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Stillicidio e stesura panni in condominio. Ecco come tutelarsi.

Stendere i panni dal proprio appartamento in condominio è vietato dalla legge?
Avv. Michele Orefice 

Una delle discussioni più frequenti in condominio è quella relativa alla legittimità dell'attività posta in essere dai condòmini che sgocciolano e sciorinano i panni appendendoli all'aria ad asciugare fuori dal balcone o dalla finestra del proprio appartamento.

Tale consuetudine spesso è motivo di litigi tra condòmini e molte volte anche di cause legali; addirittura lo scorso anno a Palermo un litigio di tal genere si è risolto con una sparatoria con tanto di morto.

Pertanto chi vive in condominio deve conoscere sia le regole da rispettare in materia sia i poteri dell'amministratore al riguardo. La domanda a questo punto nasce spontanea: stendere i panni dal proprio appartamento in condominio è vietato dalla legge?

In via preliminare occorre osservare che il Codice Civile espressamente non stabilisce nulla in merito allo sgocciolamento e sciorinamento dei panni in condominio, laddove sono i regolamenti a disciplinare tale tipologia di comportamenti e precisamente: i regolamenti condominiali ed i regolamenti comunali.

Relativamente ai regolamenti di condominio, la Corte di Cassazione ha avuto modo di rilevare ripetutamente che, in materia di condominio negli edifici, l'autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell'interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà (sentenze 1/10/1997 n. 9564; 21/5/1997 n. 4509; 23/12/1994 n. 11126; 7/1/1992 n. 49).

Per natura le clausole dei regolamenti che limitano i diritti dei condòmini sulle proprietà esclusive o comuni sono contrattuali e,pertanto, nel caso in cui il regolamento contrattuale di condominio preveda l'obbligo di non sciorinare i panni dal balcone o dalla finestra, ne consegue che (tale obbligo) è permanente e sempre sussistente, oltre che sempre deducibile, il diritto dei singoli condomini al rispetto di tale impegno potendosi prescrivere solo il diritto al risarcimento del danno derivante dalla violazione dell'obbligo in questione (Cassazione, 16/10/99, n. 11692).

Ma nel caso in cui per anni i condòmini abbiano periodicamente posto in essere il comportamento di sciorinare i panni senza che sia mai intervenuta una espressa contestazione dell'amministratore o dei condomini, possiamo dire che tale consuetudine sia sufficiente ad "abrogare tacitamente" la norma del regolamento condominiale?

Orbene, nel caso in cui il regolamento condominiale vieti espressamente l'utilizzo di stenditoi per sciorinare i panni all'esterno dell'edificio, seppure lo sgocciolare dei panni all'esterno abbia carattere episodico e avvenga per mezzo di uno stenditoio amovibile collocato sul davanzale di una finestra, a nulla rileva l'occasionalità del comportamento perché ogni condomino ha "il diritto di esigere l'osservanza di detto comportamento conforme a quanto imposto dal Regolamento contrattuale con natura di "obligatio propter rem" (Trib. di Genova, sentenza n. 656 del 2015).

E' possibile usucapire per destinazione del padre di famiglia una servitù di stillicidio per stendere i panni?

Ciò vuol dire che se mai il singolo condomino contravvenga al divieto di sciorinare i panni dal balcone, così come previsto nel regolamento condominiale, gli altri condòmini avranno sempre il diritto di richiederne l'osservanza anche con ricorso all'Autorità Giudiziaria e indipendentemente dal tempo trascorso.

E poi potrebbe mai configurarsi una servitù di stillicidio in favore dell'appartamento del piano superiore e a carico di quello inferiore nel caso in cui il costruttore, prima ancora di vendere, abbia ancorato i ferri per stendere i panni nel balcone o al lato della finestra dello stesso appartamento sovrastante?

La risposta al quesito è negativa, perché al fine di creare una servitù di stillicidio, che autorizza lo sgocciolare dei panni sul piano di sotto "non bastano due fili sostenuti da staffe di metallo infissi dall'originario e unico proprietario nel muro perimetrale, ai lati delle finestre sovrastanti" anche perché la presenza dei ferri con i fili per i panni "non lascia intendere che si volesse assoggettare l'immobile inferiore allo sgocciolamento del bucato bagnato" e, pertanto, la condomina del piano di sotto, al momento dell'acquisto, "non aveva ragione di ritenere che l'immobile fosse gravato di servitù di stillicidio" (Cass. n. 14547/2012).

