusive realizzate molto tempo prima rispetto all'ordine di demolizione.

Alla luce di tali considerazioni i giudici hanno dichiarato infondato anche tale motivo riportandosi ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che ha già chiarito come " … la natura di illecito permanente degli abusi edilizi comporta l'applicabilità agli stessi della disciplina esistente al momento dell'adozione del provvedimento sanzionatorio e la vetustà dell'opera non esclude il potere di controllo e il potere sanzionatorio del Comune in materia urbanistico-edilizia, perché l'esercizio di tale potere non è soggetto a prescrizione o decadenza; ne consegue che l'accertamento dell'illecito amministrativo e l'applicazione della relativa sanzione può intervenire anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell'abuso, senza che il ritardo nell'adozione della sanzione comporti sanatoria …." (Tar Campania, sez. III, 6.7.2016, 3367; Consiglio di Stato, sez. VI, 8.4.2016 n. 1393).

I giudici amministrativi in base a tale ragionamento hanno respinto il ricorso, confermando l'ordine di demolizione del soppalco abusivo, condannando i ricorrenti anche al pagamento delle spese di giudizio.

Sentenza
Scarica Tar Campania, sez. III, del 27.12.2016 n. 5973
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