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Una società edile può chiedere ad un condominio gli interessi moratori previsti in caso di ritardo nei pagamenti delle transazioni commerciali?

Gli interessi moratori nei rapporti commerciali decorrono dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Merita di essere ricordato che, con comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2024, il MEF (Ministro dell'Economia e delle Finanze) ha indicato il tasso degli interessi moratori applicabile per il creditore in caso di ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali.

Il tasso in questione viene determinato semestralmente in conformità con l'art. 5 D. Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231. Si ricorda che per il primo semestre 2024, ovvero dal periodo 1 gennaio al 30 giugno 2024, il tasso di riferimento è stato stabilito nella misura del 4,5 per cento.

Il D.lgs. 231/2002 successivamente integrato dal D.LGS 192/2012, disciplina le "transazioni commerciali" intercorrenti tra "imprese" o "imprese" e "pubbliche amministrazioni". Inoltre, sia la direttiva comunitaria, sia la legge nazionale, individuano come "impresa", all'art. 2, "ogni soggetto esercente un'attività economica organizzata o una libera professione, anche se svolta da una sola persona".

È possibile richiedere ad un condominio gli interessi moratori applicabili per il creditore in caso di ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali? In altre parole nelle transazioni commerciali, di cui sia parte un condominio, si può applicare la disciplina degli interessi c.d. commerciali? Il condominio può rivestire la qualifica di imprenditore commerciale ai fini dell'applicazione della disciplina sopra detta? La complessa questione è stata recentemente affrontata dal Tribunale di Roma (sentenza n. 1867 del 29 gennaio 2024).

Appalto in condominio e richiesta degli interessi c.d. commerciali da parte di una società edile. Fatto e decisione

Un condominio proponeva opposizione al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento della somma di € 54.406,07 ottenuto da una società edile, poi fallita, per prestazioni varie svolte all'interno dello stabile.

I condomini - che avevano versato solo acconti - dovevano alla predetta società complessivi € 32.550,00.

Su tale cifra, il fallimento intimante pretendeva, in sede monitoria, il pagamento degli interessi moratori ex D.lgs. 231/2002 previsto per le transazioni commerciali.

I condomini non intendevano corrispondere detti interessi. Il Tribunale ha parzialmente dato ragione al condominio.

Secondo il giudicante, i lavori eseguiti, evincibili dalle fatture prodotte e dal contratto di appalto, costituiscono lavori di manutenzione delle parti comuni del fabbricato rispetto ai quali le attività imprenditoriali svolte nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva appaiono irrilevanti ai fini della qualificazione del contratto per la produzione degli interessi.

Per il Tribunale i "contratti condominiali", se finalizzati alla conservazione e/o manutenzione delle parti dell'edificio o al funzionamento dei servizi comuni, non sono connessi all'attività imprenditoriale/professionale eventualmente esercitata nella singola unità immobiliare di cui si compone lo stabile in regime di condominio.

In altre parole, a parere del decidente, un condominio è un ente di gestione dell'immobile e non un soggetto esercente impresa, a nulla rilevando che i proprietari delle singole unità immobiliari siano imprenditori commerciali, ritenendosi che manchi la qualifica di soggetto commerciale in capo al contraente condominio.

A conferma di questo ragionamento lo stesso Tribunale aggiunge che il solo fatto che nella denominazione del caseggiato si faccia riferimento ad un centro commerciale non trasforma il condominio in un imprenditore, né imprime una connotazione commerciale a tutte le transazioni poste in essere nell'interesse dei singoli proprietari.

Dopo aver negato l'applicazione degli interessi commerciali all'opponente, il Tribunale ha ricordato però che gli interessi moratori sono dovuti nella misura di quelli commerciali - in virtù della nuova formulazione dell'art. 1284 c.c., 4 comma - dal momento della proposizione della domanda giudiziale (28.04.2020, data della notifica del decreto ingiuntivo).

Di conseguenza, in parziale accoglimento dell'opposizione, il giudice romano ha condannato il condominio al pagamento della somma di euro € 32.550,00, oltre interessi nella misura legale decorrenti dalla scadenza delle obbligazioni di pagamento e nella misura di cui all'art. 1284 comma 4 c.c. dalla notifica della domanda al saldo.

Considerazioni conclusive

La soluzione del Tribunale di Roma è coerente con la posizione dominante della giurisprudenza che, in riferimento al contratto concluso con un professionista da un amministratore di condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica, distinta da quella dei suoi partecipanti, ritiene si applichi la disciplina di tutela del consumatore.

La Suprema Corte ritiene che il condominio che stipula un contratto con un soggetto fornitore o con un professionista deve essere considerato alla stregua di un consumatore, con la conseguente applicazione di tutte le tutele previste a favore di quest'ultimo, non solo nei casi in cui il condominio sia privo di amministratore, ma anche quando il contratto venga sottoscritto non da un condomino, ma da un amministratore professionista (Cass. civ., sez. VI, 22/05/2015, n. 10679; Cass. civ., sez. III, 12/01/2005, n. 452; Cass. civ., sez. III, 24/07/2001, n. 10086).

In quest'ottica, la qualità di consumatore del condominio prescinde dall'attività professionale eventualmente svolta da ciascuno dei condomini, dalla tipologia di beni immobili in condominio (siano essi appartamenti, garage, o entrambi) e dall'ubicazione dello stabile (App. Milano 13 novembre 2019, n. 4500).

Quindi il condominio - in quanto agisce per scopi estranei all'attività commerciale - è un consumatore, essendo del tutto irrilevante che il contratto sia concluso dall'amministratore; conseguentemente, nelle controversie che ne possano derivare, trova applicazione la competenza funzionale ed inderogabile del foro del consumatore, cioè del luogo in cui è sito il condominio (Trib. Milano 1 febbraio 2020 n. 885).

Allo stesso modo deve considerarsi vessatoria la clausola che impone al condominio-consumatore il mantenimento del rapporto con la manutentrice dell'impianto ascensore per lunghi periodi, pena il pagamento di penali in caso di recesso anticipato consistenti nei canoni fino alla scadenza contrattuale a fronte di nessuna prestazione (Trib. Salerno 29 agosto 2023, n. 3600).

Sentenza
Scarica Trib. Roma 29 gennaio 2024 n. 1867
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