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Dev'essere il proprietario dell'appartamento a dimostrare il maggior danno subito a causa della ritardata restituzione

Restituire l'immobile diversi mesi in ritardo, provare il maggior danno.
Avv. Alessandro Gallucci 

Tizio concede in locazione a Caio la sua unità immobiliare per 500 euro al mese; un prezzo di favore, afferma al momento della conclusione dell’accordo.

Al termine del contratto Caio tarda a restituire l’immobile diversi mesi.

Tizio, una volta ottenuto indietro il suo appartamento, gli fa causa chiedendo i danni.

A suo dire l’ex conduttore non solo gli doveva 500 euro per ogni mese in cui aveva detenuto, illecitamente, l’appartamento ma anche la maggior somma in relazione al fatto che quell’immobile poteva essere affittato ad un prezzo maggiore che indicava pari ad € 600.

La norma su cui fondare tale richiesta è l’art. 1591 del codice civile, rubricato Danni per ritardata restituzione, che recita:

Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno.

Attenzione, però: per ottenere una maggior somma non basta dire di aver subito un danno maggiore rispetto all’importo dovuto per contratto ma bisogna poterlo dimostrare.

Leggendo una recente sentenza della Cassazione, infatti, si comprende che “ il danno conseguente al pro trarsi dell'occupazione dell'immobile dopo la cessazione della locazione va determinato nell'ammontare del canone corrisposto durante l'esecuzione del contratto, cui può essere aggiunto il risarcimento del danno ulteriore, qualora il locatore ne faccia richiesta e ne dimostri l'esistenza.

Al fine di dimostrare il danno non è sufficiente che il proprietario provi che i canoni di mercato sono di importo superiore a quello effettivamente corrisposto dal conduttore; egli deve anche dimostrare che avrebbe potuto, di fatto e concretamente, percepire il maggior canone, dando in locazione ad altri l'immobile; che gli sono state presentate effettive occasioni in tal senso e che non ha potuto darvi corso a causa del protrarsi dell'occupazione” (Cass. 27 novembre 2012, n. 21004).

Questa prova – come ha detto la Cassazione e come evidenziammo in un precedente articolo - deve avere il carattere della rigorosità sia in ordine alla sua sussistenza che al suo concreto ammontare sul presupposto che l'obbligo risarcitorio non sorge anteriormente in base al valore locativo presumibilmente riconoscibile dall'astratta configurabilità dell'ipotesi di locazione o vendita del bene, ma va accertato in relazione alle concrete condizioni e caratteristiche dell'immobile stesso, alla sua ubicazione, alla sua possibilità di utilizzo, onde fare emergere il verificarsi di una lesione patrimoniale effettiva e reale nel patrimonio del locatore, dimostrabile attraverso la prova di ben precise proposte di locazione o di acquisto ovvero di altre concrete offerte di utilizzazione” (Cass. 26 ottobre 2012, n. 18499).

Certo è che non si può chiedere al locatore una prova oltre modo gravosa s’è vero, com’è vero, che in questa stessa pronuncia i giudici hanno specificato che “ la richiesta del maggior danno da parte del locatore medesimo per la mancata disponibilità del bene può essere provata secondo le regole ordinarie e, quindi, anche con presunzioni, avendo presente che la carenza di specifiche proposte di locazione relative a quell'immobile è obiettivamente giustificabile i proprio alla luce della persistente occupazione del bene da parte del conduttore, successivamente alla scadenza del rapporto (Cass. n. 1372/12)” (Cass. 26 ottobre 2012, n. 18499).

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