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Locazioni. Niente equo canone se l'utilizzo concreto è transitorio

Nessuna applicazione dell'equo canone e restituzione di quanto pagato in più, se si destina l'immobile ad uso transitorio.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro di Lecce 

Il conduttore non può richiedere l'applicazione dell'equo canone e la restituzione di quanto pagato in più, se ha destinato l'immobile non a uso abitativo, ma a uso transitorio. Si può sintetizzare così la decisione adottata dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 2702/17, depositata il 2 febbraio 2017.

Accolto il ricorso della società locatrice. Nel caso di specie, il contratto era stato sì stipulato per esigenze abitative primarie ma, in concreto, era stato poi destinato ad uso abitativo transitorio.

La conduttrice, infatti, viveva stabilmente a Ginevra e occupava sporadicamente l'appartamento di Roma, usandolo come “pied à terre” nelle rare volte che ritornava in Italia.

Ciò comporta,per la suprema Corte, l'inapplicabilità della legge sull'equo canone n. 392/78.

Anche all'appartamento di un edificio storico va applicato l'equo canone.

Secondo i giudici del Palazzaccio, bisogna guardare all'utilizzo concreto che l'affittuario ha fatto dell'immobile (anche a partire da un certo momento in poi) indipendentemente dall'esistenza di un accordo scritto.

Inoltre, la natura transitoria o meno non dipende dalla durata del contratto di locazione, ma dalla natura dell'esigenza abitativa, la quale può definirsi “santuaria” anche se prolungata nel tempo.

Il caso – Dopo aver rilasciato l'immobile nel 2010, all'esito della convalida di sfratto per finita locazione (contratto stipulato nel 1986),la conduttrice conveniva in giudizio la società locatrice, chiedendo di accertare l'importo del canone dovuto ai sensi della legge n. 392/1978, con condanna a restituire l'eccedenza, quantificata in circa 267.000 euro.

Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda, decisione che veniva confermata anche in secondo grado. A questo punto, la società locatrice proponeva ricorso in cassazione, sostenendo la non applicabilità al contratto in esame della legge sull'equo canone.

Infatti, l'appartamento, in particolare dopo la morte del marito, era stato occupato soltanto in modo saltuario dalla locatrice, che aveva il centro dei propri interessi all'estero.

La Cassazioneha accolto il ricorso, evidenziando gli errori commessi dai giudici d'appello. Tutto ruota intorno alla natura primaria o transitoria dell'uso abitativo dell'immobile.

Le norme prese in esame sono l'art. 80 della legge n. 392/78(“Se il conduttore adibisce l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione.

Decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo dell'immobile.

Qualora la destinazione ad uso diverso da quello pattuito sia parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso prevalente”) e l'art. 26, lett. a) della stessa legge (“Le disposizioni di cui al presente capo non si applicano: a) alle locazioni stipulate per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, salvo che il conduttore abiti stabilmente nell'immobile per motivi di lavoro o di studio”).

Legge sull'equo canone e calcolo del canone locatizio

Secondo la Cassazione, innanzitutto, è errato ritenere che l'uso abitativo di natura primaria fosse stato accertato, con forza di giudicato, nel precedente giudizio di convalida per finita locazione.

In realtà – affermano gli Ermellini – il giudicato formatosi sulla scadenza contrattuale al 30 settembre 2010 “non può essere esteso alla qualificazione del rapporto come relativo ad uso abitativo primario, poiché la scadenza contrattuale irrevocabile fissata a seguito della mancata opposizione dell'ordinanza di convalida è correlabile sia all'uso abitativo di natura primaria che all'uso abitativo di natura transitoria”.

Precisato ciò, la Corte ricorda che: “la natura transitoria delle esigenze abitative del conduttore, che comporta l'esclusione della locazione della sfera di applicazione delle norme della legge 27 luglio 1978 n. 392, deve essere desunta non dal termine di durata della locazione stabilito dalle parti ma dalla natura delle esigenza abitativa che, nelle locazioni transitorie, in quanto diversa da quella della normale e continuativa dimora, comporta una permanenza solo precaria e saltuaria del conduttore nell'immobile, assumendo carattere eccezionale e temporaneo

Nel caso di specie, il riferimento al nomeniuris del contratto originario, unitamente al riferimento alla durata quadriennale del rapporto ivi stabilita, non sono idonei alla formazione di alcun giudicato in merito alla tipologia della locazione abitativa, sulla quale il giudice di merito avrebbe perciò dovuto indagare specificamente.

In realtà, l'indagine sull'uso effettivo dell'immobile da parte del conduttore, diverso da quello pattuito, che determina la modifica del regime applicabile, prescinde dalla verifica della sussistenza di un apposito accordo, e men che meno di un accordo redatto per iscritto, che espressamente modifichi il contratto in essere tra le parti.

Quanto all'applicazione dell'art. 26 citato,nel vigore della legge n. 392/1978 è possibile distinguere tre sottotipi di contratti di locazione per uso abitativo:

  1. Locazioni per esigenze abitative stabili e primarie;
  2. Locazioni per esigenze abitative transitorie determinate da motivi di studio o di lavoro;
  3. Locazioni per esigenze abitative non stabili né primarie, ma genericamente transitorie.

Il primo sottotipo è soggetto all'applicazione della legge n. 392/78, il terzo ne è totalmente esonerato, mentre il secondo sottotipo è soggetto all'applicazione della legge n. 392/78, fatta esclusione per la durata legale.

Ora, nel caso in esame, i giudici d'appello hanno errato nel fare riferimento alle esigenze abitative transitorie per motivi di lavoro, sia perché del tutto estranee alle deduzioni delle parti, sia perché, ove esistenti, non avrebbero comportato l'esonero dell'applicazione dell'equo canone.Per gli Ermellini, occorre invece verificare la sussistenza o meno, in concreto, del sottotipo corrispondente alle esigenze abitative di natura saltuaria, “esigenze sussidiarie che ben possono protrarsi anche considerevolmente nel tempo, ed essere soddisfacentemente appagate mediante la protratta disponibilità di un alloggio”.

In conclusione, la sentenza va cassata e la questione rinviata ad altre sezione della Corte d'appello, che dovrà accertare il requisito obiettivo della reale situazione di fatto desunta dall'effettiva destinazione dell'immobile locato, verificando, in concreto, se, pur avuto riguardo al carattere primario delle esigenze abitative enunciate nel contratto, l'immobile locato fosse solo saltuariamente occupato dalla conduttrice,per le ragioni addotte dalla società locatrice, con la consapevolezza e la tolleranza da parte di quest'ultima.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, n. 2702 del 2 febbraio 2017
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