Barriere architettoniche. Definizione ed opere funzionali all'abbattimento. Ai sensi dell'art. 2, D.M. n. 236/1989, le barriere architettoniche sono identificate in termini di: "
- ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
- ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;
- mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l'orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi".
Le opere funzionali all'eliminazione delle barriere architettoniche sono unicamente quelle che, da un punto di vista tecnico, sono necessarie per garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visibilità degli edifici privati e non quelle dirette alla migliore fruibilità dell'edificio e alla maggior comodità dei residenti (Cfr. TAR Campania, Salerno, sez. 2, 19.04.2013, n. 952; TAR Abruzzo, Pescara, sez. 1, 24.02.2012, n. 87; TAR Abruzzo, L'Aquila, sez. 1, 08.11.2011, n. 526).
Le barriere architettoniche in ambito condominiale. Le modifiche introdotte all'articolo 2 della legge n. 13/1989.
Con legge 9 gennaio 1989, n. 13 sono state previste disposizioni volte a favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche esistenti nell'ambito degli edifici privati.
Nello specifico, l'art. 2 della legge in questione disponeva che "le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche (…) sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall'articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile" (maggioranza degli intervenuti e almeno metà del valore dell'edificio in prima convocazione e un terzo dei condomini che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio in seconda convocazione).
La riforma della disciplina del condominio ha parzialmente modificato l'art. 2, comma 1, della legge n. 13/1989 stabilendo che "le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche (…) sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell'articolo 1120 del codice civile".
L'art. 1120, comma 2, c.c., nell'attuale formulazione, rinvia alle maggioranze previste dal comma 2 dell'art. 1136 c.c., a norma del quale "sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio".
Ne deriva, che il legislatore ha disposto per l'assemblea in seconda convocazione un innalzamento del quorum deliberativo da 334 a 500 millesimi, in tal modo colpendo una norma fondamentale prevista dalla legge n. 13/1989 diretta a superare il rigorismo del codice civile in materia di modifiche delle cose comuni nei condomini.
L'abbattimento delle barriere necessita del permesso di costruire? Approvata, in sede di assemblea condominiale, la deliberazione avente ad oggetto l'innovazione finalizzata all'eliminazione delle barriere architettoniche ci si domanda se la realizzazione dell'opera necessiti del permesso di costruire.
A questo quesito ha dato una risposta la III° sezione penale della Corte di Cassazione, che con sentenza del 18 settembre 2013, n. 38360, ha precisato che tutte le opere finalizzate all'eliminazione delle predette barriere e tecnicamente necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visibilità degli edifici privati, non necessitano di permesso di costruire.
La Corte di Cassazione ha puntualizzato che le opere funzionali all'eliminazione delle barriere architettoniche non sono incluse tra quelle di cui all'articolo 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 ("Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia"), il quale sottopone a permesso di costruire: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.
Difatti, tutte le opere che "consistano in interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio" rientrano nell'attività edilizia libera, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 380 del 2001.
In caso contrario, trova applicazione l'articolo 22 del predetto d.P.R. a norma del quale "Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico- edilizia vigente."
La Cassazione ha ulteriormente precisato che, ai sensi dell'articolo 19 della Legge n. 241 del 1991, come modificato dal d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, in relazione alle opere soggette alla d.i.a. ordinaria, si procede, in via semplificata, con s.c.i.a. (segnalazione certificata di inizio attività).