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Agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni anche per il componente dell'unione civile e il convivente more uxorio

Il convivente more uxorio che sostenga le spese di recupero del patrimonio edilizio può fruire della detrazione alla stregua di quanto chiarito per i familiari conviventi.
Dott.ssa Marta Jerovante - Consulente Giuridico 

Com'è noto, dal 1° gennaio 2012 (con il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201) l'agevolazione di cui all'art. 16-bis, D.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi-TUIR) è stata resa permanente ed inserita tra gli oneri detraibili dall'IRPEF.

Invero, la normativa che regola la materia è stata negli anni ripetutamente modificata: il d.l. n. 83/2012 aveva elevato, per le spese effettuate dal 26 giugno 2012 al 30 giugno 2013, la misura della detrazione (50% invece di quella ordinaria del 36%) e l'importo massimo di spesa ammessa al beneficio (96.000 euro per unità immobiliare invece che 48.000 euro); le leggi di stabilità che si sono susseguite hanno poi esteso la possibilità di usufruire della maggiore detrazione IRPEF (50%), sempre con il limite massimo di spesa di 96.000), alle spese effettuate entro l'anno di riferimento - posticipando di anno in anno il ritorno della detrazione alla misura ordinaria del 36% e al limite di 48.000 euro per unità immobiliare.

Detrazioni fiscali per ristrutturazioni edilizie e diritti del conduttore

Analogamente alle precedenti la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 27 dicembre 2017) ha confermato fino al 31 dicembre 2018 la possibilità di usufruire della maggiore detrazione Irpef (50%) e del limite massimo di spesa di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare; pertanto, salvo che non intervenga una nuova proroga, dal 1° gennaio 2019 la detrazione tornerà alla misura ordinaria del 36% e con il limite di 48.000 euro.

Detrazioni fiscali per ristrutturazioni edilizie e documenti da conservare

Va peraltro tenuto presente che, per effetto delle novità introdotte, è ora possibile detrarre dall'Irpef una parte degli oneri sostenuti per ristrutturare le abitazioni e le parti comuni degli edifici residenziali situati nel territorio dello Stato.

Con specifico riferimento ai lavori effettuati sulle singole unità abitative, è possibile usufruire delle seguenti

detrazioni:

  • 50% delle spese sostenute (bonifici effettuati) dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2018, con un limite massimo di spesa di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare;
  • 36%, con il limite massimo di spesa di 48.000 euro per unità immobiliare, delle somme che saranno pagate dal 1° gennaio 2019.

L'agevolazione può essere richiesta per le spese sostenute nell'anno, secondo il criterio di cassa, e va suddivisa fra tutti i contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi.

I soggetti beneficiari. Possono usufruire della detrazione sulle spese di ristrutturazione tutti i contribuenti assoggettati all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), residenti o meno nel territorio dello Stato.

L'agevolazione spetta non solo ai proprietari degli immobili ma anche ai titolari di diritti reali/personali di godimento sugli immobili oggetto degli interventi e che ne sostengono le relative spese; va quindi riconosciuta a:

  • proprietari o nudi proprietari
  • titolari di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie)
  • locatari o comodatari
  • soci di cooperative divise e indivise
  • imprenditori individuali, per gli immobili non rientranti fra i beni strumentali o merce
  • soggetti indicati nell'articolo 5 TUIR, che producono redditi in forma associata (società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti a questi equiparati, imprese familiari), alle stesse condizioni previste per gli imprenditori individuali;
  • al familiare convivente del possessore o detentore dell'immobile oggetto dell'intervento, purché sostenga le spese e siano a lui intestati bonifici e fatture. In questo caso, ferme restando le altre condizioni, la detrazione spetta anche se le abilitazioni comunali sono intestate al proprietario dell'immobile e non al familiare che usufruisce della detrazione.

Nel caso di due comproprietari di un immobile, se la fattura e il bonifico sono intestati a uno solo di essi, ma le spese di ristrutturazione sono state sostenute da entrambi, la detrazione spetta anche al soggetto che non è stato indicato nei predetti documenti, a condizione che nella fattura sia annotata la percentuale di spesa da quest'ultimo sostenuta.

Se è stato stipulato un contratto preliminare di vendita (compromesso), l'acquirente dell'immobile ha diritto all'agevolazione se:

  • è stato immesso nel possesso dell'immobile
  • esegue gli interventi a proprio carico
  • è stato registrato il compromesso entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui si fa valere la detrazione.

Può richiedere la detrazione anche chi esegue in proprio i lavori sull'immobile, limitatamente alle spese di acquisto dei materiali utilizzati.

Dal 2018, infine, le detrazioni per interventi di ristrutturazione edilizia (compresi quelli per l'adozione di misure antisismiche) possono essere usufruite anche:

  • dagli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati
  • dagli enti che hanno le stesse finalità sociali dei predetti istituti; questi enti devono essere stati costituiti, e già operanti alla data del 31 dicembre 2013, nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di "in house providing".

