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Eliminazione delle barriere architettoniche e installazione di impianti capaci di recare pregiudizio alla sicurezza degli edifici

Legittima l'installazione di un ascensore esterno che attenui i disagi provocati dalla presenza di barriere architettoniche in condominio.
Avv. Giuseppe Zangari - Foro di Padova 

È legittima una delibera che tramite l'installazione di un ascensore esterno non elimini, ma semplicemente attenui, i disagi provocati dalla presenza di barriere architettoniche in condominio, e ciò anche a fronte di un'eventuale violazione del regolamento condominiale. L'unico limite è infatti rappresentato dal rispetto dalla sicurezza e salubrità dell'edificio.

Barriere architettoniche in condominio e uso delle parti comuni

La vicenda. Due condomini ricorrono all'ultimo grado di giudizio per riformare la sentenza di Corte d'Appello che, nel confermare il rigetto dell'impugnativa statuito dal Giudice di prime cure, aveva ritenuto che la delibera di installazione di un ascensore esterno fosse legittima perché giustificata dalla presenza di un condomino portatore di disabilità.

Le censure sollevate all'attenzione della Suprema Corte sono molteplici, e tra esse spiccano:

  • la violazione del D.M. n. 236/1989 in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, e ciò in ragione del fatto che le uscite dell'ascensore sono collocate in corrispondenza dei mezzanini e non dei pianerottoli di ingresso negli appartamenti, i quali debbono essere quindi raggiunti percorrendo alcuni gradini a piedi;
  • la violazione della normativa in materia antincendio ponendo a rischio la sicurezza dell'edificio a causa della mancanza di un sistema di areazione permanente nel vano scala;
  • la violazione degli artt. 4 e 12 del regolamento che, rispettivamente, riservano la proprietà esclusiva del giardino ai ricorrenti e vietano di occupare il medesimo con costruzioni anche provvisorie.

La sentenza.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso fornendo, con l'occasione, un interessante excursus delle tematiche maggiormente dibattute in tema di condominio e disabilità (Cass. Civ., n. 15021/2019).

In primo luogo, il Supremo Collegio rileva che la ratio del D.M. n. 236/1989 non è violato dalla circostanza che, nonostante l'ascensore, fosse comunque necessario utilizzare le scale per raggiungere gli appartamenti, sia poiché non era prospettabile una soluzione differente in ragione delle caratteristiche strutturali dell'edificio, sia in quanto l'opera ha comunque attenuato il disagio per i portatori di disabilità e soddisfatto le finalità di legge.

Osserva a tal proposito la Corte: "La verifica della legittimità dell'opera deve tenere conto del principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all'intervento innovativo, se idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell'abitazione" (Cass. Civ., n. 6129/2017).

La norma sulle barriere architettoniche negli edifici privati si applica anche a favore degli anziani

In secondo luogo, quanto invece ai rapporti tra D.M. n. 236/1989 e regolamento condominiale, la Cassazione osserva che l'art. 4 attribuisce ai ricorrenti una riserva di godimento esclusivo del giardino che, tuttavia, non può essere assimilato a un riconoscimento della piena proprietà: "L'attribuzione dell'uso o del godimento esclusivo su parti comuni dell'edificio riconosciuto in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva incide non sull'appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quanto disposto dagli artt. 1102 e 1117 c.c." (Cass. Civ., n. 24301/2017).

Al contempo, il divieto di erigere costruzioni anche temporanee in giardino non è suscettibile di restringere l'ambito di applicazione del D.M. n. 236/1989, "non potendo il regolamento impedire il compimento di lavori indispensabili per un'effettiva abitabilità dell'immobile, rendendosi, a tal fine, necessario solo verificare il rispetto dei limiti previsti dalla l. 13 del 1989 e dalle norme richiamate (artt. 1120, 1121 e 1102 c.c.), da intendersi, peraltro, alla luce del principio di solidarietà condominiale" (Cass. Civ., n. 7938/2017).

Miglior sorte ha invece la contestata violazione della normativa in materia antincendio e di stabilità dell'edificio.

Facendo anche in tal caso rinvio alla l. n. 13/1989 la Cassazione osserva che il raggiungimento dei quorum previsti dall'art. 2 della predetta legge - e sostanzialmente corrispondenti alle maggioranze in tema di innovazioni ex art. 1136, commi 2 e 3 c.c. - non consente, tuttavia, di superare i limiti di cui all'art. 1120, comma 2 c.c. in tema di sicurezza e stabilità del fabbricato.

In altri termini, "Esula difatti dai poteri dell'assemblea l'approvazione di modifiche delle parti comuni o la realizzazione di impianti capaci di recare pregiudizio alla sicurezza degli edifici e, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di merito, le relative delibere, ove adottate, incorrono nella sanzione di invalidità".

Di qui l'accoglimento dell'impugnazione.

STUDIO LEGALE AVV. GIUSEPPE ZANGARI

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