Immissioni, sgocciolamento d'acqua causato da innaffiamento delle piante e da sciorinamento dei panni

E poi lo "stillicidio, sia delle acque piovane, sia, ed a maggior ragione, di quelle provenienti (peraltro con maggiore frequenza) dall'esercizio di attività umana, quali quelle derivanti dallo sciorinio di panni mediante sporti protesi sul fondo alieno (pratiche comportanti anche limitazioni di aria e luce a carico dell'immobile sottostante), per essere legittimamente esercitato, debba necessariamente trovare rispondenza specifica in un titolo costitutivo di servitù ad hoc " (Cass. n. 7576 del 28 maggio 2007).

Peraltro "costituisce grave disagio, che supera la normale tollerabilità, il comportamento del condomino che sia solito lasciare ad aerare ed asciugare fuori del proprio balcone coperte e lenzuola, per tutta la loro lunghezza, fino a coprire parte del balcone sottostante, impedendo così che filtri la luce e che passi l'aria; a maggior ragione se a tutto ciò si aggiunge il disagio di subire lo stillicidio dei panni stesi, non potendosi ritenere lecita o legittima tale pessima abitudine che crea disagio al proprietario dell'appartamento sottostante nonché danno all'estetica ed al decoro del fabbricato" (G.d.P. di Napoli sentenza n. 9868 del 2005).

Quindi affinché sia configurabile in condominio una servitù di stillicidio non è sufficiente la presenza di elementi tali da far presumere l'esistenza del diritto a sgocciolare il bucato, ma è necessario che ci sia un titolo costitutivo specifico e/o un regolamento condominiale contrattuale.

Per quanto riguarda i regolamenti comunali la maggior parte di essi contengono in via generale "il divieto di stendere panni all'esterno delle abitazioni sui lati verso la pubblica via, nelle ore diurne o per l'intera giornata" (città di Torino) o più specificatamente "il divieto di esporre o stendere all'aperto, entro l'abitato, biancheria, tappeti, tessuti e qualunque altro oggetto e di sciorinare biancheria od altri oggetti simili anche in aree, recinti o spazi privati che siano visibili dalle vie e piazze pubbliche" (città di Roma) o anche in senso assoluto "il divieto di sciorinare, distendere ed appendere, per qualsiasi motivo, biancheria o panni fuori dalla finestra, sui terrazzi o poggioli prospicienti vie pubbliche e luoghi aperti, se gli oggetti sciorinati, distesi o appesi, siano visibili dal suolo pubblico" (città di Lecce).

Per completezza di ragionamento possiamo dire che i divieti di che trattasi, posti da regolamenti contrattuali condominiali o da regolamenti comunali, rispondono alla stessa ratio e cioè salvaguardare, nell'interesse comune, il decoro e l'estetica dell'edificio, soprattutto in riferimento alla facciata.

Di conseguenza lo sciorinamento dei panni, o in genere l'esposizione all'aria del bucato, dalle finestre o balconi, se vietato dal regolamento di condominio o dai regolamenti comunali, è sempre illecito e impugnabile davanti al giudice.

Per questi motivi, in via generale, chi abita al piano inferiore e subisce lo stillicidio può chiedere all'Autorità Giudiziaria la cessazione della turbativa.

Tecnicamente tale diritto andrà fatto valere innanzi all'Autorità Giudiziaria, con un'azione negatoria, ai sensi dell'art. 949 c.c., che prevede la possibilità per il proprietario di agire in giudizio per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla sua cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio.

In caso poi di conseguenti turbative o molestie il proprietario può chiedere anche il risarcimento del danno.

In tal senso "l'azione con la quale il proprietario di una terrazza chiede la rimozione di uno stenditoio, collocato nel confinante edificio ed aggettante sulla terrazza stessa con conseguenti immissioni deve essere qualificata come actio negatoria servitutis" (Cass. n. 14547/2012).

Nel caso in cui il divieto è previsto dal regolamento del Comune è possibile rivolgersi direttamente alla polizia municipale per richiedere il rispetto della norma regolamentare comunale, a prescindere dall'effettivo disturbo subito ed in casi estremi tale stillicidio potrebbe assumere anche rilevanza penale laddove il condomino inadempiente, a seguito di diffida da parte dell'Autorità amministrativa, potrebbe essere destinatario di una denuncia penale ai sensi dell'art. 674 c.p., che punisce con l'arresto fino a un mese e con un'ammenda pecuniaria fino a 206 euro chi "versa" in un luogo privato o un luogo di pubblico transito "cose atte a offendere, imbrattare o molestare persone".

E nel caso in cui il regolamento di condominio e il regolamento comunale non prescrivano alcun divieto?

