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Lavori appaltati all'impresa di un condòmino: quando scatta il conflitto di interessi?

La Cassazione chiarisce quando c'è conflitto di interessi.
Avv. Gabriele Voltaggio 

L'assemblea di condominio può legittimamente decidere di approvare una delibera con cui affidare, in appalto, l'esecuzione di lavori di manutenzione di parti comuni ad una impresa il cui titolare è uno dei condòmini, salvo che venga dimostrato concretamente un danno arrecato da quest'ultimo al condominio (Corte di Cassazione, ordinanza del 25 gennaio2018, n. 1853).

La vicenda. Nel corso di un'assemblea condominiale, veniva affidata in appalto l'esecuzione di lavori di manutenzione dell'edificio condominiale ad una impresa nonché approvati i relativi preventivi di spesa presentati da quest'ultima.

Due condomini impugnavano tuttavia tale deliberazione assembleare eccependo un conflitto di interessi in capo ad uno dei condòmini, in quanto titolare proprio dell'impresa incaricata dei lavori di manutenzione deliberati.

La domanda dei due condomini, accolta in primo grado, veniva poi respinta in Corte d'Appello, la quale non aveva ritenuto provato lo specifico conflitto di interessi.

Non era infatti dimostrata la circostanza che i lavori condominiali, se affidati in appalto ad altra impresa, avrebbero comportato un risparmio di spesa rispetto al corrispettivo da versare all'impresa del condomino.

Avverso tale sentenza, i due condomini proponevano ricorso in Cassazione, sostenendo che per annullare il contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi, non sarebbe servita la prova specifica di un concreto danno arrecato al rappresentato, ma sarebbe bastata la potenzialità del danno.

La normativa. Come noto, la giurisprudenza, grazie al ricorso ad un'applicazione analogica, ha ritenuto applicabile anche nelle assemblee di condominio l'art. 2373 c.c., norma riguardante il conflitto di interessi del socio nelle deliberazioni delle società per azioni.

Tra le due situazioni giuridiche vi sono infatti alcuni evidenti punti d'identità: in entrambe c'è la posizione conflittuale in cui l'interesse del singolo (socio o condomino) si pone rispetto a quello generale (della società o del condominio) e l'esigenza prioritaria di tutelare quest'ultimo.

Ebbene, ai sensi di tale disposizione, la deliberazione approvata con il voto determinante di soci (o condomini), che abbiano un interesse in conflitto con quello della società (o condominio), è impugnabile a norma dell'art. 2377 c.c. qualora possa recarle danno.

La sentenza. Chiarita la normativa di riferimento, ci si chiede allora se è impugnabile e, nella specie, invalidala delibera che affidi i lavori di ristrutturazione dell'edificio condominiale ad una società di cui è titolare uno dei condòmini.

Secondo la Suprema Corte, per ritenere configurato un conflitto di interessi è innanzitutto necessario dimostrare una sicura divergenza tra l'"interesse istituzionale del condominio" e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare.

Ma non basta. L'invalidità della delibera non discende solo dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio, ma dipende anche dalla dannosità, anche potenziale, della stessa deliberazione.

È cioè necessario dimostrare che la deliberazione approvata con il voto decisivo dei condomini in conflitto era diretta al soddisfacimento di interessi extracondominialie alla corrispondente esigenza di ledere l'interesse condominiale all'utilizzazione, al godimento ed alla gestione delle parti comuni dell'edificio.

Con riferimento al caso in esame, i condomini ricorrenti avrebbe dunque dovuto dimostrare la circostanza che i lavori condominiali, se affidati in appalto ad altra impresa, avrebbero comportato un risparmio di spesa rispetto al corrispettivo da versare all'impresa del condomino in asserito conflitto.

Mancando quindi la prova concreta dello specifico conflitto di interessi denunciato, la delibera non poteva essere dichiarata invalida.

In tema di sindacato giudiziale sulle delibere condominiali, la Corte di legittimità ha poi voluto ribadire che il Giudice dovrà limitarsi al riscontro della legittimità di esse, senza estendersi a valutazioni di merito o di opportunità, né al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei partecipanti.

La Cassazione ha, infine, rilevato che le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del numero minimo per la valida costituzione dell'assemblea sia per quello necessario per deliberare, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio.

Ne consegue che tali soggetti possono (e non devono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento dell'organo assembleare.

Obbligo dell'amministratore ad esibire il contratto di appalto

Conclusioni. L'assemblea di condominio può legittimamente decidere di approvare una delibera con cui affidare, in appalto, l'esecuzione di lavori di manutenzione dell'edificio condominiale ad una impresa il cui titolare è uno dei condòmini.

Non può infatti considerarsi configurato un conflitto di interessi se non venga dimostrato un danno specifico arrecato dal condòmino in potenziale conflitto al condominio (ad es. qualora i lavori di manutenzione, se affidati in appalto ad altra impresa, avrebbero comportato un risparmio di spesa rispetto al corrispettivo da versare all'impresa del condomino).

In ogni caso, anche al fine del raggiungimento delle maggioranze necessarie per l'approvazione delle delibere, i condomini in potenziale conflitto di interessi non hanno il dovere ma la mera facoltà di astenersi dalla votazione, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento dell'organo assembleare.

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