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L'amministratore fugge con il malloppo o con gli spiccioli? E' sempre colpevole di appropriazione indebita

La misura del denaro di cui s'è appropriato il professionista non è determinante ai fini della configurabilità del reato.
Avv. Alessandro Gallucci 

Una delle paure più ricorrenti dei condomini è che l’amministratore fugga con la cassa, insomma, per dirla più volgarmente che “ se la squagli con il malloppo”. A quel punto situazione diventa delicata.

L’ammanco, infatti, salvo riacciuffare il mandatario infedele e riappropriarsi della refurtiva, dev’essere coperto dai condomini stessi.

In effetti, i fornitori il loro lavoro l’hanno fatto e quindi hanno tutte le ragioni di pretendere d’essere pagati nei tempi concordati.

Che cosa fare per ottenere giustizia del torto subito? Facile, almeno in teoria: prendere carta e penna (lo può fare qualunque condomino, tutt’insieme o anche solamente uno od un gruppo) e depositare presso la Procura della Repubblica competente una querela per appropriazione indebita. E’ bene ricordare che, ai sensi dell’art. 646 c.p., risponde di tale reato:

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032,91 euro.

Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.

Si procede d`ufficio, se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle circostanze indicate nel n. 11 dell`art. 61”.

Si tratta di un reato comune (ossia può essere commesso da chiunque) che consiste nell’appropriarsi di una cosa della quale s’ha già la materiale disponibilità. Il dolo è specifico, vale a dire il reo deve agire oltre consapevolmente anche con l’intenzione di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.

Particolarmente interessante, ai fini della responsabilità penale dell’amministratore che s’appropria della cassa è il riferimento, contenuto nel terzo comma, all’art. 61 n. 11 c.p.

Che dice questa norma? Ci dice che rappresenta una circostanza aggravante (ossia un fatto che comporta un aumento di pena) “ l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità”.

Per la fattispecie di cui ci stiamo occupando, quindi, visto che il legale rappresentante del condominio abusa della propria posizione di prestatore d’opera il reato sarà perseguibile d’ufficio. Che vuol dire tutto ciò? Significa che anche senza querela il magistrato che viene a conoscenza d’un fatto simile può indagare per punire il colpevole.

In questo contesto è bene evidenziare un aspetto, non secondario, di cui s’è occupata recentemente la Cassazione penale (sent. 5 ottobre 2011 n. 36022). Gli ermellini hanno chiarito che la misura del denaro di cui s’è appropriato il professionista non è determinante ai fini della configurabilità del reato. Insomma che si tratti di qualche spicciolo o d’un bel gruzzolo, il reato c’è sempre.

Detta diversamente: il fatto che l’appropriazione riguardi qualche centinaio di euro e non migliaia, non significa automaticamente che l’amministratore abbia agito inconsapevolmente, appropriandosi erroneamente della somma. Al contrario: il comportamento è da considerarsi criminale, spetta a lui la controprova.

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