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Salumeria contro condominio: quando la tutela della qualità della vita e della salute prevale

Prevale l'esigenza della produzione del locale destinato a “salumeria” o quella di protezione dell'ambiente domestico riservato all'appartamento?
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

Tizio conveniva in giudizio Caio, esponendo che dal salumificio di quest'ultimo prevenivano nella sua abitazione, sita all'interno dell'edificio condominiale, dei rumori intollerabili, provocati dagli impianti di ventilazione/refrigerazione collocati lungo il muro perimetrale dello stabilimento.

L'attore chiedeva al Giudice, pertanto, di voler inibire l'immissione dei rumori, qualificati oltre soglia, e di voler quantificare, una volta accertati, un risarcimento del danno subito.

La vicenda, in tutta la sua portata, dopo aver dato seguito a due "belligeranti" gradi di giudizio (con lo svolgimento di apposita CTU fonometrica), è pervenuta avanti la Suprema Corte di Cassazione, la quale, con la pronuncia nr 6906 del 11.03.2019, ha chiarito sia il concetto di "normale tollerabilità" sia le modalità attraverso cui è possibile procedere alla liquidazione del danno in esame, in favore dei condòmini "molestati".

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Esaminiamo nel dettaglio i singoli passaggi esaminati, ciascuno dei quali rilevanti, in modo da comprenderne il rilievo e l'importanza.

1) Prevale l'esigenza della produzione del locale destinato a "salumeria" o quella di protezione dell'ambiente domestico riservato all'appartamento? La Corte di Cassazione ha avuto, più volte, occasione di affermare che le leggi ed i regolamenti che disciplinano le attività produttive e che fissano le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità in materia di immissioni perseguono interessi pubblici, disciplinando in via generale ed assoluta i livelli di accettabilità delle immissioni al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi (cfr, tra le tante, sent. Cass. 23754 del 2018).

Ciò significa che il superamento di tali livelli è sempre illecito.

Viceversa, eventualmente il mancato superamento non significa, necessariamente, che possa considerarsi lecito, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità - in ambito privatistico - essere effettuato alla stregua dei principi stabiliti dall'articolo 844 c.c.

Nei rapporti tra privati, infatti, la disciplina delle immissioni moleste in alieno va rinvenuta nella predetta norma, per cui, ove le immissioni non superino i limiti basati dalle norme d'interesse generale, il giudizio in ordine alla loro tollerabilità va compiuto secondo il prudente apprezzamento del giudice.

Quest'ultimo, in particolare, è tenuto a considerare la particolarità della situazione concreta, dandole priorità.

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A tal fine, viene argomentato che un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in disamina, impone al giudice di considerare prevalente la tutela della qualità della vita e della salute, nel contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, indipendentemente dalla priorità di un determinato uso.

Inoltre, la domanda di cessazione delle immissioni che superano la normale tollerabilità non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l'attuazione di quegli accorgimenti che siano correttamente idonei a eliminare la situazione pregiudizievole (cfr, Cass. N. 21504 del 2018).

2) Come quantificare il danno da rumori? Con riferimento al quantum debeatur, i giudici di legittimità hanno precisato che l'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'articolo 844 codice civile, comporta nella liquidazione del danno da immissione, quale danno sussistente in re ipsa (cioè, nella stessa natura delle cose.

In altri termini, non c'è bisogno di provarlo in sede processuale, siccome è insito nell'evento).

Ciò significa che per la relativa determinazione non occorre fare riferimento ad alcun criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità d'uso tra gli immobili in considerazione.

In caso come quello oggetto di esame - macelleria Vs unità abitativa sovrastante - viene in rilievo unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi.

Nel qual caso, si rientra, invero, nello schema dell'azione generale di risarcimento danni di cui all'articolo 2043 codice civile, e specificatamente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'articolo 2059 codice civile (Cassazione n. 5844/07; n. 20668/10).

Il danno non patrimoniale, dunque, ben può essere liquidato, dal giudice di merito, ricorrendo ai parametri dell'equità (nella fattispecie è stato ritenuto equo liquidare un nocumento inerente il disturbo al sono arrecato dai rumori nella somma di € 7.500,00 per gli occupanti l'appartamento sovrastante la salumeria).

Sentenza
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