Ciò che non è vietato è consentito, ma in ogni caso è sempre bene conformarsi alle regole del buon senso, anche perché nel caso di assenza di norme regolamentari specifiche interviene il dettato dell'art. 908 comma 1 c.c., che si applica indirettamente anche all'abitudine di chi fa sgocciolare i panni sul balcone del condomino del piano di sotto.

Tale norma sancisce che "il proprietario deve costruire i tetti in maniera che le acque piovane scolino sul suo terreno e non può farle cadere nel fondo del vicino".

D'altronde negli spazi condominiali è possibile stendere i panni a patto che vengano ben "strizzati" in casa al fine di non farli sgocciolare (Cass. n. 14547/2012).

In assenza di regole, la direttiva da seguire per chi stende il bucato al di fuori del proprio appartamento è quella di non far sgocciolare i panni e di non diminuire la luce a finestre e balconi dei piani sottostanti, ovvero non alterare il decoro architettonico del fabbricato in rapporto al luogo in cui è ubicato il condominio, assumendo un comportamento che non si traduca in molestie e danni agli altri condòmini.In altre parole l'immissione non deve superare la normale tollerabilità.

Ma nel caso in cui l'immissione superi la normale tollerabilità quali sono i rimedi per chi la subisce?

Assunto che il danno è risarcibile nei casi in cui l'immissione supera i limiti della normale tollerabilità, spesso si è fatto ricorso all'azione negatoria di cui all'art. 949 c.c. mentre altre volte si è applicato l'art. 908 c.c., ovvero la fattispecie è stata inquadrata nell'ambito dell'art. 844 c.c., che in condominio è applicabile ai rapporti tra condòmini nel caso in cui uno di essi nel godimento della cosa propria o comune dia luogo ad immissioni moleste o crei danni nella proprietà altrui.

In proposito c'è da dire che i disturbi in condominio, senza precise norme di legge che li disciplinano, sono sempre affidati alla valutazione del giudice e molte volte è alquanto difficile dimostrare che determinati usi, come lo stillicidio dei panni, siano indirizzati unicamente ad arrecare danni agli altri condòmini.

Acclarato ciò, per ciò che ci riguarda più da vicino, dobbiamo stabilire se al cospetto di tali indebiti comportamenti ed in presenza di divieti espressamente dettati da norme del regolamento contrattuale di condominio l'amministratore sia legittimato o meno ad agire in giudizio senza l'autorizzazione dell'assemblea condominiale.

Sulla base del tenore letterale dell'art. 1130 c.c. sembrerebbe che il problema neanche sussista, in quanto l'amministratore "deve curare l'osservanza del regolamento di condominio", ma tale soluzione non può essere condivisa "tout court" in rapporto al nostro caso.

Il ruolo dell'amministratore è troppo delicato e la normativa gli impone di operare una scelta sicura e corretta, che gli consenta di evitare contestazioni e responsabilità personali in merito.

In questa direzione appare assolutamente corretta la scelta dell'amministratore di convocare una assemblea di condominio, con uno specifico punto all'o.d.g., per discutere e deliberare in merito alla proposizione di un'azione giudiziaria contro il condomino che violi il divieto "regolamentare" di sciorinare i panni.

La suddetta delibera consente all'assemblea di stabilire, preventivamente, l'indirizzo dell'operato dell'amministratore, che viene così esonerato dalla responsabilità della scelta di agire in giudizio.

Tale modus operandi evita ai condòmini di vedersi involontariamente coinvolti in un giudizio, disconoscendo gli atti di causa, salvo trovarsi successivamente a dover scegliere in assemblea tra la ratifica dell'operato dell'amministratore, che ha nominato un avvocato di sua fiducia, oppure il dissenso rispetto alla lite, o addirittura la nomina un altro avvocato, con tutto quanto ne deriva in termini di esborsi.

Il condominio si configura come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini e l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa degli interessi, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale (Cass. n. 3900 del 18 febbraio 2010; Cass. n. 7300 del 26 marzo 2010).

Da ciò si desume che nel caso di sgocciolamento e sciorinamento dei panni l'actio negatoria servitutis, sia nel caso in cui abbia ad oggetto la sola dichiarazione di inesistenza di diritti reali altrui sulla cosa di proprietà dell'attore, sia nel caso in cui si indirizzi ad ottenere la cessazione dell'attività illegale posta in essere dalla controparte, può essere esercitata solo dal condominointeressato in quanto la legittimazione attiva appartiene individualmente ad ogni condomino, in quanto titolare del potere di agire a difesa dei suoi diritti di proprietario esclusivo e dei suoi diritti di comproprietario pro quota delle parti comuni.

Ad ogni buon fine i panni sporchi si lavano in famiglia…. ed è meglio se si strizzano pure.

Avv. Michele Orefice

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