Le detrazioni spettano per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà, o

gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

Detrazione per recupero edilizio e "stabile convivenza" Tornando ai famigliari del possessore o detentore dell'immobile oggetto dell'intervento, occorre rimarcare che sono altresì soggetti beneficiari:

  • il componente dell'unione civile;
  • il convivente more uxorio, non proprietario dell'immobile oggetto degli interventi né titolare di un contratto di comodato, per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016.

Va infatti rammentato che la legge cd.

Cirinnà (ossia la legge 20 maggio 2016 n. 76, pubblicata sulla G.U. n. 118 del 21 maggio 2016 e in vigore al 5 giugno 2016, recante la Regolamentazione delle unioni civili tra le persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze), al comma 20 dell'unico articolo di cui si compone, stabilisce che «Al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso».

Viene altresì precisato che tale previsione non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella legge nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983 n.184 (in materia di adozione).

Con riferimento all'ambito fiscale, la legge tenderebbe così ad estendere il proprio ambito applicativo non solo a tutte le norme del codice civile richiamate e a tutte le altre norme previste da testi legislativi e normativi diversi dal codice civile stesso, ma anche ai documenti della prassi amministrativa e agli arresti giurisprudenziali, ad esempio in ordine alla rilevanza della residenza 'del nucleo familiare' ai fini della spettanza delle agevolazioni fiscali in materia di acquisto della 'prima casa'; o, ancora, possono ritenersi operanti gli impedimenti collegati con lo stato di 'coniuge' comproprietario di altro immobile nel medesimo Comune ove è posto quello da acquistare con le dette agevolazioni (salvo poi verificare se le parti della unione civile abbiano espresso o meno opzione diversa da quella del regime di comunione legale in apposita convenzione stipulata con atto pubblico).

La riferita equiparazione potrebbe altresì consentire la detraibilità degli interessi passivi corrisposti a fronte di mutui contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale dell'altra parte dell'unione civile: ciò - si chiarisce - in quanto l'art. 15 del TUIR prevede che per abitazione principale, ai fini della detraibilità, si intende quella nella quale il contribuente o 'i suoi familiari' dimorano abitualmente [1].

La legge Cirinnà, ai commi da 36 a 49 e al comma 65, disciplina poi un'altra fattispecie, quella delle convivenze 'di fatto': la riferita equiparazione del vincolo giuridico derivante dal matrimonio a quello prodotto dalle unioni civili non viene invero disposta per le convivenze di fatto, costituite tra due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.

Ai fini dell'accertamento della "stabile convivenza" viene richiamato il concetto di famiglia anagrafica previsto dal regolamento anagrafico (D.P.R. n. 223 del 1989).

Tuttavia, come ha ricordato l'Agenzia delle entrate nella Risoluzione n. 64/E del 28 luglio 2016, la legge n. 76 del 2016 estende ai conviventi di fatto alcuni specifici diritti spettanti ai coniugi (quale, tra gli altri, il diritto di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali in ambito sanitario, analogamente a quanto previsto oggi per i coniugi e i familiari) e riconosce al convivente superstite il diritto di abitazione, per un periodo determinato, nonché la successione nel contratto di locazione della casa di comune residenza in caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto.

Sulla scorta di tali disposizioni, l'Amministrazione finanziaria ha dunque ritenuto che la legge n. 76 del 2016 - pur non avendo equiparato le convivenze di fatto alle unioni basate sul matrimonio - abbia, in ogni caso, attribuito una specifica rilevanza giuridica a tale formazione sociale e, in questo contesto, abbia evidenziato l'esistenza di un legame concreto tra il convivente e l'immobile destinato a dimora comune.

Di conseguenza, ai fini della detrazione di cui all'art. 16-bis, la disponibilità dell'immobile da parte del convivente risulta insita nella convivenza che si esplica ai sensi della legge n. 76 del 2016 senza necessità che trovi titolo in un contratto di comodato.

Il convivente more uxorio che sostenga le spese di recupero del patrimonio edilizio, nel rispetto delle condizioni previste dal richiamato art. 16-bis, può, dunque, fruire della detrazione alla stregua di quanto chiarito per i familiari conviventi.

Il riferito principio ha peraltro trovato conferma nella più recente Circolare n. 7/E del 27 aprile 2018, avente ad oggetto la «Guida alla dichiarazione dei redditi delle persone fisiche relativa all'anno d'imposta 2017: spese che danno diritto a deduzioni dal reddito, a detrazioni d'imposta, crediti d'imposta»: l'Agenzia delle entrate ha espressamente richiamato i conviventi more uxorio tra i soggetti che possono beneficiare della detrazione per spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui al citato art. 16-bis.


[1] Pischetola A., Unioni civili e contratti di convivenza - Profili fiscali, in I Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato e-library

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