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Manutenzione delle parti comuni. Si passa prima dall'assemblea. Il singolo condomino non può adire direttamente l'Autorità Giudiziaria

Non esiste un reciproco diritto ed obbligo di ciascun condomino di far fronte alla manutenzione delle parti comuni.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

Spetta all'«ente condominio» di provvedere, mediante i suoi organi, alla manutenzione e alla riparazione dei beni di proprietà comune.

“È inammissibile la domanda svolta in sede contenziosa dal condomino al fine di ottenere la condanna del proprietario di parte dell'immobile, alla esecuzione di opere di manutenzione straordinaria alle parti comuni del fabbricato condominiale.

La mancata convocazione dell'assemblea condominiale, quale organo sovrano del condominio, invero, impedisce al singolo condomino di adire l'autorità giudiziaria in veste contenziosa al fine di ottenere la realizzazione di opere di straordinaria manutenzione”. Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale di Lecce con la sentenza del 18 novembre 2016 n. 4925 in merito alla manutenzione straordinaria delle parti comuni.

Lavori straordinari senza preventiva deliberazione assembleare: quali i limiti della loro legittimità?

I fatti di causa. Con atto di citazione Tizio e Caio convenivano in giudizio il Comune di Cursi, in persona del sindaco in carica, chiedendo al Tribunale adito di dichiarare l'obbligo del convenuto di effettuare tutti i lavori di manutenzione dello stabile in oggetto, per la parte di propria competenza, atti a eliminare le situazioni di degrado o pericolo dell'immobile; inoltre veniva richiesta la condanna al risarcimento dei danni per tutti gli eventi dannosi verificatisi ai danni dell'immobile causati da negligenza, imperizia, e soprattutto da una mancanza totale di manutenzione straordinaria dell'immobile tesa ad eliminare le problematiche in esame.

Costituendosi in giudizio, il Comune convenuto contestava in toto le pretese degli attori; in particolare, il convenuto precisava l'inammissibilità della domanda e che il Comune non era proprietario di alcun immobile, in quanto le unità abitative erano state alienate dallo stesso, con conseguente difetto di legittimazione passiva (occorreva integrare il contraddittorio nei confronti dei proprietari degli immobili).

La gestione di iniziativa individuale. Ai sensi dell'art. 1134 c.c., come risultante dalla Riforma del 2012, “il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”. L'art. 1134 c.c. non stabilisce un obbligo del singolo condomino di provvedere alle riparazioni urgenti delle cose comuni, limitandosi a prefigurare la mera facoltà di procedervi direttamente e dettando le condizioni per l'insorgenza del diritto al rimborso della spesa affrontata.

La ragione sottintesa all'art. 1134 c.c. viene ravvisata proprio nell'esigenza di evitare dannose interferenze del singolo condomino nell'amministrazione, dovendosi esprimere il concorso dei distinti proprietari alla gestione delle cose comuni essenzialmente in forma assembleare. Il singolo condomino è, quindi, obbligato alla prestazione delle spese per la conservazione delle parti comuni nei confronti del condominio, e non anche direttamente nei confronti degli altri condomini.

Difatti, In materia di condominio negli edifici, diversamente che nella comunione, non esiste un reciproco diritto ed obbligo di ciascun condomino di far fronte alla manutenzione delle parti comuni.

Spetta, piuttosto, all'«ente condominio» di provvedere, mediante i suoi organi, alla manutenzione e alla riparazione dei beni di proprietà comune (artt. 1130, 1133, 1134,1135 c.c.).

Ne consegue che l'«ente condominio» ha il diritto e l'obbligo di deliberare e di eseguire opere di riparazione e manutenzione a protezione delle proprietà comuni al fine di evitare danni alle proprietà esclusive dei condomini e dei terzi, e che, in mancanza della collaborazione dei condomini al riguardo, l'amministratore può agire in giudizio, in rappresentanza del condominio, per far valere tale diritto, sia in sede cautelare (art. 1130, n. 4, c.c.) che di merito (art.1131 c.c.) (In tal senso Corte di Cassazione 8 marzo 2003, n. 3522).

Il ragionamento del Tribunale di Lecce. Nella fattispecie gli attori chiedevano in via giudiziaria contenziosa l'esecuzione da porre a carico dell'ente convenuto, quale proprietario di parte dell'immobile, delle opere di manutenzione straordinaria alle parti comuni del fabbricato condominiale (in particolare la fondazione, costituita da blocchi in pietra leccese, senza intonaco e con larghe fessurazioni).

Gli stessi ritenevano tali opere necessarie al fine di eliminare le problematiche verificatesi nell'appartamento di loro esclusiva proprietà (avvallamenti nella pavimentazione, forti risalite di umidità dannose per la salute e la salubrità degli ambienti) e chiedevano il risarcimento dei danni derivati a cose e persone dalla insalubrità di detto alloggio, sul presupposto del cattivo stato di manutenzione delle parti comuni.

Premesso ciò, secondo il giudice pugliese, dal combinato disposto degli artt.1105,1134, 1135 c.c. e 66 disp. att. c.c., era evidente (chiaramente in diritto) che l'autorità sovrana a decidere delle questioni relative alle opere di straordinaria manutenzione delle parti comuni dell'edificio è l'assemblea. In particolare l'art.1135 co.1 n.4) c.c. (in base al quale l'assemblea dei condomini provvede alle opere di straordinaria manutenzione) è di natura imperativa, corollario del generale principio di cui all'art.1105 c.c., che garantisce il diritto di tutti i partecipanti all'amministrazione della cosa comune, è finalizzata a garantire la partecipazione dei condomini alle scelte in materia di opere straordinarie, attesa l'importanza anche di natura economica che le stesse producono nella sfera giuridica del singolo condomino.

Tale principio trova riscontro in giurisprudenza di legittimità, ove la suprema Corte ha avuto modo di precisare che "in tema di comunione, non sono proponibili azioni giudiziarie relativamente alle spese ed all'amministrazione delle cose comuni (in questa compresi gli atti di conservazione) prima che venga sollecitata e provocata una deliberazione dell'assemblea dei comproprietari, alla quale spetta ogni determinazione al riguardo, sia che si tratti di spese voluttuarie o utili, che di spese necessarie, distinguendo la legge unicamente tra le spese di ordinaria amministrazione (art. 1105 c.c.) e spese concernenti innovazioni o atti di straordinaria amministrazione (art. 1108 c.c.).

Peraltro, mentre la deliberazione di maggioranza è impugnabile davanti al giudice, in via contenziosa, ove lesiva dei diritti individuali dei partecipanti dissenzienti, resta salva la possibilità, una volta convocata l'assemblea, in caso di omessa iniziativa della medesima e di mancata formazione di una volontà di maggioranza o di omessa esecuzione della deliberazione, di rivolgersi al giudice, non già in sede contenziosa, ma di volontaria giurisdizione, ai sensi del comma 4 dell'art. 1105 c.c. citato"(Cassazione civile, Sez. Unite., 19/07/1982, n. 4213).

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto il Tribunale di Lecce con la pronuncia in commento ha rigettato la domanda di Tizio e Caio dichiarandola inammissibile.

L'amministratore può agire in giudizio senza l'autorizzazione assembleare per la salvaguardia dei beni comuni

Sentenza
Scarica Tribunale Lecce, Sentenza 18 novembre 2016, n. 4925
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